Cerca

Cronaca

"Credevo fosse un cinghiale". Così l'autista del furgone della notte in cui è morta Lucia

L’autista sostiene di aver colpito solo un cinghiale, ma due testimoni lo avrebbero visto fermarsi dopo l’urto con la 500X di Costanza Fiore. L’inchiesta della procura di Ivrea ricostruisce minuto per minuto la dinamica che ha portato alla morte della bambina di due mesi

"Credevo fosse un cinghiale". Così l'autista del furgone della notte in cui è morta Lucia

"Credevo fosse un cinghiale". Così l'autista del furgone della notte in cui è morta Lucia

Nessuno sulla Torino-Aosta, sabato sera, immaginava che un tratto d’asfalto rettilineo potesse diventare il punto esatto in cui una serie di omissioni, incertezze e silenzi si sarebbero fusi in una tragedia. E invece è lì, a Volpiano, che tutto si è fermato. E da lì che gli investigatori stanno provando, centimetro dopo centimetro, a rimettere insieme una storia che nessuno vuole più sentire ma che bisogna raccontare, perché dentro quella storia c’è la morte della piccola Lucia, due mesi e una vita ancora da cominciare.

Al centro del fascicolo c’è un furgone danneggiato e un uomo che continua a dire la stessa cosa: nessun tamponamento, nessun urto. Solo un cinghiale sbucato all’improvviso. «È stato un animale», ha risposto al suo datore di lavoro quando quest’ultimo, vedendo il mezzo rientrare con la carrozzeria segnata, gli ha chiesto cosa fosse successo. Un racconto ripetuto poi alla polizia giudiziaria, quasi con la stessa naturalezza di chi parla di un imprevisto qualunque. Eppure c’è qualcosa, in quella sicurezza, che non convince nessuno. E non convince soprattutto perché poche ore dopo la versione cambia: «Forse ho preso un’auto, ma non ricordo… poi c’era il cinghiale». Un’amnesia improvvisa, una scena che si confonde, un “forse” che stona dentro un caso dove i secondi, non i minuti, tracciano il confine fra una tragica fatalità e la responsabilità penale.

Gli investigatori, però, non lavorano sulle sensazioni. Loro hanno due testimoni che, quella sera, hanno visto tutto dall’inizio: il furgone che arriva troppo vicino alla 500X di Costanza Fiore, il colpo sul retro dell’auto, il mezzo che si sposta sulla corsia d’emergenza. Raccontano che l’uomo è sceso, ha controllato, ha osservato il suo veicolo e la vettura che aveva appena colpito. E poi è risalito e se n’è andato. Nessun allarme, nessun tentativo di soccorso, nessun gesto minimo per fermarsi e capire cosa fosse accaduto.

Il Procuratore capo di Ivrea Gabriella Viglione

Il Procuratore capo di Ivrea Gabriella Viglione

Dentro la 500X c’erano una madre e una bambina. Stavano tornando verso Quincinetto, dove il papà di Lucia le aspettava. Erano le 20 quando l’auto, dopo aver urtato un pannello della segnaletica verticale, ha perso l’assetto ed è stata catapultata contro lo spartitraffico. L’impatto è stato così violento che l’ovetto – che secondo i primi accertamenti non sarebbe stato correttamente agganciato – si è staccato come un proiettile, e Lucia è stata sbalzata fuori dall’abitacolo. Avvolta nel sacco nanna, troppo piccola per capire cosa stesse succedendo, è rimasta in mezzo alla carreggiata. A travolgerla, pochi secondi dopo, un’auto di passaggio. Il conducente potrebbe non essersi accorto di nulla; potrebbe non aver avuto il tempo materiale neanche di vedere un’ombra.

A questo punto dell’indagine, le telecamere diventano la sola forma di memoria certa. Nel tratto dell’incidente non ce ne sono, e questo complica tutto. Ma le telecamere ai caselli non mentono: segnano tempi, distanze, sequenze. È grazie a loro che gli agenti della Stradale di Settimo Torinese sono riusciti a individuare il furgone sospetto, restringere il cerchio, arrivare all’autista. Ore di video analizzati, rallentati, confrontati con tabelle, orari, percorsi. Un puzzle gigantesco per colmare il buco degli occhi elettronici mancanti proprio dove si è consumato l’impatto.

Intanto sull’asfalto non compare alcuna frenata. Non una strisciata, non un tentativo di rallentare o sterzare. È un’assenza che pesa e che obbliga gli investigatori a concentrarsi sulle carrozzerie. La 500X è distrutta e il furgone è stato sequestrato: gli accertamenti diranno se sulle lamiere ci sono tracce dell’impatto raccontato dai testimoni. Vernice, particelle, deformazioni compatibili. La tecnica, a volte, sa essere più precisa della memoria umana.

L’autista è indagato per omicidio stradale, omissione di soccorso e fuga. Non significa che sia colpevole, ma significa che la procura ha elementi sufficienti per ipotizzare una catena di responsabilità. Le sue dichiarazioni – nette, poi esitanti – non aiutano certo a dissipare i dubbi. E mentre gli atti vengono raccolti e i verbali si allungano, resta il passaggio più doloroso: l’autopsia sulla piccola Lucia, che verrà affidata oggi. Il suo corpo dirà ciò che al momento nessuno può ancora affermare con certezza: i tempi, la dinamica precisa, le lesioni, la sequenza tragica degli ultimi istanti.

Intorno a tutto questo c’è un silenzio pesante. Niente clamori, niente urla. Solo un’autostrada che continua a scorrere con la stessa indifferenza di sempre, mentre la procura prova a dare un nome alle responsabilità e a togliere dal tavolo le scuse che non reggono, i ricordi che cambiano, i dettagli che non tornano.

Perché di quella notte una cosa è ormai chiara: qualcuno si è fermato a guardare. E poi è ripartito. E sono quei secondi, più ancora dei metri percorsi, che oggi pesano come macigni nelle carte dell’indagine.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori