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Cronaca

Ivrea, minaccia la madre per droga mentre è ai domiciliari in ospedale: 25enne finisce in carcere

Arresto di un 25enne per violenze familiari: una storia di silenzi e paure in un sistema che fatica a proteggere le vittime di maltrattamenti e dipendenze

Ivrea, minaccia la madre

Ivrea, minaccia la madre per droga mentre è ai domiciliari in ospedale: 25enne finisce in carcere

Aveva 25 anni, era già sottoposto agli arresti domiciliari per una lunga serie di episodi di violenza in famiglia, ma continuava ad aggredire medici, pazienti e soprattutto sua madre. L’ultimo intervento dei carabinieri di Cuorgnè è stato quello decisivo. Giovedì mattina, l’uomo è stato prelevato direttamente dall’ospedale di Ivrea, dove si trovava ricoverato in un reparto che avrebbe dovuto rappresentare un luogo protetto. Invece, si era trasformato in un inferno per chiunque gli fosse intorno.

La sua presenza in corsia era diventata intollerabile. Lo raccontano i numerosi interventi delle forze dell’ordine, le aggressioni verbali e fisiche al personale sanitario e ai pazienti, il comportamento sempre più irregolare, culminato in una scena in cui i militari hanno dovuto usare lo spray al peperoncino per contenerlo. A quel punto, il giudice per le indagini preliminari di Ivrea ha deciso di aggravare la misura cautelare: non più domiciliari, ma custodia in carcere.

Ma dietro ai disordini in ospedale si nascondeva una situazione familiare ancora più grave. Il 25enne è infatti accusato di maltrattamenti in famiglia ed estorsione, consumati per anni ai danni della madre. Episodi che emergono non grazie a una denuncia, ma malgrado il silenzio della vittima. La donna, come spesso accade nei casi più difficili di codice rosso, non ha mai trovato il coraggio di rivolgersi alle autorità. Anzi, ha tentato fino all’ultimo di proteggere il figlio, coprendo i suoi comportamenti, giustificandoli come frutto della tossicodipendenza.

Secondo quanto emerso dalle indagini, il giovane pretendeva soldi per la droga, minacciando la madre in modo sempre più pressante. A volte la aggrediva, altre la terrorizzava, costringendola a versargli denaro per evitare ulteriori violenze. Un’escalation silenziosa, combattuta dentro le mura di casa, nel silenzio di chi ama ma subisce. È in questi casi che la legge impone agli inquirenti di agire d’ufficio, come è stato fatto anche in questa occasione: quando i segnali sono chiari, il codice rosso scatta anche senza la denuncia esplicita della vittima.

A Ivrea questo non è un caso isolato. Anzi, la procura eporediese è ogni giorno impegnata in una lotta costante contro la violenza domestica, una delle emergenze più gravi e croniche del territorio, al pari della sicurezza sul lavoro. Solo nel trimestre che va dal 1° aprile al 30 giugno, sono 178 i casi di codice rosso registrati, con una media di oltre due procedimenti al giorno. Numeri che raccontano una realtà scomoda e durissima: donne, madri, sorelle che spesso convivono con i propri aguzzini per paura, dipendenza affettiva, solitudine.

Eppure le forze dell’ordine, così come la magistratura, si trovano a combattere a mani legate, soprattutto quando le vittime non collaborano, non parlano, e in certi casi si oppongono addirittura a ogni tipo di intervento per timore delle conseguenze familiari. Per questo motivo, nel caso del 25enne arrestato a Ivrea, non sono state rese note le generalità, per evitare di esporre la madre e tutelarne l’identità.

Il carcere, ora, segna un passaggio cruciale. Ma resta il tema di fondo: come proteggere chi non chiede aiuto, come intervenire senza che la vittima venga ulteriormente schiacciata, come rompere un circolo vizioso fatto di dipendenza, silenzi e paura. I numeri della procura parlano da soli, ma dietro ogni cifra c’è una storia: come quella di questa madre, rimasta a lungo da sola contro la tossicodipendenza del figlio, in un labirinto di violenza quotidiana.

Nel frattempo, il 25enne è in attesa di giudizio, come previsto dalla legge. Ma la vicenda resta emblematica di un sistema che, pur dotato di strumenti come il codice rosso, fatica ancora a intercettare i segnali deboli, a costruire reti di protezione efficaci, e soprattutto a intervenire in tempo, prima che l’emergenza esploda.

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