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Tragedia della Freccia Tricolore a Caselle: il pilota non è colpevole. Il birdstrike scagiona il maggiore Del Dò

La piccola Laura Origliasso, 5 anni, era morta nello schianto: il pilota non poteva evitarlo. Ora si indaga sull’aeroporto: 170 volatili sulla pista prima del decollo

Tragedia della Freccia Tricolore a Caselle: il pilota non è colpevole. Il birdstrike scagiona il maggiore Del Dò

Tragedia della Freccia Tricolore a Caselle: il pilota non è colpevole. Il birdstrike scagiona il maggiore Del Dò

Non è colpa del maggiore Oscar Del Dò se la piccola Laura Origliasso, cinque anni, è morta fra le fiamme il 16 settembre di due anni fa. Quel giorno, alle 17 in punto, l’Aermacchi MB-339 delle Frecce Tricolori, identificato come “Pony 4”, si è schiantato a terra tra Caselle e San Francesco al Campo. L’impatto ha incendiato l’auto su cui viaggiava la bimba insieme al fratellino e ai genitori. Un inferno in pochi secondi. Una famiglia distrutta.

Ora la Procura di Ivrea ha deciso: nessun processo per Del Dò. Gabriella Viglione, capo dell’ufficio, e la sostituta Valentina Bossi hanno firmato la richiesta di archiviazione dall'accusa di omicidio colposo. La ragione è chiara: l’aereo è precipitato a causa di un birdstrike, un volatile finito nel motore. La voce del pilota lo conferma: «Bird strike, ho fatto un bird strike», grida nella scatola nera. E i dati del registratore di volo parlano chiaro: temperature, giri del motore, parametri incrociati da cui emerge che il guasto non era evitabile. La prova regina, secondo il superconsulente della Procura, l’architetto Mauro Esposito.

Gabriella Viglione procuratore capo di Ivrea

Ma l’inchiesta non si ferma qui. L’archiviazione del pilota è solo un tassello. Ora le indagini guardano altrove. Chi doveva tenere lontani i volatili dalla pista di Caselle? Chi doveva garantire sicurezza prima che le Frecce si alzassero in volo?

I riflettori si accendono su Sagat, sul terminale, su chi ha titolo o competenza nello scalo. Gli atti parlano chiaro: nel pomeriggio della tragedia c’erano fino a 170 gabbiani e corvi sulla pista. C'è una relazione, nera su bianco, redatta da chi quel giorno era responsabile della dissuasione ornitologica. L’addetto intervenne, sì. Ma bastò?

I falconieri avevano lavorato fino alle 15. L’aereo è decollato due ore dopo. Dunque: due ore di vuoto, due ore in cui gli uccelli hanno potuto tornare indisturbati. È stato fatto abbastanza per evitarlo?

Nel mirino anche il distaccamento dei vigili del fuoco aeroportuali. Non tanto per i tempi di reazione – rapidi e puntuali, secondo le ricostruzioni – ma per valutare l’adeguatezza delle dotazioni, dei mezzi, del personale in caso di emergenza. Oggi come due anni fa.

«Altre indagini sono necessarie per verificare eventuali terze responsabilità», scrivono i pm. Il reato è colposo, non doloso. Ma l’obiettivo è chiaro: scoprire se si poteva fare di più per evitare quella morte. Perché la tragedia è accaduta in fase di decollo, non nel mezzo del nulla. La zona era popolata, frequentata. E ogni secondo conta.

Nel frattempo, i genitori di Laura – assistiti dall’avvocato Luigi Chiappero – hanno ancora tempo per presentare opposizione. Ma la strada verso l’archiviazione del pilota è ormai tracciata.

Resta il vuoto. Resta una famiglia spezzata. E resta una domanda, scomoda ma necessaria: chi ha davvero garantito la sicurezza di quello scalo quel giorno?

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