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Cronaca
07 Agosto 2025 - 11:03
Undici milioni di Iva evasa a fronte di oltre 52 milioni di euro di ricavi dalla vendita beni di lusso (soprattutto abbigliamento e calzature delle più note griffe della moda) e 18 titolari di esercizi deferiti all'autorità giudiziaria: è in sintesi il bilancio della complessa attività di indagine, ribattezzata "China lux", portata a termine dai funzionari del reparto antifrode dell'Ufficio delle Dogane di Perugia.
Un accertamento che, partito da una ditta del Tifernate, ha consentito di risalire a ulteriori 18 attività commerciali, tutte detenute da uomini e donne di origine cinese, situate tra Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Toscana.
Solo in Lombardia sono state individuate quattro attività che commercializzavano abbigliamento delle più note firme nazionali e internazionali, tutte intestate a cinesi risultati nullatenenti o evasori totali. Imprese risultate dei meri identificativi fiscali senza alcuna reale struttura aziendale né commerciale che potesse giustificare la movimentazione degli ingenti quantitativi di merce, ai quali i funzionari dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sono riusciti a risalire.
La frode tributaria avveniva aggirando le normative europee e nazionali in tema di imposte e tributi: le ditte finite nel mirino dei funzionari Adm – riferisce la stessa Agenzia – approfittando della normativa che consente a chi, nell'anno fiscale precedente, ha conseguito un volume di affari pari almeno al 10% costituito da cessioni unionali o extra Ue, di poter ottenere la qualifica di "esportatore abituale", si presentavano in tale illegittima veste ai fornitori, spesso presso le stesse boutique ufficiali delle più importanti Case di moda.
Qui consegnavano la "dichiarazione di intento" con cui potevano esercitare il diritto a effettuare l'acquisto in esenzione dell'Iva, imposta che non veniva versata all'Erario al momento della rivendita della merce, come pure venivano omessi i previsti adempimenti tributari e fiscali. L'analisi dei rischi e le risultanze delle banche dati di Adm, incrociate con le indagini finanziarie sui conti correnti, hanno consentito di appurare che le ingenti somme di denaro riscosse dalla vendita dei beni di lusso venivano trasferite in Cina e giustificate con fittizie operazioni commerciali.
L'attività, come detto, nasce dalle risultanze dell'analisi dei rischi operata dal reparto antifrode dell'Ufficio delle Dogane, che nel 2023 aveva consentito di individuare una ditta individuale con sede nella provincia di Perugia, nel Tifernate in particolare, in capo alla quale erano risultate gravi inadempienze fiscali e tributarie oltre che ingenti acquisti nazionali effettuati vantando appunto lo status di "esportatore abituale".
I successivi approfondimenti hanno permesso di individuare ulteriori 18 soggetti, tutti attivi nel triennio dal 2020 al 2023, che agivano sul territorio nazionale con le stesse modalità di frode riscontrate per l'operatore cinese residente in Umbria.
I titolari delle ditte individuali sono stati denunciati per i reati di omessa dichiarazione Iva, omesso versamento delle imposte e occultamento di scritture contabili. Le sanzioni emesse vanno da un minimo di circa 13 milioni a oltre 30 milioni di euro.
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