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Cronaca
11 Settembre 2025 - 14:00
Madre accusata di sottrazione, il processo a Torino riapre le ferite di una famiglia divisa tra Italia e Filippine
Due verità inconciliabili, una famiglia lacerata e un’aula di tribunale che diventa teatro di accuse reciproche. È la vicenda che si sta discutendo a Torino, dove la procura ha chiesto tre anni di reclusione per una madre accusata di sottrazione di minori. Sul banco degli imputati non ci sono solo i fatti di un viaggio intercontinentale, ma l’intera traiettoria di una crisi coniugale degenerata in fuga.
Tutto comincia nell’estate del 2022. La coppia, che viveva da anni in provincia di Torino, aveva scelto il Portogallo come luogo in cui tentare una riconciliazione. Ma proprio lì, la donna si infortuna e chiede di curarsi nelle Filippine, il Paese in cui era nata. Il marito non è d’accordo: teme che il rientro possa slittare oltre l’inizio dell’anno scolastico dei due figli gemelli, allora bambini. Secondo quanto ricostruito in aula, la donna avrebbe assicurato che sarebbero tornati in tempo. Una promessa che, però, non si è mai trasformata in realtà.
Da allora, né lei né i ragazzi sono più rientrati in Italia. Non solo: i contatti telefonici tra padre e figli si sono interrotti bruscamente. Per l’uomo, assistito dall’avvocata Chiara Di Tanno, questo è il cuore dell’accusa: un allontanamento ingiustificato, trasformato in silenzio e in assenza. Anche i sospetti economici, con prelievi consistenti dal conto comune nella fase della crisi, hanno contribuito a incrinare il quadro familiare.
In aula, la madre ha respinto l’accusa di sottrazione. Ha dichiarato di non avere mai nascosto le proprie intenzioni, anzi di averne parlato chiaramente al marito. Ha ribaltato l’accusa, sostenendo di aver lasciato l’Italia perché il contesto familiare era divenuto insostenibile e segnato da minacce. A rafforzare la sua posizione, il fatto che un tribunale delle Filippine avrebbe già riconosciuto a lei l’affido esclusivo dei ragazzi. Una circostanza che la difesa, guidata dall’avvocato Emanuele Zalanda, ha portato davanti al giudice per chiedere l’assoluzione.
Il padre insiste invece sul punto che considera cruciale: la promessa del rientro per l’inizio della scuola, mai rispettata. Per lui, la partenza non è stata una scelta condivisa, ma una sottrazione vera e propria. L’assenza di comunicazioni con i figli viene interpretata come la prova più evidente di un allontanamento pianificato.
Il processo cristallizza così due narrazioni opposte. La procura di Torino legge negli eventi un allontanamento unilaterale e non giustificato, sufficiente a configurare la sottrazione di minori. La difesa, al contrario, parla di scelta obbligata, resa necessaria da un clima familiare deteriorato, e rivendica la trasparenza della condotta della donna.
Sul piano giuridico, il caso presenta nodi complessi. Ci si interroga sul peso della promessa di rientro, elemento più morale che formale; sull’interruzione dei contatti telefonici, che però deve essere provata come volontaria e non come conseguenza di circostanze esterne; e sul valore dell’affido concesso da un tribunale straniero, che in Italia potrebbe avere efficacia solo entro determinati limiti.
Al di là delle carte processuali, resta il dramma umano di due ragazzi cresciuti lontani da uno dei genitori e di un padre che da tre anni lotta per riallacciare un legame. Le accuse e le difese si specchiano l’una nell’altra, senza possibilità di conciliazione. Una storia che racconta anche i rischi delle relazioni internazionali: viaggi, spostamenti e radici diverse che, in caso di crisi, diventano terreno fertile per conflitti giudiziari e personali di difficile soluzione.
La sentenza di primo grado è attesa in autunno. Sarà allora che il tribunale dovrà decidere se accogliere la richiesta della procura o se dare credito alla ricostruzione della difesa. In mezzo, un interrogativo che nessun verdetto potrà sciogliere del tutto: dove sta il confine tra una fuga e una protezione? E chi paga davvero il prezzo di una separazione che si è trasformata in frattura irreparabile?
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