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Cronaca

Aggressione al pronto soccorso: infermiera colpita al volto

Notte di violenza al Cardinal Massaia: tre operatori sanitari coinvolti, l’uomo era lo stesso che dieci giorni fa aveva aggredito due vigilantes. Il Nursind: “Servono più tutele per chi lavora in prima linea”

Aggressione al pronto soccorso

Aggressione al pronto soccorso di Asti: infermiera colpita al volto

Un’altra notte di paura al pronto soccorso dell’ospedale Cardinal Massaia di Asti, dove un uomo ha aggredito con inaudita violenza un’infermiera, colpendola con un pugno in pieno volto. È accaduto nelle ore tra martedì e mercoledì, in un momento di particolare affluenza nel reparto d’emergenza. Dopo aver colpito la donna, l’uomo si è scagliato anche contro un’altra collega, e solo il tempestivo intervento del personale sanitario e dei vigilantes in servizio ha impedito che la situazione degenerasse ulteriormente.

L’aggressore è stato bloccato dopo una breve colluttazione, immobilizzato e poi consegnato alla Polizia, giunta sul posto in pochi istanti. Le volanti hanno proceduto all’arresto dell’uomo, che – come emerso successivamente – era già stato protagonista, lo scorso 20 ottobre, di un altro episodio di violenza sempre nello stesso ospedale, quando aveva aggredito due addetti alla vigilanza.

L’episodio ha scosso profondamente il personale del pronto soccorso e rilanciato il dibattito sulla sicurezza nei reparti di emergenza. A raccontare la gravità della situazione è Gabriele Montana, segretario provinciale del sindacato Nursind, che rappresenta gli infermieri: “Due episodi così ravvicinati destano forte preoccupazione. Il pronto soccorso resta un obiettivo altamente sensibile, dove gli operatori lavorano sotto pressione e in condizioni già difficili”.

Secondo Montana, anche stavolta il Piano di Sicurezza interno ha funzionato, grazie alla prontezza dei colleghi e alla collaborazione con le guardie giurate: “Le forze dell’ordine sono intervenute immediatamente, ma resta il fatto che tre infermieri sono stati coinvolti in un atto di violenza, e solo grazie alla prontezza di un collega particolarmente robusto si è evitato che l’aggressore colpisse anche la seconda infermiera”.

L’episodio ha riacceso le preoccupazioni sulla sicurezza del personale sanitario, una problematica che in Piemonte, come nel resto d’Italia, si fa sempre più urgente. Negli ultimi anni, secondo i dati diffusi dalle organizzazioni di categoria, sono centinaia i casi di aggressioni fisiche e verbali subite da medici e infermieri nei pronto soccorso e nei reparti di emergenza. A peggiorare il quadro, la carenza di organico e i tempi d’attesa, che spesso esasperano gli utenti già provati da condizioni di disagio o alterazione.

Non si può pensare che un infermiere, oltre a curare, debba difendersi – ha aggiunto Montana –. Servono misure strutturali, più personale di vigilanza e la presenza costante delle forze dell’ordine nei momenti critici, come nei weekend e nelle ore notturne. Gli operatori non devono sentirsi abbandonati.”

L’infermiera colpita è stata medicata e dimessa con una prognosi di alcuni giorni, mentre i colleghi coinvolti nell’intervento hanno riportato contusioni lievi. L’aggressore, già noto alle forze dell’ordine, è stato trattenuto in carcere ad Asti in attesa di convalida dell’arresto.

La direzione dell’ASL di Asti ha espresso solidarietà al personale, ringraziando il team del pronto soccorso per la professionalità dimostrata in una situazione di grave pericolo. “Il nostro personale ha agito con prontezza e sangue freddo – ha commentato un portavoce – ma è inaccettabile che chi lavora per salvare vite debba essere esposto a simili rischi.”

Intanto, tra gli operatori del Cardinal Massaia resta un sentimento di amarezza e di stanchezza. “Non è la prima volta, e purtroppo non sarà l’ultima”, ha detto una collega dell’infermiera aggredita. “Ogni turno è un’incognita: non sai mai se troverai riconoscenza o violenza. E questo logora.

Un segnale chiaro arriva anche dai sindacati sanitari, che chiedono un rafforzamento dei presidi di sicurezza nei pronto soccorso e l’applicazione piena della legge 113 del 2020, che tutela gli operatori sanitari da aggressioni e minacce. Ma soprattutto, chiedono una cultura del rispetto che restituisca dignità a chi, dietro una mascherina e un camice, continua ogni notte a garantire assistenza.

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