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Torino, “punti facili” in autoscuola: l’indagine Easy Point svela corsi fantasma e registri falsi

Polizia scopre registri falsi: obbligo di dimora a titolare e dipendente, indagine Easy Point su corsi senza frequenza

Torino, “punti facili” in autoscuola: l’indagine Easy Point svela corsi fantasma e registri falsi

Un’autoscuola torinese diventata calamita per automobilisti da tutto il Nord prometteva ciò che la legge non consente: recuperare i punti della patente senza mettere piede in aula. È quanto emerge dall’operazione Easy Point, un’inchiesta avviata alla fine dello scorso anno che solleva interrogativi pesanti su etica, sicurezza stradale e affidabilità dei controlli nel settore della formazione alla guida.

Secondo quanto ricostruito dalla Squadra di Polizia Giudiziaria di Torino insieme alla Polizia Stradale, l’autoscuola avrebbe organizzato corsi di recupero punti “fantasma”, permettendo ai candidati di ottenere il reintegro senza la frequenza obbligatoria prevista dalla normativa. L’inchiesta, battezzata “Easy Point”, è nata alla fine dello scorso anno e ha portato a scoprire un sistema che, stando agli accertamenti, falsificava i registri di presenza per attestare la partecipazione di persone che non avevano mai varcato la soglia dell’aula.

Gli investigatori ipotizzano che i responsabili dell’autoscuola attestassero presenze inesistenti, facendo risultare regolari i corsi e il recupero dei punti decurtati. La platea dei clienti sarebbe stata ampia e trasversale: dagli autisti professionali ai manager, fino a un soggetto sottoposto agli arresti domiciliari. Un’offerta “chiavi in mano” che, di fatto, falsava il percorso formativo e vanificava uno strumento pensato per riportare i conducenti a una guida consapevole dopo infrazioni anche gravi.



Per il titolare dell’autoscuola e una dipendente è stato disposto l’obbligo di dimora. A loro carico, secondo l’accusa, i reati ipotizzati sono corruzione e falso. Come sempre, vale il principio di presunzione di innocenza fino a eventuale sentenza definitiva. L’inchiesta prosegue per delineare l’esatto perimetro delle responsabilità e verificare l’estensione della rete di contatti e beneficiari.

Il caso riaccende un tema cruciale: i corsi di recupero punti non sono un mero adempimento burocratico, ma uno strumento di prevenzione, volto a correggere comportamenti pericolosi e ridurre l’incidentalità. Se il sistema viene aggirato, a rimetterci è la sicurezza di tutti, soprattutto laddove siano coinvolti conducenti professionali che trascorrono molte ore al volante. Episodi simili erodono la fiducia dei cittadini nelle certificazioni e danneggiano le autoscuole che rispettano le regole, investono in docenza, tracciabilità e controllo delle presenze.

Gli inquirenti dovranno definire: - quanti corsi e quanti recuperi punti siano stati convalidati senza frequenza; - il numero e il profilo degli automobilisti coinvolti, provenienti da varie regioni del Nord; - eventuali ulteriori soggetti o intermediari nella catena delle responsabilità; - l’impatto amministrativo sui punti già riattribuiti e le conseguenze per i patentati che ne hanno beneficiato. La vicenda “Easy Point” conferma quanto sia necessario mantenere alta l’attenzione su controlli, digitalizzazione dei registri e tracciabilità delle presenze, per impedire scorciatoie che trasformano un percorso educativo in un semplice timbro. La legalità, sulla strada, non è un dettaglio: è la differenza tra la tutela dell’interesse pubblico e il rischio concreto per chi guida e per chi incrocia quei veicoli ogni giorno.

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