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Cronaca

Rissa shock al torneo giovanile: un anno di squalifica per il portiere 13enne del Volpiano Pianese e per il coetaneo del Carmagnola

Squalificato anche il padre del portiere pestato, dirigente del Volpiano Pianese. Il giudice sportivo: "Comportamenti incompatibili con i valori dello sport"

Rissa shock al torneo giovanile

Rissa shock al torneo giovanile

Un episodio che macchia in maniera pesante il calcio giovanile torinese. Dopo la rissa esplosa al termine di una partita Under 14 del torneo Super Oscar, la giustizia sportiva ha deciso di infliggere un anno di squalifica sia al portiere tredicenne del Volpiano Pianese – che era stato aggredito fisicamente anche dal genitore di un avversario – sia a un giocatore del Carmagnola coinvolto direttamente negli scontri. Una scelta severa, firmata dal giudice sportivo Roberta Lapa della Lega Nazionale Dilettanti, che motiva così la decisione: la "gravità della condotta violenta assunta da ragazzi in età giovanissima, tale da inficiare i sani principi dello sport".

Quello che sarebbe dovuto restare un torneo giovanile dedicato al fair play e alla crescita sportiva dei ragazzi si è trasformato in uno degli episodi più gravi della recente storia calcistica piemontese. Il Super Oscar, rassegna che da decenni mette di fronte le migliori formazioni giovanili, è finito nell’occhio del ciclone dopo la rissa scoppiata al termine della gara del 31 agosto 2025 tra Volpiano Pianese e Csf Carmagnola Queencar, disputata a Collegno.

Al centro dei fatti, un giovane portiere di 13 anni del Volpiano Pianese, vittima di un’aggressione da parte del padre di un avversario. Ma le decisioni ufficiali della giustizia sportiva hanno chiarito che la catena di violenze è iniziata prima, dentro il rettangolo di gioco, e che i protagonisti non sono stati solo i ragazzi.

Secondo quanto ricostruito nel comunicato ufficiale del 4 settembre 2025 del giudice sportivo della Delegazione di Torino della Figc, i provvedimenti sono durissimi. Il portiere tredicenne del Volpiano Pianese è stato squalificato fino al 4 settembre 2026 per aver assunto, a fine gara, una condotta violenta e antisportiva: avrebbe innescato la rissa colpendo con manate e pugni il fianco e la schiena di un avversario già steso a terra. Un gesto che, come scrive il giudice, ha dato adito all’ingresso in campo di un soggetto estraneo, cioè il genitore dell'altro ragazzo, che ha poi colpito il tredicenne.

Stessa sorte è toccata a un giocatore del Csf Carmagnola Queencar, anch’egli squalificato fino al 4 settembre 2026 per aver partecipato attivamente alla rissa e per aver colpito a sua volta con un pugno un avversario. Anche in questo caso, la condotta violenta ha contribuito ad alimentare il caos e a favorire l’ingresso in campo del genitore.

Non si è fermata qui la mano della giustizia sportiva. A pagare è stato anche Angelo Sarritzu, dirigente del Volpiano Pianese e papà del giovane calciatore pestato dal genitore che ha scavalcato: in qualità di rappresentante della società, invece di sedare gli animi, avrebbe partecipato alla colluttazione con la persona entrata arbitrariamente in campo. Per lui è arrivata una squalifica di sei mesi, fino al 4 marzo 2026.

Sul piano economico, il provvedimento ha colpito pure le società. Alla Polisportiva Paradiso Collegno, organizzatrice della partita, è stata inflitta un’ammenda di 200 euro per non aver impedito l’ingresso in campo del genitore. A Csf Carmagnola Queencar e Volpiano Pianese sono state comminate due ammende da 150 euro ciascuna, per responsabilità oggettiva legata al comportamento violento dei propri tesserati.

Il portiere del Volpiano Pianese pestato da un genitore entrato in campo

L’episodio, al di là delle sanzioni disciplinari, ha sollevato un’ondata di sdegno. Non si tratta soltanto di uno scontro in campo degenerato, ma di un fatto che ha coinvolto un adulto, padre di un calciatore e guardalinee durante la gara, che ha finito per colpire un minorenne. La vicenda è diventata un caso nazionale, con il rischio di ripercussioni anche sul piano penale.

L’uomo ha affidato tramite la propria avvocata parole di pentimento, riconoscendo la gravità di quel gesto che ha già compromesso la sua posizione e rischia di avere ricadute pesanti anche per il figlio. Secondo la sua versione, il ragazzo sarebbe stato a sua volta vittima di aggressione, riportando una frattura all’anca con due mesi di prognosi. Ma, al di là delle ricostruzioni contrapposte, resta l’immagine di un torneo giovanile trasformato in un campo di battaglia.

Le conseguenze sono immediate: entrambe le squadre coinvolte sono state escluse dal torneo e il comitato organizzatore ha annunciato un evento dedicato al fair play, quasi a voler ricucire una ferita che rischia di lasciare cicatrici profonde. Intanto le indagini proseguono per stabilire eventuali reati a carico del padre e chiarire in modo definitivo le responsabilità dei protagonisti.

L’impressione è che il caso di Collegno abbia segnato un punto di non ritorno. Da un lato, l’esigenza di riaffermare con decisione che la violenza non può avere spazio nello sport giovanile; dall’altro, la consapevolezza che quanto accaduto racconta una deriva che non riguarda solo un singolo episodio, ma un clima sempre più esasperato a bordo campo.

Un clima che i giudici sportivi hanno scelto di affrontare con la linea dura, colpendo tanto i ragazzi quanto gli adulti coinvolti, per lanciare un messaggio chiaro: lo sport deve restare terreno di rispetto, non di aggressioni.

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