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Cronaca
23 Dicembre 2025 - 12:02
Dall’Albania gestivano lo spaccio nell’Albese, smantellata una rete internazionale della cocaina
Un’organizzazione capace di gestire lo spaccio di droga a distanza, coordinando uomini e flussi di denaro tra Albania e Piemonte, con una struttura elastica pensata per eludere i controlli. È quanto emerge dall’operazione “Pater-Turnover 2”, condotta dai carabinieri della compagnia di Alba, sotto il coordinamento della Procura di Asti, che ha portato all’emissione di 18 avvisi di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di cittadini italiani e albanesi.
L’indagine prende avvio nel maggio 2024, con l’arresto in flagranza di uno degli indagati. Da quell’episodio iniziale, gli investigatori hanno progressivamente ricostruito un articolato sistema di spaccio di cocaina al dettaglio radicato nel territorio dell’Albese, ma diretto operativamente dall’estero. A tirare le fila, secondo gli inquirenti, erano soggetti albanesi residenti in patria, che attraverso app di messaggistica e social network organizzavano forniture, turni e pagamenti senza muoversi dall’Albania.
Il modello operativo era collaudato. I vertici dell’organizzazione si avvalevano sul territorio italiano della collaborazione di cittadini italiani e di connazionali albanesi entrati in Italia con visti turistici della durata di tre mesi. Allo scadere del permesso, gli spacciatori facevano rientro in Albania, sostituiti da nuovi soggetti pronti a prendere il loro posto. Un sistema di rotazione continua, studiato per ridurre l’esposizione personale e rendere più complessa l’attività investigativa.

Proprio questo meccanismo ha dato il nome all’operazione, che si pone come prosecuzione della precedente “Turnover”, eseguita nel settembre 2023 dai carabinieri delle compagnie di Alba e Bra. Un’indagine che aveva già fatto emergere la capacità dell’organizzazione di rigenerarsi rapidamente, cambiando uomini ma non modalità operative.
Accanto allo spaccio, l’inchiesta ha messo in luce un sofisticato sistema di riciclaggio dei proventi illeciti. Il denaro guadagnato con la vendita della droga veniva trasferito in Albania attraverso bonifici money transfer di importo inferiore o pari a 999 euro, soglia scelta per evitare segnalazioni automatiche. Una pioggia di piccoli trasferimenti diretti ai vertici dell’organizzazione o a soggetti a loro riconducibili, che consentiva di far rientrare il denaro in patria senza attirare eccessivamente l’attenzione.
Il monitoraggio dei flussi finanziari, incrociato con le attività di osservazione sul territorio, ha permesso agli investigatori di ricostruire trasferimenti per oltre 123.800 euro. Di questi, più di 20.600 euro sono risultati direttamente riconducibili ad alcuni degli indagati, rafforzando il quadro accusatorio sul fronte del riciclaggio.
L’indagine restituisce l’immagine di un’organizzazione strutturata ma flessibile, capace di adattarsi ai controlli e di sfruttare strumenti di comunicazione e canali finanziari apparentemente ordinari. Un sistema che ha inciso in modo concreto sul mercato locale della droga, alimentando uno spaccio diffuso e difficilmente intercettabile senza un lavoro investigativo di lunga durata.
I carabinieri sottolineano come l’operazione rappresenti un ulteriore passo nel contrasto allo spaccio e alle reti transnazionali, sempre più orientate a una gestione “a distanza” delle attività illecite. Un’evoluzione che rende necessarie indagini complesse, capaci di coniugare attività sul campo, analisi dei dati digitali e controllo dei movimenti finanziari.
Con la notifica degli avvisi di conclusione delle indagini, l’inchiesta entra ora in una fase decisiva. Per tutti gli indagati vale la presunzione di innocenza fino a eventuale sentenza definitiva, ma il quadro delineato dagli investigatori mostra come lo spaccio nell’Albese fosse inserito in una rete più ampia, con ramificazioni che superano i confini nazionali.
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