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Cronaca

Bambini assassini in fuga: Italia sconvolta dalla morte di Cecilia

Undici, dodici, tredici anni: troppo piccoli per il carcere, troppo grandi per essere innocenti. Dopo l’omicidio di Cecilia De Astis, tre minori bosniaci finiscono in comunità. Il quarto è ancora libero.

Bambini assassini in fuga: Italia sconvolta dalla morte di Cecilia

Cecilia De Astis,

Adesso i tre minori fermati si trovano in un luogo protetto, lontani dalle famiglie, in attesa che il Tribunale per i Minorenni di Milano convalidi il loro trattenimento. Con tutta probabilità li attende la comunità, un passaggio obbligato dopo la fuga improvvisa delle famiglie e il successivo intervento della magistratura. È la conseguenza diretta di quanto accaduto a Milano, nel quartiere Gratosoglio, quando a bordo di un’auto rubata, quattro ragazzini di origine bosniaca, tra gli undici e i tredici anni, hanno investito e ucciso Cecilia De Astis, una pensionata di 71 anni che stava camminando lungo via Saponaro. Un episodio che ha sconvolto la città e che, a tre giorni dall’incidente, si traduce in provvedimenti urgenti nei confronti di tre di loro, mentre il quarto ragazzino non è stato ancora rintracciato.

I piccoli responsabili erano stati individuati in tempi brevissimi dalla Polizia Locale grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza e a un dettaglio quasi grottesco: le vistose magliette dei Pokémon che indossavano quel giorno. Davanti agli agenti non hanno negato nulla, anzi, il tredicenne al volante ha provato a giustificarsi con parole disarmanti: “Funzionavano male i freni, siamo scappati perché abbiamo avuto paura.” Nelle loro roulotte malandate sono state poi trovate le stesse T-shirt e perfino la refurtiva rubata poco prima dall’auto di un turista francese, la stessa vettura con la quale, ore dopo, hanno travolto e ucciso l’anziana.

l'auto

L’inchiesta della Polizia Locale si è chiusa in fretta, anche perché i ragazzini hanno meno di 14 anni e non sono imputabili. A questo punto era attesa la decisione della magistratura minorile, ma le famiglie hanno tentato di anticiparla, allontanandosi dall’accampamento di via Selvanesco. Un allontanamento che non poteva certo passare inosservato: i “ghisa”, coordinati dal comandante Gianluca Mirabelli, li tenevano sotto costante controllo. Quando i nuclei familiari si sono mossi su due veicoli diversi, gli agenti li hanno seguiti discretamente, fino a fermarli quando era evidente che non si trattava di una semplice uscita, ma di una fuga vera e propria, probabilmente con destinazione Francia o Spagna.

I due fratelli, tra cui il tredicenne che guidava l’auto assassina, sono stati intercettati in Piemonte, a Beinasco, in un terreno agricolo dove un tempo sorgeva un campo nomadi. Sempre in Piemonte è stata rintracciata anche l’unica ragazzina del gruppo, undici anni appena, fermata lungo l’autostrada Torino-Savona all’altezza di Fossano, in direzione Ventimiglia. Viaggiava su un furgone guidato dalla nonna, mentre i genitori si trovavano in Bosnia per un lutto. Nel mezzo sono stati trovati anche gioielli e monili rubati, e la donna è stata denunciata per ricettazione.

La presa in consegna dei minori è stata resa possibile dal via libera della Procura, che ha applicato l’articolo 403 del Codice Civile, norma che consente l’allontanamento immediato dei bambini quando nell’ambiente familiare si ravvisa “grave pregiudizio e pericolo per la loro incolumità psico-fisica.” Con la fuga, i genitori non hanno fatto altro che accelerare una misura che era già stata richiesta d’urgenza, aprendo la strada al collocamento dei figli in comunità protette, con l’intervento del pronto intervento minori del Comune di Milano. Ora il passo successivo sarà l’udienza che dovrà tenersi entro quindici giorni davanti a un giudice, che ascolterà sia i ragazzi che i genitori per confermare la misura, regolare le visite e definire le modalità di un eventuale rientro. Anche il quarto bambino, una volta rintracciato, sarà destinato allo stesso percorso.

Nel giorno dei funerali di Cecilia De Astis, il figlio Filippo Di Terlizzi ha invitato tutti a riflettere con parole che pesano come macigni: “Sono dei bambini, non avevano neanche 14 anni. Non possiamo mettere sulle loro spalle tutta la responsabilità del gesto.” Un messaggio che stride con l’ira e l’indignazione di chi chiede pene esemplari, ma che sottolinea la verità di fondo: dietro quell’auto rubata e l’orrore di una vita spezzata, ci sono ragazzi che non hanno ancora la maturità per capire fino in fondo il significato delle loro azioni. Lo ha ricordato anche il parroco nell’omelia, ribadendo che “il nemico non sono i bimbi.”

Una tragedia che lascia aperte tante domande, non solo sulla sicurezza stradale e sul degrado sociale che si respira ai margini delle grandi città, ma anche sul destino di questi giovanissimi, sospesi tra un’infanzia negata e un futuro che rischia di essere segnato per sempre.

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