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Cronaca
13 Ottobre 2025 - 14:29
La svolta è arrivata pochi giorni dopo la tragedia nei boschi di Castellamonte. Sono due gli indagati per omicidio colposo nella morte di Armando Dalla Bona, 82 anni, cacciatore esperto e presidente dei Tiratori canavesani di Lessolo. La Procura di Ivrea, con la pm Elena Parato, ha iscritto nel registro un 19enne residente a Castellamonte, originario della cintura di Aosta, e un 72enne castellamontese. Entrambi restano a piede libero, ma il loro ruolo nella vicenda è ora al centro dell’inchiesta che cerca di capire chi abbia esploso il colpo mortale.
Il più giovane, difeso dall’avvocata Katia Guidi, avrebbe reso spontanee dichiarazioni ammettendo di aver sparato, ma non è escluso che la sua versione possa cambiare alla luce dei prossimi accertamenti. Il suo fucile, una canna rigata a lunga gittata, è stato sequestrato per le verifiche balistiche. Al suo fianco, il 72enne — difeso dall’avvocato Marco Morelli — sarebbe stato tra i primi a raggiungerlo subito dopo l’incidente, trovandolo sotto shock e cercando di calmarlo.
Proprio a lui, secondo quanto trapelato dagli atti, il ragazzo avrebbe detto una frase che pesa come un macigno: «È morto, forse gli ho sparato io». Una confessione istintiva, raccolta in un momento di panico assoluto, che la Procura sta ora vagliando insieme a ogni altra ipotesi. Il cacciatore più anziano, nel tentativo di consolarlo, gli avrebbe risposto: «Era malato, vedrai che non sei stato tu…». Ma la realtà che si è presentata agli occhi dei soccorritori non lasciava spazio ai dubbi sulla gravità dell’accaduto. Dalla Bona giaceva a terra, colpito da un proiettile che lo aveva trafitto dalla spalla al torace.
La pm Parato ha ordinato il test dello stub su entrambi i cacciatori, per stabilire chi avesse realmente esploso il colpo e se ci sia stata più di una fucilata. Tutte le analisi rientrano nel quadro degli accertamenti irripetibili, indispensabili per formalizzare le imputazioni. In parallelo, è stato conferito l’incarico per l’autopsia al medico legale Mario Apostol, che opererà alla presenza dell’avvocato Alessandro Raucci, legale della famiglia Dalla Bona. Sarà l’esame autoptico a stabilire se il decesso sia stato immediato e se quel proiettile sia compatibile con l’arma del 19enne.
Secondo una prima ricostruzione, Dalla Bona si trovava in una zona più bassa del bosco, separato dal gruppo. Il giovane avrebbe visto muoversi un animale — «sembrava un cinghiale», ha detto — e avrebbe premuto il grilletto. La distanza, la vegetazione e l’angolo di tiro potrebbero aver reso impossibile distinguere la sagoma umana. I carabinieri, che hanno sequestrato anche l’area di battuta, stanno verificando le linee di tiro e le traiettorie.
Caccia (archivio)
L’episodio ha scosso profondamente la comunità canavesana. Armando Dalla Bona, ex dipendente della Singer e volontario della Croce Rossa di Montanaro, era un uomo conosciuto e stimato. Durante la pandemia, come presidente dei Tiratori canavesani, aveva promosso una raccolta fondi per donare 1.500 euro in attrezzature mediche alla Croce Rossa di Ivrea. Domenica scorsa, la sua passione per la caccia si è trasformata in destino.
L’allarme è scattato subito, ma l’elisoccorso del 118 e le squadre di soccorso non hanno potuto fare nulla. L’area impervia ha reso lunghissime le operazioni di recupero, concluse solo nel tardo pomeriggio. Nel silenzio dei boschi di Davioni, la caccia si è spenta in tragedia. Ora la giustizia dovrà stabilire se si è trattato di una fatalità drammatica o di una negligenza imperdonabile.
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