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Cronaca
09 Ottobre 2025 - 14:25
Sentenza storica a Torino: condannato un caseificio per uso improprio della Dop Grana Padano
È una decisione che segnerà un precedente importante nella difesa delle denominazioni di origine protetta. Con una sentenza depositata il 5 settembre, la Corte d’Appello di Torino ha condannato un caseificio italiano per uso non autorizzato della denominazione Dop “Grana Padano”, riconoscendo che la dicitura “Gran Riserva Italia”, utilizzata per commercializzare un formaggio a pasta dura, rappresentava una “evocazione illegittima” della celebre Dop riconosciuta dall’Unione Europea.
Il caso, nato da un’azione legale del Consorzio di Tutela del Formaggio Grana Padano, riguardava un prodotto venduto nella grande distribuzione in forme da circa 26 chilogrammi, con scalzo arrotondato e marchiatura a fuoco che richiamava visivamente quella del Grana Padano originale. Al centro del contenzioso, oltre al nome “Gran Riserva Italia”, anche il claim “Latte 100% italiano” e l’indicazione “Riserva Oltre i 20 mesi”, che coincide con una delle classificazioni ufficiali utilizzate per il Grana Padano a lunga stagionatura.
Secondo i giudici torinesi, queste scelte di naming e presentazione non erano casuali, ma studiate per suggerire al consumatore un’associazione mentale con la Dop autentica, inducendolo a ritenere che il formaggio avesse un’origine o una qualità assimilabile a quella del Grana Padano. In altre parole, una forma di concorrenza sleale basata sull’evocazione di un marchio tutelato.
La Corte ha sottolineato che l’uso dei termini “Gran Riserva” e “Italia” su prodotti analoghi, associati a una confezione e a una grafica simile a quella del Grana Padano, non può essere considerato lecito. Si tratta, infatti, di una violazione dei principi di tutela delle indicazioni geografiche, che l’Unione Europea protegge proprio per evitare che nomi e simboli di prodotti certificati vengano sfruttati a fini commerciali da operatori esterni.
La sentenza, salutata con grande soddisfazione dal Consorzio Grana Padano, è stata definita da Stefano Berni, direttore generale del Consorzio, «una decisione luminosa, da prendere come riferimento nella tutela dei prodotti Dop». Berni ha ricordato che la pronuncia «riprende e applica ai tribunali italiani i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea», e rappresenta «una pietra miliare contro le imitazioni e le politiche di immagine fuorvianti che rischiano di confondere i consumatori».
Il pronunciamento del tribunale torinese assume un rilievo che va oltre il singolo caso. È infatti una delle prime applicazioni in Italia dei criteri europei in materia di “evocazione” di una Dop, concetto introdotto per colpire anche i comportamenti che non riproducono direttamente il nome tutelato ma che ne richiamano l’identità visiva, sonora o concettuale.
Per i giudici, non serve dunque che l’etichetta riporti la denominazione protetta in modo letterale: basta che ne evochi l’immagine o la reputazione per configurare una violazione. Nel caso in esame, la somiglianza nella forma delle forme, la marcatura a fuoco ellittica e l’uso di parole chiave come “Riserva” e “Italia” hanno reso evidente la volontà di posizionare il prodotto in una fascia di percezione qualitativa identica a quella del Grana Padano, pur non possedendone né i requisiti né le certificazioni.
La decisione arriva in un momento di crescente attenzione verso la tutela delle produzioni agroalimentari italiane, spesso vittime di contraffazioni o imitazioni che minano la credibilità del “Made in Italy”. Secondo i dati diffusi dal Consorzio Grana Padano, il fenomeno dell’“Italian sounding” — cioè l’uso di nomi, colori o simboli che richiamano l’Italia per vendere prodotti stranieri o generici — vale ogni anno miliardi di euro di mancato fatturato per le imprese italiane e confonde milioni di consumatori nel mondo.
La sentenza della Corte d’Appello di Torino, dunque, non solo rafforza la protezione del Grana Padano, ma stabilisce un principio più ampio: chi sfrutta anche solo l’eco di un marchio Dop ne lede il valore economico e culturale. È un messaggio forte per il settore lattiero-caseario, ma anche per l’intero comparto dei prodotti tipici certificati.
Il Grana Padano, che ogni anno esporta milioni di forme in tutto il mondo, rappresenta una delle eccellenze più riconosciute del patrimonio gastronomico italiano. Il suo nome è garantito da un rigido disciplinare di produzione che impone origine controllata del latte, metodi di stagionatura specifici e verifiche costanti di qualità.
Con questa decisione, i giudici di Torino hanno riaffermato che la tutela di un marchio Dop non riguarda solo il prodotto, ma anche la sua reputazione. E che l’imitazione, anche se parziale o indiretta, resta una forma di inganno. Un principio che, nelle parole del Consorzio, «rafforza la fiducia dei consumatori e la dignità del lavoro di migliaia di produttori italiani che rispettano le regole e difendono l’autenticità».
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