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22 Dicembre 2025 - 19:58
Askatasuna non si spegne: indagati, sequestri e guerra di parole
Ci sono i primi indagati per gli scontri avvenuti a Torino il 20 dicembre, durante il corteo pro Askatasuna, ma il quadro giudiziario resta ancora tutto da definire. I denunciati sono tre, fermati al termine di un blitz a sorpresa della polizia avvenuto poche ore dopo la chiusura della manifestazione. Al momento, però, nemmeno gli inquirenti possono affermare che si tratti degli autori materiali di vandalismi o violenze.
Il provvedimento nasce dal sequestro del furgone che aveva accompagnato i manifestanti, utilizzato come punto di appoggio per musica e comizi. I tre fermati si trovavano a bordo del mezzo. Dopo essere stati condotti in commissariato, sono stati rilasciati in nottata, ma nel frattempo sono scattati il sequestro dei telefonini e di altro materiale, passaggio necessario per formalizzare alcune ipotesi di reato. Le contestazioni riguardano la resistenza a pubblico ufficiale e la violazione dell’articolo 18 del Tulps, poiché la manifestazione non era stata preannunciata.
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Ora il lavoro passa alla Digos, impegnata nell’analisi di foto e filmati per identificare i protagonisti dei tafferugli avvenuti in strada. Parallelamente, in procura sta assumendo i contorni di un maxi-processo il fascicolo che raccoglie una lunga sequenza di episodi verificatisi in città tra settembre e novembre, nell’ambito della mobilitazione Pro Pal. L’inchiesta parte dai cortei di solidarietà alla Flotilla e arriva fino al raid antagonista nella redazione del quotidiano La Stampa. Secondo indiscrezioni, il numero degli indagati potrebbe aggirarsi intorno a una trentina, a cui si aggiungerebbe una manciata di minorenni. Alcuni sono già stati colpiti nelle scorse settimane da misure restrittive, mentre ad altri sei, tra cui due giovani egiziani, sono stati notificati avvisi di garanzia proprio il giorno dello sgombero di Askatasuna.
Sul piano politico, intorno al centro sociale lo scontro continua ad alzarsi di tono. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha ribadito la linea del governo, sostenendo che «l’occupazione abusiva durava da 30 anni» e aggiungendo di «non capire per quale motivo doveva esserci cautela». Una posizione che ha trovato la replica diretta del sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, intervenuto oggi in consiglio comunale dopo il fallimento del progetto di legalizzazione della struttura.
«La nostra era una linea di dialogo. Ci abbiamo creduto, ci abbiamo lavorato con serietà, abbiamo messo in campo ogni strumento possibile di mediazione e, adesso, non abbiamo rimpianti», ha spiegato il primo cittadino, prima di passare all’attacco frontale contro l’esecutivo. «Non accettiamo lezioni da chi utilizza il tema dell’ordine pubblico come strumento di distrazione politica e di propaganda», ha affermato Lo Russo, aggiungendo che «il governo è in evidente difficoltà su molti fronti e, forse, alcuni argomenti diventano funzionali anche a prefigurare dinamiche, peraltro già viste nella storia del nostro Paese, per conseguire vantaggi politici e magari giustificare l’arrivo di un nuovo ordine». Un’accusa pesante, accompagnata da un’ulteriore stoccata: «Le dichiarazioni incendiarie di alcuni ministri vanno in questa direzione».
Mentre le indagini proseguono e il fronte giudiziario si allarga, Askatasuna resta così al centro di una doppia partita, tra tribunali e palazzi della politica, con Torino trasformata in un nuovo terreno di scontro nazionale.
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