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Cronaca

Non solo la moglie, anche il cane: l’orrore di un uomo che non si è fermato davanti a nulla…

Il caso Salamone si aggrava: indagine parallela per l'uccisione del cane di famiglia aggiunge nuove accuse di maltrattamento animale

Non solo la moglie

Non solo la moglie, anche il cane: l’orrore di un uomo che non si è fermato davanti a nulla… (foto archivio)

Non si ferma l’eco giudiziaria attorno a Giovanni Salamone, l’uomo originario dell’Agrigentino condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Alessandria per l’omicidio della moglie Patrizia Russo, brutalmente assassinata nel 2022. A pochi giorni dalla lettura della sentenza, un nuovo tassello inquietante si aggiunge al già drammatico mosaico del caso: la Procura di Agrigento ha ricevuto gli atti trasmessi dai giudici piemontesi per accertare la veridicità dell’uccisione del cane di famiglia, un Dogo argentino che – secondo quanto emerso durante il processo – sarebbe stato abbattuto da Salamone prima di trasferirsi al Nord.

L’episodio, emerso in aula nel corso delle udienze, è stato riferito dal figlio della coppia, che ha raccontato sotto giuramento di aver trovato tracce evidenti del piombo che sarebbe stato usato per sopprimere l’animale. Una verità dolorosa che gli sarebbe stata confidata dalla madre, la stessa Patrizia Russo che pochi mesi dopo sarebbe stata uccisa dal marito.

La segnalazione ha suscitato l’attenzione della Corte, che ha deciso di trasmettere d’ufficio gli atti alla magistratura agrigentina, aprendo così la strada a un procedimento penale parallelo per maltrattamento e uccisione di animale, reato previsto e punito dall’articolo 544-bis del codice penale.

Non si tratta solo di un dettaglio accessorio, ma di un tassello che aggiunge ulteriore crudezza al profilo di Salamone, già condannato per un femminicidio di estrema violenza. L’eventuale conferma dell’uccisione del cane, oltre a costituire un reato a sé, rafforzerebbe l’immagine di un uomo dominato da un comportamento violento e predatorio anche nei confronti degli esseri viventi più indifesi.

Secondo gli inquirenti, il gesto potrebbe anche essere letto come un primo atto di sopraffazione, un’escalation che da un animale domestico sarebbe poi passata alla persona che con quell’animale condivideva l’affetto e la quotidianità. È un filo rosso fatto di controllo, minaccia, sopraffazione: dinamiche purtroppo ricorrenti nei contesti familiari segnati da abusi.

L’interesse della magistratura, dunque, è duplice: da un lato fare luce su una possibile ulteriore responsabilità penale; dall’altro, comprendere meglio la progressione comportamentale del condannato, oggi detenuto in regime di ergastolo ma al centro di un’inchiesta che può ancora rivelare nuovi elementi sulla sua condotta pregressa.

La notizia dell’uccisione del cane – per quanto avvenuta in un momento antecedente al delitto della moglie – ha sollevato forti reazioni anche tra le associazioni animaliste, che chiedono verità e giustizia anche per l’animale ucciso e sottolineano come troppo spesso gli atti di violenza domestica si accompagnino a episodi di maltrattamento nei confronti di animali da compagnia, utilizzati come strumenti di ricatto o semplicemente eliminati per pura crudeltà.

Nel frattempo, ad Agrigento, i magistrati si preparano ad acquisire le testimonianze, i referti, i riscontri tecnici che possano confermare l’avvenuto reato e procedere eventualmente con l’apertura formale di un nuovo processo.

Una vicenda già tragica, quella della morte di Patrizia Russo, che si arricchisce così di un nuovo orrore, apparentemente minore, ma altrettanto rivelatore di una spirale di violenza che sembrava non conoscere limiti.

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