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Cronaca
06 Novembre 2025 - 21:52
foto di repertorio
Non più soltanto maltrattamenti, ma anche violenza privata e sequestro di persona. L’inchiesta sulla cooperativa sociale “Per Mano” di Cuneo si è allargata fino a scoperchiare un sistema di gestione che gli inquirenti definiscono “aberrante”. Dopo mesi di indagini, intercettazioni e verifiche amministrative, il quadro delineato dagli investigatori è devastante: ospiti disabili, anche minorenni, sedati con farmaci, costretti a dormire su materassi intrisi d’urina, nutriti in condizioni igieniche disastrose, e affidati a personale spesso non qualificato e non abilitato.
L’indagine dei Carabinieri di Cuneo, coordinata dalla Procura diretta dal procuratore capo Onelio Dodero, è iniziata nel dicembre 2024 dopo la segnalazione della famiglia di un ospite del centro diurno “Tetto Nuovo”, struttura specializzata nel trattamento dell’autismo e gestita dalla cooperativa “Per Mano”. Da quella denuncia è partito un lavoro meticoloso durato quasi un anno, culminato nell’operazione del 24 ottobre scorso, che ha portato due persone in carcere, quattro ai domiciliari e undici sottoposte a divieto di avvicinamento. In tutto, 21 gli indagati e 18 le perquisizioni effettuate.
Le misure più gravi hanno colpito la direttrice della struttura, Emanuela Bernardis, e la coordinatrice, Marilena Cescon, già note alle cronache giudiziarie per una precedente inchiesta sui maltrattamenti avvenuti tra il 2014 e il 2019. In quel caso, la Procura non aveva chiesto misure cautelari, permettendo alla cooperativa di continuare a operare. Stavolta, però, la gravità delle prove raccolte non ha lasciato margini.
«Abbiamo potuto vedere registrazioni aberranti» ha dichiarato il colonnello Marco Piras, comandante provinciale dell’Arma. L’operazione ha coinvolto una settantina di militari, oltre al nucleo Nil dell’Ispettorato del Lavoro e ai Nas di Alessandria, per un accertamento a 360 gradi che ha riguardato anche la gestione economica della cooperativa.
Secondo quanto accertato, il centro diurno “Tetto Nuovo” ospitava 18 ragazzi, alcuni minorenni, in condizioni di degrado fisico e psicologico estremo. Il procuratore Dodero parla di un turnover eccessivo di personale “non qualificato e non idoneo”, con soggetti privi di abilitazione che somministravano farmaci calmanti senza controllo medico. L’obiettivo, dicono gli investigatori, era “solo quello di tenerli tranquilli”.

Negli ambienti della struttura i carabinieri hanno trovato materassi bagnati di urina, letti mai cambiati, e un servizio mensa completamente inadeguato. «Gli ospiti vivevano in condizioni psicofisiche di assoluto disagio — ha commentato Dodero — e la struttura presentava gravi criticità gestionali, anche di tipo economico».
Proprio gli aspetti finanziari sono diventati un filone parallelo dell’inchiesta. Gli inquirenti stanno infatti valutando l’ipotesi di frode nelle pubbliche forniture, poiché l’Asl CN1 avrebbe versato 1,4 milioni di euro tra il 2024 e il giugno 2025 per servizi che, secondo la Procura, non venivano realmente garantiti. La cooperativa è ora commissariata, e sotto sequestro preventivo sono finiti anche gli altri due nuclei residenziali gestiti dalla stessa realtà: la casa famiglia “Con Noi” e il centro “Stella Alpina”.
Lunedì scorso è stato completato il trasferimento di tutti gli ospiti in nuove strutture. Il procuratore Dodero ha voluto ringraziare pubblicamente l’Arma dei Carabinieri e i vertici dell’Asl di Cuneo, in particolare il direttore generale Giuseppe Guerra e il responsabile del Dipartimento di Salute Mentale Francesco Risso, per la “professionalità e sensibilità con cui è stata gestita un’operazione tanto delicata”. Il giorno dei sequestri, oltre agli agenti, è stato predisposto un cordone sanitario composto da personale qualificato, inclusi medici e psicologi in grado di accompagnare gli ospiti più fragili durante il trasferimento. «Uno dei medici — racconta Dodero — si è persino fermato a dormire in struttura per assistere i ragazzi».
Dietro le cifre e le sigle dell’indagine, restano però le storie. Storie di abbandono e sofferenza, come quella raccontata da una carabiniera che ha partecipato agli arresti: «Abbiamo comunicato al padre di uno dei ragazzi che suo figlio da quel giorno sarebbe stato seguito da persone che lo avrebbero trattato come meritava. Lui è scoppiato a piangere».
Bernardis e Cescon, oltre a essere state arrestate, sono già state rinviate a giudizio — insieme ad altre dieci persone, tra operatori socio-sanitari, infermieri, educatori e psicologi — nell’ambito del precedente procedimento per maltrattamenti commessi fra il 2014 e il 2019. Quella vicenda giudiziaria non aveva prodotto conseguenze immediate: la cooperativa “Per Mano” aveva continuato a ricevere fondi pubblici e ad accogliere pazienti. Stavolta, però, il cerchio si è chiuso con conseguenze molto più pesanti.
Il tenente Claudio Gramaglia, comandante della compagnia dei Carabinieri che ha condotto l’indagine, ha sottolineato come, nonostante il clima di paura, alcuni dipendenti abbiano avuto il coraggio di denunciare. «C’erano lavoratori che non si sono adeguati all’andazzo e hanno preferito andarsene», ha spiegato. È anche grazie a loro che l’inchiesta ha potuto ricostruire un quadro chiaro di violazioni sistematiche e reiterate ai danni di persone vulnerabili, incapaci di difendersi.
Il processo per il primo filone d’indagine si aprirà il 16 dicembre davanti al Tribunale di Cuneo. Le parti civili ammesse sono venticinque, tra cui diversi consorzi e enti pubblici, ma non l’Asl CN1. Un segnale che lascia aperti interrogativi su chi, negli anni, avrebbe dovuto vigilare.
Nel frattempo, la magistratura prosegue il lavoro sul secondo capitolo dell’inchiesta, quello appena esploso. Gli inquirenti parlano di un sistema che ha trasformato l’assistenza in abbandono, la cura in sofferenza. Le parole del procuratore Dodero restano scolpite come un monito: «Quando si tradisce la fiducia delle famiglie e si abusa della fragilità dei più deboli, si commette il crimine più odioso».
Una verità dolorosa che la comunità cuneese fa ancora fatica ad accettare. Dietro la facciata di una cooperativa “dedita all’inclusione” si nascondeva, secondo l’accusa, un modello di degrado e disumanità, in cui ogni diritto è stato violato. Ora la giustizia dovrà stabilire le responsabilità. Ma per molti genitori, l’unica consolazione resta sapere che i loro figli, almeno oggi, sono finalmente al sicuro.
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