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Cronaca

Minaccia la compagna e i suoceri: 40enne di Settimo Torinese denunciato

La Procura di Ivrea valuta una misura cautelare nei confronti dell’uomo

violenza di genere a Settimo Torinese: 40enne denunciato per atti persecutori e possesso di armi

Donne ancora vittime. La spirale non si ferma. Un'altra denuncia, un altro volto, un'altra paura. È successo a Settimo Torinese, a inizio luglio. Un banale litigio tra un uomo di 40 anni e la sua compagna degenera. Le urla si sentono fino al pianerottolo. C’è anche la famiglia di lei. Minacce a tutti. È la goccia. La ragazza prende il telefono e fa quello che troppe, ancora, non riescono a fare: chiama il 112. La linea dell’emergenza. La linea della salvezza.

Arrivano i Carabinieri della Tenenza cittadina. Due pattuglie. Raccolgono le testimonianze, le parole, gli sguardi. Prendono le generalità dell’uomo. E lì capiscono tutto: è già noto, e nemmeno poco. Su di lui pende un codice rosso, attivato in passato per violenze sulla madre. Un profilo pericoloso.

Scatta la perquisizione. A poca distanza dalla casa della vittima, i militari entrano nell’appartamento dell’uomo. Dentro, trovano un coltello a serramanico, una pistola scacciacani senza tappo rosso (quindi facilmente scambiabile per un’arma vera) e hashish. Poca droga, ma abbastanza per una segnalazione.

Parte la denuncia: atti persecutori, possesso illegale di armi bianche, segnalazione alla Prefettura per droga. Non è finita. La Procura di Ivrea apre un fascicolo. Con un precedente codice rosso attivo, il rischio è alto. Il giudice potrebbe decidere per una misura cautelare: allontanamento, divieto di avvicinamento, o arresti domiciliari. Forse anche di più.

Ma la notizia è un’altra. Ed è più grande, più pesante. Perché questo non è un caso isolato. È solo l’ennesimo.

Provvidenziale l'intervento dei carabinieri

Violenza di genere, i dati del primo trimestre 2025:
meno omicidi, ma la mattanza silenziosa continua

Le uccisioni fanno notizia, i numeri rassicurano. Ma la verità è un’altra: la violenza di genere in Italia continua a dilagare, silenziosa, quotidiana, spesso invisibile. I dati del Viminale relativi al primo trimestre del 2025 parlano di un calo degli omicidi, sì – da 26 a 17 femminicidi, ‑35% – ma non raccontano tutto. Perché dietro ogni donna uccisa ce ne sono decine, centinaia, migliaia che subiscono.

Subiscono botte, minacce, insulti, umiliazioni, ricatti. Vivono in trincea, nel proprio letto, nella propria cucina. Il calo degli omicidi è un segnale. Ma da solo non basta a dire che le cose stanno cambiando. Perché la violenza di genere non inizia con un colpo di pistola. Inizia molto prima. Inizia con “sei una troia”, con “non esci vestita così”, con “non vali niente”.

Nel primo trimestre 2025, stando a fonti giudiziarie e agli osservatori indipendenti, sono centinaia le denunce per atti persecutori, maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale. E per ogni denuncia, si stima, ce ne sono almeno cinque che non vengono mai presentate.

Molte donne hanno paura, altre non hanno mezzi per andarsene, troppe sono isolate, altre ancora pensano che sia colpa loro. È la spirale del controllo, la logica del possesso, la cultura tossica che ancora oggi giustifica l’uomo padrone.

Il Codice Rosso, la legge che dovrebbe garantire tempi rapidi e tutela immediata, spesso resta solo sulla carta. I tribunali intasati, le forze dell’ordine sotto organico, i centri antiviolenza lasciati senza fondi: la catena si spezza proprio quando dovrebbe proteggere.

E così, mentre i numeri ufficiali parlano di meno morti, aumentano i casi di donne che chiedono aiuto, ma non ricevono risposte. Troppe volte le misure cautelari arrivano tardi, troppo tardi. Il pericolo viene sottovalutato. I segnali ignorati. Le vittime lasciate sole.

Nel frattempo, cresce il numero di minorenni coinvolti nei procedimenti per violenza in famiglia. Si abbassa l’età delle vittime. E intanto nei social e nelle chat circolano video di botte, di stupro, di vendette pornografiche. La violenza evolve, si digitalizza, corre più veloce delle leggi.

Il primo trimestre 2025 ci dice questo: meno donne sono state uccise, ma la violenza sulle donne non è diminuita. È solo più subdola, più diffusa, più normalizzata. E il rischio è che ci si abitui. Che si dica “almeno non l’ha ammazzata”.

Ma fino a quando ci sarà anche una sola donna costretta a vivere nel terrore, allora la battaglia è tutt’altro che vinta.

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