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Cronaca

È morta Alessandra Balocco, due anni dopo il padre e il fratello

Ha retto l’urto di crisi internazionali, scandali mediatici e lutti familiari. Ora il testimone passa alla nuova generazione

È morta Alessandra Balocco, due anni dopo il padre e il fratello

È morta Alessandra Balocco, due anni dopo il padre e il fratello

Non è rimasta nemmeno lei. Alessandra Balocco se n’è andata. Due anni dopo la tempesta che l’aveva investita, con la scomparsa ravvicinata del padre Aldo, storico presidente del gruppo dolciario, e del fratello Alberto, colpito da un fulmine durante un’escursione sull’Assietta, Alessandra lascia un vuoto difficile da raccontare. In quel 2022 si era trovata a reggere, in pochi mesi, il peso dell’impresa e di un doppio lutto, senza tempo per elaborare né l’uno né l’altro.

In quell’estate maledetta, aveva raccolto tutto: la responsabilità familiare e quella imprenditoriale. Aveva accettato di guidare l’azienda nel momento più delicato della sua storia, evitando di arretrare. In silenzio, senza clamori, ma con determinazione. Chi l’ha vista lavorare sa quanto fosse concreta. Parlava poco, ma con lucidità. Sapeva muoversi tra le macerie personali e i dossier aziendali, con una visione sobria e insieme lungimirante.

Alessandra Balocco con il padre Aldo e il fratello Alberto

In questi due anni ha traghettato la Balocco attraverso crisi multiple: gli strascichi della pandemia, il caro-energia, l’aumento spropositato dei prezzi delle materie prime. Niente lamenti. Ha scelto di investire, potenziare la capacità produttiva, innovare la tecnologia, restando fedele al territorio. Nessun fondo, nessuna quotazione in Borsa. Una struttura finanziaria autonoma, capace di reggere l’urto.

Ha difeso l’identità italiana dell’azienda, il legame con Fossano, le radici profonde di una famiglia che ha attraversato quasi un secolo di trasformazioni. L’orgoglio non stava nelle parole, ma nella coerenza delle scelte. Mai un accenno alla delocalizzazione. La produzione è rimasta dove è sempre stata, con la consapevolezza che certi valori non si improvvisano.

Aveva ben chiaro che fare impresa in Italia, oggi, è tutt’altro che semplice. Lo diceva spesso: più che le crisi, a preoccuparla era la mancanza di consapevolezza su quanto sia difficile resistere in questo contesto. Il suo modello non puntava sulla finanza, ma sulle persone. Sui collaboratori storici, sulla squadra, sulle giovani generazioni. Già coinvolti in azienda, Diletta e Marco, sua nipote e suo figlio, rappresentano oggi l’anello di congiunzione con il futuro.

Ha vissuto sulla pelle anche la vicenda del Pandoro-gate, l’inchiesta legata alla promozione del dolce natalizio con Chiara Ferragni. Ha sempre difeso l’operato dell’azienda, rivendicando trasparenza e correttezza. Per lei, la reputazione non era solo un valore simbolico, ma un dovere verso chi lavora ogni giorno nei reparti, negli uffici, nei magazzini. E verso i consumatori.

Credeva nella memoria. Ricordava spesso il fratello Alberto, scomparso troppo presto, e lo spirito con cui aveva contribuito a far crescere l’impresa. Un’imprenditorialità umana, concreta, che metteva al centro il rispetto, il lavoro di squadra, la capacità di ascoltare. Un’impronta che Alessandra ha portato avanti con coerenza e sobrietà, cercando una crescita non esasperata, ma sostenibile.

Ora tocca ad altri proseguire. Il solco è tracciato. Il resto sarà responsabilità della nuova generazione. Senza bisogno di proclami.

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