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29 Gennaio 2025 - 12:28
"Accusa ingiusta, non ho truffato nessuno": Ferragni a processo per il Pandoro-gate
A poco più di un anno dall'apertura delle indagini, Chiara Ferragni è stata mandata a processo per truffa aggravata: avrebbe ingannato follower e consumatori facendo credere loro che il ricavato delle vendite a un prezzo più alto di quello di mercato del pandoro natalizio e delle uova di Pasqua, con la sua griffe e con la sua sponsorizzazione, sarebbe servito per aiutare bimbi malati di tumore o ragazzi disabili. È stata una scelta ponderata per giorni quella della Procura di Milano, che oggi ha citato in giudizio l'influencer, il suo ex collaboratore Fabio Damato, Alessandra Balocco, amministratore delegato dell'azienda dolciaria piemontese, e Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia-ID.
"Credevo sinceramente che non servisse un processo per dimostrare di non aver truffato nessuno" - ha commentato l'imprenditrice e blogger - "Convivere per ancora chissà quanto con questa accusa, che ritengo del tutto ingiusta, pesa su di me e, di riflesso, sulla mia famiglia e sulle persone con cui lavoro. Sono però serena e ancor più determinata, certa che la mia innocenza verrà pienamente dimostrata".
"Farò tutto ciò che è in mio potere per far valere le mie ragioni e dimostrare la mia innocenza", insiste l'imprenditrice, affidando ad alcune storie di Instagram un lungo sfogo, dopo mesi di silenzio, sul rapporto con l'ex marito Fedez. "Sette anni di relazione - sottolinea - in cui ho amato come amo io, senza freni e con tutta me stessa".
Una storia finita nel peggiore dei modi per la donna, che sostiene di essere stata "tradita" e "presa in giro". Dell'innocenza di Chiara Ferragni, per tornare all'altra questione che l'ha "profondamente segnata", sono convinti anche i suoi difensori, Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, che a fine novembre avevano depositato una memoria circostanziata per convincere il pm Cristian Barilli e l'aggiunto Eugenio Fusco, titolari dell'inchiesta delegata al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf, a chiedere l'archiviazione: non ha commesso alcun reato, spiegavano, ha già chiuso il fronte amministrativo e ha effettuato donazioni per un totale complessivo di 3,4 milioni.
A dicembre, poi, ha raggiunto un accordo con il Codacons che, da nemico acerrimo, dopo aver ottenuto 150 euro di ristoro per ciascun consumatore da lui tutelato e un assegno di 200 mila euro per un progetto a favore delle donne vittime di violenza, ha ritirato la querela. Cosa che per i legali costituisce un difetto di procedibilità che i pubblici ministeri hanno superato contestando l'aggravante della "minorata difesa" per via dei presunti raggiri commessi su piattaforme online.
Chiara Ferragni
Un tema questo che verrà riproposto il prossimo 23 settembre, quando si aprirà, come prevede la riforma Cartabia, l'udienza predibattimentale in cui Chiara Ferragni e i suoi coimputati potranno calare un'ulteriore carta per cercare di chiudere la vicenda con un proscioglimento da parte del giudice monocratico senza passare attraverso un lungo processo su cui l'attenzione mediatica sarà di certo alta. Altrimenti si comincerà con la sfilata di testimoni, tra i quali, si legge nel decreto di citazione a giudizio, 8 consumatori che avrebbero acquistato i prodotti griffati e due rappresentanti di associazioni, l'Associazione Utenti Servizi Radiotelevisivi e Consumatori Italiani, indicati dai pm come "persone informate sui fatti", a sostegno della loro ipotesi.
Consumatori che sarebbero stati "danneggiati" con "informazioni fuorvianti", mentre per Chiara Ferragni, per entrambi i casi, ci sarebbe stato un "ingiusto profitto" di oltre 2 milioni e 200 mila euro, a cui si è aggiunto il beneficio di un "ritorno di immagine legato alla prospettata iniziativa benefica".
L'"operazione commerciale del pandoro Limited Edition", venduto a poco più di 9 euro invece che a poco più di 3, e la "correlazione tra l'acquisto del prodotto e il contributo alla raccolta di fondi a favore dell'Ospedale Regina Margherita di Torino", avrebbero indotto "in errore un numero imprecisato di acquirenti", con campagne via social e web con un "ingiusto profitto" di un milione e 75 mila euro per l'imprenditrice.
Schema non molto diverso, secondo i pubblici ministeri, quello che riguarda le uova di cioccolato al centro di una campagna biennale (2021-2022), per la quale Cerealitalia-ID ha corrisposto all'influencer 400 mila e 750 mila euro.
Della scelta della Procura, i legali di Alessandra Balocco, gli avvocati Alessandra Bono e Alessandro Pistochini, convinti "dell'innocenza" della loro assistita, a capo dell'azienda di famiglia, sono rimasti "profondamente stupiti e amareggiati", ritenendo che la vicenda non abbia "alcuna rilevanza penale".
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