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Cronaca
21 Luglio 2025 - 09:58
“Il Predatore dei Commercialisti”: il ladro ossessionato dal crack strappa 10mila euro in un’ora
Non ha scassinato nulla. Non ha rotto serrature, né infranto vetri. Eppure è riuscito a svaligiare due studi professionali in pieno centro a Torino, nella stessa notte, tra le 3:30 e le 4:30, senza lasciare segni di effrazione. Il ladro che terrorizza i commercialisti torinesi, oggi rinchiuso al carcere Lorusso e Cutugno, è un volto noto alle forze dell’ordine: arrestato dieci volte in due anni, viveva sotto i portici di via Nizza, in una zona segnata da degrado, microcriminalità e spaccio. Un trentenne di origine marocchina, da anni sprofondato in una spirale di dipendenza da crack e eroina, che lo ha spinto a colpire sempre più in alto, passando dalle collanine strappate ai passanti, ai furti nelle case, fino ad arrivare agli studi professionali. Dove, secondo lui, c’erano i veri soldi.
L’ultimo colpo, il più redditizio, è del 28 novembre scorso: un bottino da 10mila euro, diviso tra uno studio di architettura e uno studio di commercialisti associati in corso Massimo d’Azeglio. Entrambi all’interno di un edificio storico, silenzioso e apparentemente sicuro. Ma non abbastanza da fermarlo. I due custodi dormivano, i sistemi d’allarme hanno suonato invano per un’ora. Lui, intanto, si muoveva con calma e sicurezza, aprendo cassetti, accendendo luci, scegliendo cosa prendere e cosa lasciare.
Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso tutto. I frame raccontano una scena paradossale: il ladro entra nello studio con una pochette rossa già piena di contanti, frutto del primo furto della notte, e prima ancora di iniziare a rovistare nei cassetti, appoggia il denaro sulla scrivania e scatta una foto con il cellulare. Come a documentare, compiaciuto, il risultato della sua “notte di lavoro”.
Da lì in poi, ogni movimento è stato registrato. E proprio quei video hanno permesso ai carabinieri della stazione di San Salvario di identificarlo senza esitazioni: “barba incolta, orecchie piccole, naso pronunciato”. I militari lo conoscono bene. Lo fermano da anni. Decine di controlli, fotosegnalazioni, ritrovamenti di pipette e siringhe. È uno dei tanti volti noti del sottobosco criminale torinese. Vive per strada, tra Porta Nuova e via Nizza, in un’area descritta dagli investigatori come una “zona ad altissima densità di spaccio di droghe pesanti”.
Nel tempo, la sua escalation criminale è diventata inarrestabile. Secondo la Procura di Torino, è coinvolto in almeno quattro procedimenti penali distinti. Le accuse spaziano da furto aggravato a ricettazione, da possesso di chiavi alterate a rapina impropria, fino alla produzione e traffico di stupefacenti. Ogni arresto ha prodotto nuove condanne, alcune delle quali sono ora definitive. Per questo motivo, non è stata necessaria una nuova misura cautelare: l’uomo è già detenuto.
Eppure, nonostante la lunga lista di precedenti, il colpo del 28 novembre rappresenta un punto di svolta. Per l’organizzazione, per l’audacia e per la posta in gioco. Le prove raccolte parlano chiaro: il ladro conosceva bene la struttura dell’edificio. È riuscito a muoversi senza forzare nulla. Ha evitato ogni punto sensibile. E si è preso il tempo di scegliere con cura cosa rubare. Dai cassetti ha preso 5mila euro in marche da bollo, 1.000 euro in contanti, diversi dispositivi elettronici, ma anche oggetti curiosi: profumi e accessori, forse per rivenderli o semplicemente per uso personale.
Una delle testimonianze più utili è arrivata proprio dal titolare dello studio dei commercialisti. Sentito dai carabinieri la mattina successiva al furto, ha raccontato: “I contanti erano nella pochette rossa dentro alla scrivania della mia dipendente. Era un regalo di Natale di un cliente. Impossibile confonderla”. Quella stessa pochette, immortalata nei filmati, ha rappresentato un elemento chiave per l’identificazione.
A fare il resto è stato il lavoro meticoloso dei carabinieri, che hanno attinto al loro archivio fotografico di zona. Un grande album non ufficiale, che raccoglie le immagini dei soggetti monitorati negli anni, quelli che vivono ai margini e che spesso riempiono le cronache di microcriminalità. Tra quei volti c’era anche lui. E la comparazione non ha lasciato dubbi.
Secondo l’annotazione ufficiale dei militari, il trentenne presenta una “spiccata propensione alla commissione di reati” e un atteggiamento “aggressivo e non collaborativo” durante i controlli. Ma ciò che ha colpito di più gli investigatori è la freddezza con cui ha agito, nonostante i quattro allarmi scattati in un’ora e la possibilità concreta di essere scoperto.
Il processo inizierà in autunno. L’uomo è difeso dall’avvocata Francesca D’Urso. Nel frattempo, resta detenuto per scontare le condanne precedenti. Ma la vicenda ha aperto nuove riflessioni tra le forze dell’ordine e le associazioni di categoria. Perché un ladro solitario, esperto e disperato, è riuscito a bucare il sistema di sicurezza di due studi professionali nel cuore di Torino, con una naturalezza disarmante. E con una sola motivazione: la droga.
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