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Cronaca

Case chiuse, soldi sporchi: smantellata la rete della prostituzione tra Vercelli, Alessandria e Asti

Sei arresti, donne sfruttate e quasi 100mila euro sequestrati: l’indagine parte da un appartamento e scopre un sistema organizzato

Case chiuse, soldi sporchi: smantellata la rete della prostituzione tra Vercelli, Alessandria e Asti

Case chiuse, soldi sporchi: smantellata la rete della prostituzione tra Vercelli, Alessandria e Asti (immagine di repertorio)

Un appartamento con movimenti sospetti, un via vai che non passava inosservato e, dietro quella porta, molto più di un singolo episodio di prostituzione. È da lì che ha preso forma l’indagine della Squadra Mobile di Vercelli che ha portato, questa mattina, allo smantellamento di un sodalizio strutturato dedito allo sfruttamento della prostituzione, con basi operative distribuite tra Vercelli, Casale Monferrato, Alessandria e Asti.

L’operazione ha portato all’esecuzione di sei misure cautelari in carcere nei confronti di persone ritenute parte attiva dell’organizzazione. Gli arrestati, residenti tra l’Alessandrino e il Torinese, dovranno rispondere dell’accusa di favoreggiamento della prostituzione in concorso, un reato che fotografa non solo la gestione delle attività, ma anche il controllo sistematico esercitato sulle donne coinvolte.

Le indagini, avviate a partire da una segnalazione nel Vercellese, hanno progressivamente allargato il perimetro, facendo emergere una rete capace di gestire più case di prostituzione in diverse province piemontesi. Un modello collaudato, che sfruttava appartamenti apparentemente anonimi per ospitare donne di nazionalità cinese, quasi tutte identificate nel corso dell’inchiesta.

Il quadro che emerge è quello di uno sfruttamento organizzato e continuativo. Cinque delle donne individuate risultavano irregolari sul territorio nazionale: per loro è scattata la denuncia e il conseguente decreto di espulsione emesso dal prefetto, con ordine esecutivo firmato dal questore di Vercelli. Un passaggio amministrativo che si affianca al procedimento penale e che evidenzia, ancora una volta, come la condizione di irregolarità diventi terreno fertile per forme di abuso e ricatto.

Determinante è stata la collaborazione tra più uffici investigativi. Le attività condotte insieme alle Squadre Mobili di altre province hanno consentito non solo di ricostruire i ruoli all’interno del sodalizio, ma anche di colpirne il cuore economico. Durante le perquisizioni sono stati sequestrati contanti e conti correnti per un valore complessivo vicino ai 100mila euro, denaro ritenuto provento diretto dell’attività illecita.

È un elemento centrale dell’inchiesta: seguire il flusso del denaro per dimostrare la sistematicità dello sfruttamento e la capacità dell’organizzazione di generare profitti consistenti. Non episodi isolati, dunque, ma un sistema che si reggeva sulla gestione delle case, sull’organizzazione dei turni e sulla raccolta degli incassi.

L’operazione riaccende i riflettori su un fenomeno che, lontano dalle strade più visibili, si sposta sempre più spesso negli appartamenti privati, rendendo più difficile l’individuazione e aumentando l’isolamento delle donne coinvolte. Un contesto in cui lo sfruttamento si consuma dietro facciate normali, tra condomini e quartieri apparentemente tranquilli.

Con gli arresti e i sequestri di oggi, la polizia ritiene di aver inferto un colpo significativo a una rete radicata sul territorio. Resta ora il lavoro giudiziario: chiarire responsabilità, ruoli e durata dell’attività, mentre per le donne sfruttate si apre un percorso complesso, sospeso tra procedure amministrative e tutela dei diritti, spesso fragile e contraddittorio.

L’indagine partita da Vercelli racconta una realtà che attraversa più province e conferma come lo sfruttamento della prostituzione continui a trovare spazio dove vulnerabilità, silenzio e profitto si incontrano. Un sistema che, questa volta, ha lasciato tracce sufficienti per essere portato alla luce.

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