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Ombre sul Pd piemontese tra accuse di malversazione e clientelismo

La Procura accusa l’ex presidente del Consiglio regionale di malversazione e infedeltà patrimoniale. Sotto inchiesta anche la presidente del Consiglio comunale e l’assessore ai Grandi eventi. Il Pd si stringe attorno agli indagati, ma il M5S attacca: “Sistema marcio”. I sindacati: “Serve più vigilanza sulle cooperative”

Ombre sul Pd piemontese tra accuse di malversazione e clientelismo

Mauro Laus

Soldi pubblici incanalati, secondo l'accusa, verso interessi privati. Un sistema opaco, dove le sovvenzioni destinate alla cooperativa Rear, di cui Mauro Laus è socio, sarebbero state utilizzate – sempre secondo l’ipotesi investigativa – per autofinanziare lo stesso parlamentare, i suoi familiari e i suoi sodali politici. È questo il cuore dell’inchiesta condotta dalla Procura di Torino, che ipotizza a vario titolo i reati di malversazione e infedeltà patrimoniale. Un terremoto giudiziario che colpisce in pieno il cuore del Partito Democratico piemontese, a pochi anni dalle elezioni comunali del 2027.

Otto gli indagati complessivi. Tra questi spiccano, oltre a Laus, la presidente del Consiglio comunale di Torino Maria Grazia Grippo e l’assessore ai Grandi eventi Domenico “Mimmo” Carretta. Entrambi esponenti del Pd e, in passato, dipendenti della cooperativa finita nel mirino della magistratura. Uno scenario imbarazzante per il centrosinistra, che rischia di affondare nel fango giudiziario ancor prima di costruire la coalizione per le prossime amministrative.

laus

Su Facebook, Laus prova a minimizzare: “Ho sempre agito nel rispetto delle regole”, scrive, aggiungendo di essere fiducioso che “la chiusura dell’inchiesta mi consentirà di chiarire ogni aspetto nelle sedi opportune”. Parole prudenti, che non bastano però a frenare il fuoco incrociato della polemica politica.

Dal fronte dell’opposizione, è il capogruppo M5S in Consiglio comunale, Andrea Russi, a lanciare l'affondo più duro: “Il Pd torinese è ancora ostaggio dei burattinai e il sindaco è figlio di questa politica”, dichiarazione che suona come un invito a rompere ogni ambiguità e a marcare le distanze da quella che definisce “una casta che si autoalimenta con denaro pubblico”.

La replica del Partito Democratico arriva a stretto giro con le parole del segretario metropolitano Marcello Mazzù, che dichiara: “Siamo certi che Carretta, Grippo e Laus chiariranno ogni aspetto su quanto viene loro contestato. La conclusione delle indagini apre infatti un tempo, che si auspica il più breve possibile, in cui si potrà fare chiarezza”. Mazzù ribadisce anche “la piena fiducia nella magistratura”, cercando di disinnescare ogni tentativo di strumentalizzazione politica.

Ma è proprio su questo punto che il segretario dem prova a rilanciare, ricordando che “il Pd non ha mai cavalcato vicende giudiziarie in nessuna sede, nemmeno quando si trattava dell’amministrazione Appendino”, alludendo alle numerose inchieste che hanno toccato l’ex giunta pentastellata. “Anche in presenza di condanne definitive – sottolinea Mazzù – il Pd ha sempre saputo distinguere tra responsabilità politica e responsabilità giudiziaria, mantenendo coerenza e serietà istituzionale. E continuerà a farlo. Per questo non accettiamo questo gioco al massacro, né veti di qualsivoglia natura”.

Ma il caso Rear rischia di non essere una semplice grana passeggera. I sospetti su una presunta gestione clientelare delle risorse, con la complicità di una cooperativa inserita nel circuito degli appalti pubblici, gettano un’ombra lunga su un pezzo del sistema di potere cittadino. E non mancano i segnali di allarme anche dal mondo sindacale.

In una nota congiunta, Cgil Torino e Filcams Cgil Torino esprimono “profonda preoccupazione per la gravità delle contestazioni sollevate dalla Procura”. Le due sigle ricordano che “Rear è una cooperativa che opera principalmente nel settore degli appalti pubblici” e sottolineano l’urgenza di rafforzare i meccanismi di controllo: “Quanto emerso in questi giorni riaccende l’urgenza di rafforzare i meccanismi di vigilanza sulle cooperative e sulla gestione delle risorse pubbliche”.

Un messaggio forte e chiaro, che richiama alle proprie responsabilità anche il mondo politico, troppo spesso incline a nascondersi dietro formule di rito e dichiarazioni rassicuranti.

Se le accuse venissero confermate, la vicenda Rear si configurerebbe come uno dei casi più gravi di utilizzo distorto dei finanziamenti pubblici nel panorama piemontese recente. E l'effetto domino potrebbe rivelarsi devastante: non solo per i singoli coinvolti, ma per l’intero progetto politico di centrosinistra che – a parole – ambisce a rappresentare trasparenza, giustizia sociale e rinnovamento. Ma che, nei fatti, rischia ora di rimanere intrappolato in un déjà vu giudiziario già visto troppe volte.

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