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Cronaca

Arrestate le regine del narcotraffico. Da Chivasso a Rio De Janeiro, passando da Torino

Operazione Samba: madre e figlia, leader del clan Assisi, fermate in Brasile e ora detenute a Torino. Smantellato il traffico internazionale di cocaina legato alla ‘Ndrangheta piemontese. Qualche settimana fa la chiusura di un locale a Chivasso

Le "Lady Narcos" di Torino: Madre e Figlia al Centro di un Intricato Caso di Narcotraffico

Hanno gestito affari milionari, risolto faide interne, amministrato patrimoni illeciti e mantenuto saldi i rapporti con i narcotrafficanti internazionali in assenza di padri e mariti. Ora, però, Rosalia Falletta e Rita Siria Assisi, rispettivamente moglie e figlia di Nicola Assisi, uno dei boss più noti del narcotraffico internazionale, si trovano al carcere Lorusso e Cutugno di Torino. Le due donne, arrestate pochi giorni prima di Natale, sono rientrate in Italia dal Brasile, dove si erano rifugiate per continuare a gestire il traffico di stupefacenti della famiglia Assisi.

L’arresto delle due regine del narcotraffico è l’ultimo capitolo dell’operazione Samba, condotta dalla Dda di Torino, che ha smantellato un traffico internazionale di cocaina tra Sud America ed Europa. Le indagini hanno portato al fermo di 23 persone, cinque in Italia e diciotto in Brasile, tra cui Rosalia Falletta e Rita Siria Assisi.

Secondo i pm Livia Locci e Francesco Pelosi, dopo l’arresto nel 2019 di Nicola e del figlio Patrick Assisi, alle donne è stata delegata la gestione dell’organizzazione. Rosalia Falletta, 59 anni, ha ricoperto un ruolo cruciale: ha curato la contabilità, distribuito i proventi del traffico di droga e recuperato crediti, mentre la figlia Rita Siria, 26 anni, si è occupata di mantenere i contatti tra i familiari detenuti e il resto della rete criminale.

Dagli atti emerge il profilo di una donna inflessibile, capace di risolvere situazioni di estrema criticità. Un esempio su tutti: quando il genero Nicola De Carne si è trovato a dover saldare un debito di 500mila euro con un altro narcotrafficante, Enrico Sapone, Rosalia è intervenuta personalmente per evitare ritorsioni, utilizzando i fondi del clan per estinguere il debito.

Non meno determinata, Rita Siria Assisi ha dimostrato di avere pieno controllo delle dinamiche dell’organizzazione. È stata lei, ad esempio, a bandire dall’associazione tre consociati accusati di tradimento dal fratello Patrick e a riscuotere personalmente un credito da 460mila euro in Portogallo.

Rosalia Falletta non è nuova alle aule di tribunale. Già condannata a otto anni nell’ambito del processo Pinocchio del 2015, le era stato contestato il ruolo di intermediaria e amministratrice del patrimonio familiare derivante dal narcotraffico. Oggi, le accuse si ripetono, ma con un peso ancora maggiore: secondo l’accusa, avrebbe permesso al marito Nicola di mantenere saldo il suo controllo lungo le rotte della cocaina.

Difese dall’avvocata Michela Malerba, madre e figlia si trovano ora nella stessa cella del carcere torinese. Per loro, le accuse sono gravissime: associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. L’inchiesta Samba continua a far emergere il ruolo centrale delle donne nelle organizzazioni criminali, un ruolo che supera la mera complicità e si trasforma in una vera e propria leadership operativa.

L'operazione "Samba"

Un colpo al cuore del narcotraffico internazionale: tonnellate di cocaina sequestrate, 23 arresti tra Italia e Brasile, milioni di euro riciclati attraverso società fittizie e beni immobili. È il bilancio dell'Operazione Samba, la maxi-indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino e condotta dall’Arma dei Carabinieri, avviata nel 2019.

La rete criminale transnazionale, legata alla ‘Ndrangheta piemontese e alle locali di Volpiano e San Giusto Canavese, utilizzava container su navi cargo per trasportare la droga dai porti brasiliani verso l’Europa, occultandola tra le merci. Tra i beni sequestrati in Canavese spicca il Ristorante 4 Chiacchiere di Chivasso.

Parliamo di un'organizzazione criminale capace di gestire il traffico di tonnellate di cocaina lungo la rotta Brasile-Europa, è stata smantellata in una delle operazioni più imponenti degli ultimi anni.

Sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, l’Arma dei Carabinieri ha collaborato con le autorità brasiliane in una sinergia senza precedenti, che ha coinvolto anche Europol, Interpol, e la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo italiana. Gli arresti odierni e i sequestri di beni per milioni di euro sono il risultato di anni di indagini meticolose, iniziate con l’arresto di due figure di spicco della ‘Ndrangheta: Assisi Nicola e Assisi Patrick, catturati a Praia Grande, in Brasile, nel luglio 2019.

Le indagini hanno svelato una rete complessa, che si estendeva dalla provincia di Torino fino ai porti brasiliani, in particolare quello di Paranaguá, nello Stato del Paranà. Da qui, la cocaina veniva spedita verso l’Italia e il Nord Europa, nascosta in container su navi cargo. Il sistema era gestito con precisione militare, sfruttando la collaborazione di agguerrite organizzazioni brasiliane, capaci non solo di fornire la droga, ma anche di garantire la logistica necessaria per il trasporto e il riciclaggio dei proventi.

Un ruolo chiave nelle operazioni di riciclaggio era giocato dal gruppo criminale operante in Piemonte, che aveva sviluppato un sistema per reinvestire i guadagni illeciti in attività legali. Tra i beni sequestrati, spiccano immobili di lusso, sei autovetture e vari esercizi commerciali, tra cui il Ristorante 4 Chiacchiere di Chivasso, che secondo gli inquirenti fungeva da strumento per ripulire il denaro sporco.

Un’altra svolta fondamentale nell’indagine è arrivata nel maggio 2021, con l’arresto di Pasquino Vincenzo a Joao Pessoa, nello Stato del Paraiba. Questo arresto ha permesso di confermare i legami tra la ‘Ndrangheta piemontese e le organizzazioni criminali brasiliane, svelando un sofisticato sistema di riciclaggio che includeva la creazione di società di comodo e operazioni finanziarie fraudolente.

Le autorità hanno documentato come il sodalizio sfruttasse la rete criminale brasiliana per muovere ingenti quantitativi di denaro e per garantire la protezione dei traffici di droga. Grazie a questi legami, la cocaina viaggiava indisturbata dal Sud America fino ai porti europei.

L’Operazione Samba è stata resa possibile grazie a un livello di collaborazione internazionale senza precedenti. Per la prima volta, è stata costituita una Squadra Investigativa Comune (Joint Investigation Team) tra la Procura di Torino e le autorità brasiliane, unendo risorse e competenze per affrontare una rete criminale transnazionale.

Il lavoro congiunto, sostenuto da organismi internazionali come Eurojust e Europol, ha permesso di superare le barriere giuridiche e geografiche, garantendo un’azione simultanea su entrambi i continenti. La cooperazione tra Italia e Brasile non si è limitata agli arresti e ai sequestri: è stato firmato un accordo bilaterale per creare squadre investigative permanenti, capaci di agire su più fronti e contrastare in modo più efficace le organizzazioni criminali transnazionali.

Oltre agli arresti, l’Operazione Samba ha colpito il cuore economico dell’organizzazione. In Italia, i Carabinieri hanno sequestrato beni immobili e attività commerciali riconducibili alla rete criminale. Anche in Brasile, le autorità hanno messo i sigilli su conti correnti, proprietà e società fittizie, utilizzate per riciclare i profitti illeciti.

Il sequestro di beni non è solo un colpo simbolico: serve a sottrarre alle organizzazioni criminali le risorse necessarie per finanziare le loro attività. Gli inquirenti continuano a lavorare per individuare altri asset legati alla rete, sia in Italia che in Brasile.

Con l’Operazione Samba, la Direzione Distrettuale Antimafia di Torino e l’Arma dei Carabinieri hanno dimostrato che la collaborazione internazionale è la chiave per affrontare il crimine organizzato. Il messaggio è chiaro: nessun angolo del pianeta è sicuro per chi opera nel narcotraffico.

L’indagine rappresenta non solo un successo nella lotta al narcotraffico, ma anche un modello operativo per il futuro. La rete della ‘Ndrangheta, radicata in Piemonte e proiettata verso il Sud America, è stata smantellata grazie a un’azione congiunta e coordinata, che ha visto l’Italia e il Brasile uniti in una battaglia comune contro il crimine organizzato. Un esempio che dimostra come la giustizia, quando sostenuta da cooperazione e determinazione, possa superare qualsiasi confine.

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