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Cronaca
10 Dicembre 2025 - 16:31
Neonata morta sull'A5, individuato il presunto conducente del furgone: “Non ero io alla guida”, ma una coppia lo ha visto
C’è un nome, ora, al centro dell’indagine che da cinque giorni impegna la Procura di Ivrea per ricostruire la catena di eventi che ha portato alla morte della piccola Lucia, due mesi appena, sbalzata dall’abitacolo della Fiat 500X e poi investita da un’altra auto sulla Torino–Aosta. È il nome del presunto conducente del furgone, quello che avrebbe tamponato la vettura guidata dalla madre, facendo perdere aderenza all’auto e proiettandola verso la piazzola laterale, dove la carambola si è trasformata in tragedia.
A individuarlo è stata la Polizia stradale di Settimo, grazie a un lavoro di incrocio tra testimonianze e verifiche sulle targhe. Fin dall’inizio, la mancanza di telecamere fisse su quel tratto dell’A5 ha imposto agli investigatori un metodo antico e complesso: affidarsi agli occhi di chi era lì. Ed è così che una testimonianza, giudicata “di peso” dagli inquirenti, ha cambiato l’impianto del fascicolo portando a un primo indagato concreto.
La coppia che ha assistito all’incidente ha raccontato alla Polstrada un dettaglio che gli investigatori ritengono cruciale: subito dopo l’urto, il conducente del furgone si sarebbe fermato, sarebbe sceso dal mezzo, avrebbe osservato i danni e poi sarebbe risalito, per ripartire senza prestare soccorso. Quel gesto – accertato o meno – è oggi al centro della contestazione di omissione di soccorso, che si sommerebbe a quella, ancora più grave, di concorso nell’evento mortale.
A partire dalla targa indicata dai due testimoni, gli agenti sono risaliti a un veicolo di proprietà di un’azienda torinese. Da lì il passo successivo è stato naturale: identificare il dipendente che quel mezzo usa abitualmente e convocarlo in procura. L’uomo, interrogato dal sostituto procuratore Mattia Cravero, ha scelto una linea netta: “Non ero io alla guida”. Una frase sintetica, ma carica di implicazioni, che ha obbligato gli inquirenti ad aprire un secondo livello di verifiche.
Secondo quanto raccolto, il presunto conducente sostiene che il furgone potesse essere utilizzato da altri, negando così non solo il tamponamento ma la sua stessa presenza sul posto. Una versione che, però, entra immediatamente in conflitto con la testimonianza già acquisita. E che la Procura sta ora verificando tramite controlli interni all’azienda, documentazione sugli orari dei mezzi, turni di lavoro, eventuali GPS già presenti sul veicolo.
È un lavoro complesso, perché ricostruire i movimenti del furgone significa colmare la mancanza – pesantissima – delle telecamere sul tratto in cui è avvenuto l’urto. Ma le telecamere ci sono poco più avanti e poco più indietro: quelle dei caselli autostradali, quelle della tangenziale Nord. E proprio quelle immagini, ora, stanno venendo passate al setaccio, fotogramma per fotogramma, per verificare se il mezzo sia transitato davvero, in quali condizioni e a che orario.
Intanto resta aperta un’altra questione decisiva: la ricerca della terza auto, quella che avrebbe investito la neonata dopo che il tamponamento l’aveva sbalzata fuori dall’abitacolo. La Polstrada deve capire se il conducente possa non essersi accorto di nulla – ipotesi non impossibile, data la dinamica e la velocità – oppure se abbia scelto comunque di proseguire. Anche in questo caso saranno le telecamere dei caselli e i passaggi elettronici a dare una risposta.
Sul fronte medico-legale, il primo esame effettuato dal medico legale dell’Asl To4 Chiara Romagnollo indica un decesso praticamente immediato. Ma l’autopsia darà la conferma definitiva e potrà precisare se l’impatto fatale sia stato quello iniziale o quello successivo. Un passaggio fondamentale anche per definire eventuali responsabilità concorrenti.
La posizione della madre, Costanza Fiore, resta iscritta nel fascicolo come atto dovuto, per consentire agli inquirenti di verificare ogni dettaglio relativo all’ovetto, al suo fissaggio e alla dinamica interna dell’abitacolo. Una prassi inevitabile nei casi in cui vi siano minori e una ricostruzione complessa, prassi che nulla toglie al fatto che la donna sia stata vittima di un evento improvviso e devastante.
In questo scenario, il tassello su cui si concentrano ora gli investigatori è il comportamento del presunto conducente del furgone: quei pochi secondi, descritti dai testimoni, in cui – secondo la ricostruzione più forte – sarebbe sceso, avrebbe guardato, avrebbe valutato la situazione e avrebbe scelto di ripartire. Se quella scena verrà confermata, sarà uno dei punti centrali del procedimento penale: non solo per l’omissione di soccorso, ma per ciò che rappresenta in termini di condotta complessiva.
La Procura, intanto, mantiene il massimo riserbo. “Stiamo verificando ogni elemento”, è l’unica linea fatta filtrare dagli ambienti che seguono il fascicolo. Ma ciò che prima era un’indagine a raggio molto ampio, ora si concentra sempre più su un profilo preciso, su un veicolo identificato e su testimonianze che sembrano collimare.
Le prossime ore saranno decisive: l’analisi dei video potrebbe confermare il passaggio del furgone, gli accertamenti sull’azienda potrebbero chiudere il cerchio sull’uso effettivo del mezzo, e la Procura potrebbe passare da una fase preliminare a una contestazione concreta.
Intanto, il Canavese resta sospeso in un dolore che questa indagine non potrà cancellare, ma al quale può almeno dare una risposta: chi era davvero alla guida del furgone? Perché, dopo l’impatto, ha scelto – secondo i testimoni – di riprendere la marcia senza guardarsi indietro? E cosa accadde realmente in quei secondi che nessuna telecamera ha potuto registrare?
Sono queste le domande che guidano gli investigatori. Ed è su queste domande che si gioca, ora, l’intera verità sulla morte della piccola Lucia.

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