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Cronaca

Operazione "Samba" contro la 'ndrangheta del Canavese, la Procura chiude il primo fascicolo: ecco i primi 12 indagati

Una rotta che da Torino e il Canavese guarda al Brasile, 1.600 chili di cocaina tracciati, flussi di denaro per oltre 6,5 milioni di dollari e nomi pesanti dell’universo ’ndranghetista

Operazione "Samba" contro la 'ndrangheta del Canavese, la Procura chiude il primo fascicolo: ecco i primi 12 indagati

Operazione "Samba" contro la 'ndrangheta del Canavese, la Procura chiude il primo fascicolo: ecco i primi 12 indagati

Una rotta che da Torino e il Canavese guarda al Brasile, 1.600 chili di cocaina tracciati, flussi di denaro per oltre 6,5 milioni di dollari e nomi pesanti dell’universo ’ndranghetista. La cosiddetta operazione “Samba” entra in una fase cruciale: la Procura chiude il primo fascicolo d’inchiesta e mette in fila accuse, ruoli e connessioni che raccontano un narcotraffico di respiro internazionale e un sofisticato circuito di riciclaggio. È un mosaico complesso, nel quale gli inquirenti ritengono di aver ricostruito tasselli decisivi, mentre le difese si preparano a contestare ogni addebito, nel pieno rispetto della presunzione d’innocenza.

La Procura di Torino ha notificato nei giorni scorsi l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a dodici indagati nel contesto dell’operazione “Samba”, che ipotizza il coinvolgimento delle locali del Canavese della ’ndrangheta nel narcotraffico internazionale. L’indagine è coordinata dai sostituti procuratori Francesco Pelosi e Livia Locci ed è stata eseguita dai carabinieri del ROS, guidati da Andrea Caputo.

Tra i nomi segnalati dagli inquirenti figurano figure di rilievo: l’ex latitante Vincenzo Pasquino, considerato un volto di punta della ’ndrangheta e arrestato in Brasile nel 2021; Pasquale Michael Assisi e la sua compagna Jessica Vailatti; Rosalia Falletta e Rita Siria, moglie e figlia di Nicola Assisi, ritenuto dagli investigatori uno dei trafficanti più influenti dell’area ’ndranghetista e anch’egli indagato.

Con Nicola Assisi arrestato nel 2019, gli investigatori ipotizzano che Rosalia Falletta e Rita Siria abbiano gestito segmenti del business della droga. Entrambe sono attualmente recluse nella stessa cella, in attesa di processo. A Jessica Vailatti viene attribuito un ruolo chiave nelle dinamiche patrimoniali.

La difesa è affidata, tra gli altri, agli avvocati Alessandro Radicchi, Michela Malerba e Vincenzo Leonardo Coluccio.

Secondo gli atti, le indagini hanno documentato il percorso di circa 1.600 chili di cocaina. In parallelo, emergono contatti tra gruppi criminali italiani e brasiliani per operazioni di riciclaggio: flussi finanziari superiori a 6,5 milioni di dollari, su cui sono già scattati numerosi sequestri.

La prima fase dell’operazione aveva contato quasi trenta persone indagate. Oggi dodici hanno ricevuto l’avviso di chiusura, mentre per una quindicina — non sottoposte a misure — proseguono gli accertamenti. 

L'operazione "Samba"

Un colpo al cuore del narcotraffico internazionale: tonnellate di cocaina sequestrate, ventitré arresti tra Italia e Brasile, milioni di euro riciclati attraverso società fittizie e beni immobili. È il bilancio dell'Operazione Samba, la maxi-indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino e condotta dall’Arma dei Carabinieri, avviata nel 2019 e culminata nella notte tra lunedì e martedì scorsi con 23 arresti - 5 in Italia e 18 in Brasile.

La rete criminale transnazionale, legata alla ‘Ndrangheta piemontese e alle locali di Volpiano e San Giusto Canavese, utilizzava container su navi cargo per trasportare la droga dai porti brasiliani verso l’Europa, occultandola tra le merci. Tra i beni sequestrati in Canavese anche un locale di Chivasso, poi riaperto successivamente dai dipendenti.

Parliamo di un'organizzazione criminale capace di gestire il traffico di tonnellate di cocaina lungo la rotta Brasile-Europa, è stata smantellata in una delle operazioni più imponenti degli ultimi anni.

Sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, l’Arma dei Carabinieri ha collaborato con le autorità brasiliane in una sinergia senza precedenti, che ha coinvolto anche Europol, Interpol, e la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo italiana. Gli arresti e i sequestri di beni per milioni di euro sono il risultato di anni di indagini meticolose, iniziate con l’arresto di due figure di spicco della ‘Ndrangheta: Assisi Nicola e Assisi Patrick, catturati a Praia Grande, in Brasile, nel luglio 2019.

Le indagini hanno svelato una rete complessa, che si estendeva dalla provincia di Torino fino ai porti brasiliani, in particolare quello di Paranaguá, nello Stato del Paranà. Da qui, la cocaina veniva spedita verso l’Italia e il Nord Europa, nascosta in container su navi cargo. Il sistema era gestito con precisione militare, sfruttando la collaborazione di agguerrite organizzazioni brasiliane, capaci non solo di fornire la droga, ma anche di garantire la logistica necessaria per il trasporto e il riciclaggio dei proventi.

Un ruolo chiave nelle operazioni di riciclaggio era giocato dal gruppo criminale operante in Piemonte, che aveva sviluppato un sistema per reinvestire i guadagni illeciti in attività legali. Tra i beni sequestrati, spiccano immobili di lusso, sei autovetture e vari esercizi commerciali, che secondo gli inquirenti fungeva da strumento per ripulire il denaro sporco.

Un’altra svolta fondamentale nell’indagine è arrivata nel maggio 2021, con l’arresto di Pasquino Vincenzo a Joao Pessoa, nello Stato del Paraiba. Questo arresto ha permesso di confermare i legami tra la ‘Ndrangheta piemontese e le organizzazioni criminali brasiliane, svelando un sofisticato sistema di riciclaggio che includeva la creazione di società di comodo e operazioni finanziarie fraudolente.

Le autorità hanno documentato come il sodalizio sfruttasse la rete criminale brasiliana per muovere ingenti quantitativi di denaro e per garantire la protezione dei traffici di droga. Grazie a questi legami, la cocaina viaggiava indisturbata dal Sud America fino ai porti europei.

L’Operazione Samba è stata resa possibile grazie a un livello di collaborazione internazionale senza precedenti. Per la prima volta, è stata costituita una Squadra Investigativa Comune (Joint Investigation Team) tra la Procura di Torino e le autorità brasiliane, unendo risorse e competenze per affrontare una rete criminale transnazionale.

Il lavoro congiunto, sostenuto da organismi internazionali come Eurojust e Europol, ha permesso di superare le barriere giuridiche e geografiche, garantendo un’azione simultanea su entrambi i continenti. La cooperazione tra Italia e Brasile non si è limitata agli arresti e ai sequestri: è stato firmato un accordo bilaterale per creare squadre investigative permanenti, capaci di agire su più fronti e contrastare in modo più efficace le organizzazioni criminali transnazionali.

Oltre agli arresti, l’Operazione Samba ha colpito il cuore economico dell’organizzazione. In Italia, i Carabinieri hanno sequestrato beni immobili e attività commerciali riconducibili alla rete criminale. Anche in Brasile, le autorità hanno messo i sigilli su conti correnti, proprietà e società fittizie, utilizzate per riciclare i profitti illeciti.

L'inchiesta

L’inchiesta illumina anche uno spaccato della latitanza di Pasquino in Brasile. Per eludere le intercettazioni, avrebbe comunicato sotto lo username “Ronaldo”. A incastrarlo, secondo quanto emerge, anche chat con la moglie, in cui sarebbero state inviate foto ritratto, tra cui quelle dalla festa del trentesimo compleanno di lei: elementi che avrebbero consentito agli inquirenti un riconoscimento incrociato.

le dichiarazioni del pentito Vincenzo Pasquino che offrono uno spaccato inquietante sulle dinamiche del narcotraffico internazionale e sui legami tra Brasile e Italia. Arrestato nel maggio 2021 insieme al noto latitante Rocco Morabito, Pasquino ha deciso di collaborare con la giustizia a partire dal novembre scorso, fornendo agli investigatori un vero e proprio manuale sulle attività criminali della famiglia Assisi e non solo.

Pasquino, già condannato per associazione di tipo mafioso e traffico di stupefacenti nel processo torinese “Cerbero”, ha spiegato i motivi della sua collaborazione: «Le persone di cui mi fidavo mi hanno abbandonato. Anche la mia richiesta di asilo in Brasile è legata a contrasti con gli Assisi per questioni sui carichi di droga».

Durante i suoi interrogatori, che si sono protratti fino a maggio 2024, Pasquino ha fornito dettagli minuziosi su traffici, ruoli e organizzazioni, nonché sui legami tra la criminalità italiana e sudamericana.

Pasquino ha raccontato come, affiliato nel 2011 presso una carrozzeria a Brandizzo, ottenne la “dote” di picciotto grazie a Domenico Alvaro, padrino della famiglia Carni i Cani. Operava inizialmente con il clan Alvaro, con sede a Sinopoli, ma con forti legami con la locale di Chivasso, allora guidata da Pasquale Trunfio.

I primi passi nel narcotraffico li mosse con Vittorio Raso, trasportando hashish dalla Spagna. Il grande salto arrivò nel 2014, quando, uscito dal carcere, iniziò a gestire il traffico per conto degli Assisi, passando dal contrabbando di hashish alla cocaina. «Nel 2015, Michelangelo Versaci mi propose di lavorare con gli Assisi, e accettai», ha ammesso Pasquino. In Brasile approdò per risolvere problemi legati a carichi di droga contesi tra gli Assisi e altri clan, tra cui quello di Rocco Barbaro, detto “U Castano”.

Tra i dettagli più significativi rivelati dal pentito, c’è il racconto di un carico di 440 chili di cocaina inviato dalla Spagna a Livorno, dove fu sequestrato dalla Guardia di Finanza. Pasquino descrive anche il suo ruolo operativo: «Quando Michael Assisi fu arrestato nel 2017, presi il suo posto. Patrick Assisi mi chiese di tornare in Brasile per fare da tramite con i fornitori». Da qui, organizzò un carico di 50 chili di cocaina dal porto di Santos, affidato a due sommozzatori locali. Tuttavia, l’operazione fallì a causa dell’uso di borse fosforescenti, che attirarono l’attenzione della polizia.

Le dichiarazioni di Pasquino confermano la capacità della famiglia Assisi di gestire il traffico internazionale di droga con un’organizzazione capillare e gerarchica, ma mettono in luce anche rivalità interne e attriti con altri clan. Pasquino, che ha operato a stretto contatto con personaggi di spicco come Patrick Assisi e Pino Grillo, descrive un sistema ben radicato in Brasile, con ramificazioni in Italia, in particolare in Calabria, Piemonte e Lombardia.

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