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Cronaca

72enne accoltella una donna cieca a Torino: il suo cane "abbaiava troppo"

Inizia il processo per tentato omicidio a Torino. I fatti risalgono alla notte di Capodanno

72enne accoltella una donna cieca a Torino: il suo cane "abbaiava troppo"

72enne accoltella una donna cieca a Torino: il suo cane "abbaiava troppo" (immagine d'archivio)

Quando la vittima ha riconosciuto la voce del suo presunto aggressore, in aula ha avuto un sussulto. Quel volto non lo vede — la donna è cieca — ma la memoria del Capodanno in cui fu accoltellata le è rimasta indelebile. Ieri, 22 settembre, è cominciata l’udienza preliminare a carico di un 72enne accusato di tentato omicidio. Il sostituto procuratore contesta due aggravanti: la premeditazione e la minorata difesa della vittima, che al momento è parte civile nel procedimento.

Il procedimento giudiziario aperto dopo l’accoltellamento che ha messo in pericolo la vita di una donna di 63 anni è entrato nella fase pubblica con l’avvio dell’udienza preliminare. L’imputato, un uomo di 72 anni residente nei dintorni di corso Maroncelli, è accusato di aver raggiunto la donna la sera di Capodanno, mentre era seduta su una panchina, e di averla colpita con un coltello. Le motivazioni che, secondo l’accusa, avrebbero innescato la violenza sono legate a ripetuti contrasti di vicinato: l’anziano si sarebbe infastidito dal continuo abbaiare del piccolo cane della donna.

Immagine di repertorio

Secondo la ricostruzione emersa finora, quell’episodio non sarebbe stato un gesto estemporaneo. Per questo motivo il pubblico ministero Alessandro Aghemo ha chiesto che siano valutate le aggravanti: oltre alla premeditazione — l’ipotesi che l’azione sia stata pianificata o meditata — si chiede che il reato venga considerato aggravato dalla minorata difesa della persona offesa, che per la sua cecità si trovava in condizioni di vulnerabilità.

Il fatto ha assunto una dimensione particolarmente drammatica anche perché il presunto aggressore avrebbe tentato di colpire non solo la donna ma anche l’animale: dalle carte del processo emerge l’episodio del tentativo di uccidere il cane, gesto fallito. La dinamica — il raggiungimento della panchina, l’estrazione del coltello, il ferimento e la fuga o l’allontanamento — è al vaglio degli inquirenti che hanno svolto i primi accertamenti e raccolto testimonianze.

I protagonisti processuali sono già noti: l’imputato è assistito dall’avvocato Roberto Doriguzzi, mentre la donna si è costituita parte civile con il legale Luca Calabrò. L’udienza preliminare proseguirà nelle prossime settimane e il rinvio a giudizio è atteso a metà ottobre, quando il giudice deciderà se mandare il caso a dibattimento.

In aula la reazione emotiva della vittima, al riconoscimento della voce del presunto autore dell’aggressione, è un elemento che sottolinea il peso personale della vicenda: per la donna la ferita non è solo fisica, ma è legata al vissuto quotidiano e a un rapporto di prossimità con l’aggressore, che vive nello stesso quartiere. L’impatto psicologico su chi subisce un’aggressione in strada, ancor più quando la vittima ha una disabilità sensoriale, costituisce un fattore rilevante anche nella quantificazione dei danni richiesti dalla parte civile.

La contestazione della minorata difesa comporta, sul piano processuale, la possibilità che il giudice valuti l’azione come compiuta nei confronti di una persona in condizione di particolare fragilità, circostanza che può aggravare la pena se il reato dovesse trovare conferma in giudizio. La premeditazione, invece, è l’elemento che sposta il quadro verso una responsabilità ritenuta più grave, perché implica consapevolezza e volontà dell’atto, e non semplice reazione impulsiva.

Dal canto suo la difesa, come prevedibile, frammenterà il racconto accusatorio evidenziando elementi a discarico o interpretando i fatti in una chiave che possa escludere l’intenzionalità o l’aggravamento richiesto dall’accusa. Il processo – se rinviato a giudizio – dovrà esaminare prove, testimonianze, referti medico-legali e la ricostruzione della dinamica, per stabilire se l’aggressione sia stata davvero pianificata e quanto la condizione di cecità della donna abbia inciso sulla sua possibilità di difendersi.

La vicenda richiama anche questioni di convivenza tra vicini e di gestione di tensioni apparentemente banali che possono degenerare in episodi di violenza. Semplici motivi di contesa — in questo caso, il cane che abbaia — si sono trasformati in un’aggressione che oggi approda in tribunale con una accusa grave. Per il quartiere e per la comunità locale resta il timore e la necessità di risposte non solo giudiziarie ma anche sociali, per prevenire simili escalation.

Per il momento, la fase processuale è quella preliminare: la decisione sul rinvio a giudizio è attesa a metà ottobre. Nel frattempo la donna prosegue la sua battaglia in sede civile e penale, assistita dal proprio avvocato, e la pubblica accusa proseguirà nel deposito degli atti e delle istanze che riterrà necessarie per sostenere la richiesta delle aggravanti.

Immagine di repertorio

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