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Cronaca

Milano, l’incubo di Pamela: in casa di Soncin trovati altri coltelli e pistole scacciacani

Le indagini rivelano un arsenale nell’abitazione di Cervia. La Procura indaga su vecchie denunce mai emerse e su chiavi sospette

Milano, l’incubo

Milano, l’incubo di Pamela: in casa di Soncin trovati altri coltelli e pistole scacciacani

Emergono nuovi dettagli inquietanti sull’omicidio di Pamela Genini, la modella di 29 anni uccisa a Milano dal 52enne Gianluca Soncin, suo ex compagno. Nella casa dell’uomo, a Cervia, gli investigatori hanno trovato un vero e proprio arsenale di coltelli: una decina tra lame a serramanico e cutter, tutti simili a quello usato per colpirla più di venti volte. Accanto, anche pistole scacciacani, quattro o cinque in tutto, sequestrate insieme a un mazzo di chiavi che potrebbero essere copie di quelle dell’appartamento della vittima. Gli inquirenti stanno verificando se Soncin ne avesse duplicata una per introdursi di nascosto in casa della donna, come avrebbe fatto due giorni prima del delitto.

A coordinare l’inchiesta sono l’aggiunta Letizia Mannella e la pm Alessia Menegazzo, con la supervisione del procuratore capo Marcello Viola, che ha disposto ulteriori accertamenti su eventuali denunce precedenti di Pamela contro l’uomo, forse presentate in altri tribunali. A Milano non risultano segnalazioni, ma gli amici della giovane raccontano un anno e mezzo di paura e persecuzioni: pedinamenti, insulti, percosse, minacce di morte. Un testimone ha riferito che Soncin, in più occasioni, avrebbe puntato contro di lei un coltello o una pistola, arrivando una volta a tentare di colpirla.

Il quadro che emerge è quello di un controllo ossessivo e violento, culminato nella tragedia di martedì sera. Pamela, al telefono con un ex fidanzato che cercava di tranquillizzarla, avrebbe gridato disperata: «Mi sta accoltellando, aiuto!» poco prima di perdere conoscenza. La polizia, che già stava raggiungendo l’abitazione dopo la chiamata dell’uomo, non è riuscita ad arrivare in tempo.

Agli atti è stato depositato il primo referto medico legale, che parla di almeno 24 coltellate, un numero destinato a essere precisato dall’autopsia, affidata alla professoressa Cristina Cattaneo, responsabile del Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università di Milano. Sarà lei, con il suo team, a stabilire quali ferite siano state mortali e se la vittima abbia tentato di difendersi.

Intanto gli investigatori proseguono con l’ascolto dei testimoni per ricostruire quella che la Procura definisce già un’escalation di terrore, culminata nell’aggressione di martedì sera. Un copione drammaticamente simile a molti altri femminicidi recenti, segnati da minacce ignorate, denunce assenti o inascoltate, e da una protezione mancata nei confronti delle vittime.

Nel caso di Pamela, la sequenza delle violenze e delle intimidazioni era nota a molti. Alcuni conoscenti avevano suggerito alla ragazza di trasferirsi o cambiare numero di telefono, ma la paura di scatenare ulteriormente la rabbia dell’uomo l’avrebbe trattenuta. L’inchiesta punta ora anche a capire come Soncin sia riuscito a procurarsi l’arma del delitto, se legalmente o attraverso canali illeciti, e perché avesse nella sua disponibilità numerosi strumenti da taglio.

Le indagini, coordinate tra Milano e Ravenna, cercano di chiarire se il 52enne avesse pianificato l’omicidio con lucidità o se l’attacco sia stato l’epilogo di una follia premeditata e ossessiva. Tutto lascia pensare a una vendetta maturata nella mente dell’uomo dopo la fine della relazione, vissuta come un’umiliazione da punire.

Nell’attesa dell’autopsia e dell’interrogatorio di garanzia, resta l’immagine di una giovane donna intrappolata in una spirale di paura, tradita ancora una volta da chi avrebbe dovuto proteggerla.

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