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Cronaca
12 Luglio 2025 - 09:40
Morto a vent’anni. Solo, senza documenti, con i pantaloni corti e le ciabatte. Lo hanno trovato il 3 luglio scorso, in fondo a una rampa dell’ex Inps di corso Giulio Cesare, palazzo fantasma a due passi dalla tangenziale trasformato ormai in un bivacco per tossici, spacciatori, senzatetto, fantasmi della città. Ad ucciderlo è stata un’overdose di droga, come confermato dai primi accertamenti disposti dall’Asl e dal medico legale.
Il corpo era in avanzato stato di decomposizione. Era lì da tre, forse quattro giorni. Un odore nauseante aveva insospettito i residenti, che hanno chiamato la polizia. Il ragazzo era riverso a pancia in giù. Non aveva ferite evidenti. Nessun segno di violenza. Solo i suoi tatuaggi, numerosi, sulle braccia, hanno permesso di risalire alla sua identità: un giovane tunisino di vent’anni. Nei pantaloni c’era ancora il cellulare, sequestrato dagli investigatori della Squadra Mobile. All’inizio nessuna ipotesi era stata esclusa. Nemmeno quella dell’omicidio. Poi le analisi e la verità: droga. Un’overdose, probabilmente consumata proprio lì, in quel palazzo abbandonato che oggi i residenti chiamano “Tossic Park”. Non è bastato demolire un capannone per cambiare le cose. Gli spacciatori e i tossici si sono solo spostati di qualche metro, su un altro pezzo di terreno vuoto.
Morire così, nel 2025, fa ancora più male. Perché non è solo una sconfitta personale, è una resa collettiva. In Italia le morti per overdose non sono mai scomparse. Hanno avuto un picco devastante tra gli anni ’80 e ’90, nel pieno dell’epidemia di eroina: oltre 1.200 morti l’anno tra il 1987 e il 1991. Ragazzi giovanissimi, vite spezzate tra le case popolari, nei bagni dei bar, nei parchi. Poi, per un periodo, sembrava che il peggio fosse passato. L’arrivo del metadone, le politiche di riduzione del danno, il lavoro delle comunità. E invece no. Gli ultimi anni hanno visto una nuova ondata, più subdola, più trasversale. Eroina tagliata male, mix di oppiacei sintetici, benzodiazepine, metanfetamine, psicofarmaci usati come droga. Il numero di decessi per overdose in Italia oggi si aggira attorno ai 300-400 l’anno. Ma i numeri veri probabilmente sono più alti: molte morti vengono archiviate come “cause naturali”, soprattutto tra i senzatetto e gli irregolari.
E poi c’è il contesto. L’abbandono. Palazzi fatiscenti trasformati in discariche umane. Come l’ex Inps di corso Giulio Cesare. Nessuno lo bonifica, nessuno lo chiude davvero. Il degrado chiama degrado. I tossici arrivano, i pusher si piazzano, la vita scompare. E si muore. Si muore come il ragazzo tunisino, solo, in mezzo alla sporcizia, senza nessuno che se ne accorga. Si muore per una dose di troppo, per una fiala tagliata male, per una disperazione che nessuno vede. O finge di non vedere. Nel 2025 si continua a morire di overdose perché lo Stato ha abbassato la guardia. Perché parlare di droga non fa più notizia. Perché i fondi per le comunità terapeutiche sono ridotti all’osso. Perché i servizi pubblici per le dipendenze sono in sofferenza. Perché se ti chiami Giovanni forse qualcuno ti tende la mano. Ma se ti chiami Walid, e vivi sotto un ponte, muori senza che nessuno chieda nemmeno come ti chiamavi.
Il ragazzo dell’ex Inps, almeno, un nome lo aveva. E ora, almeno, una verità c’è: è morto di overdose. Ma questa verità non basta. Servono risposte. Vere. Serve bonificare i palazzi-fantasma, chiudere davvero quei buchi neri dove ci si annida per morire. Serve ascoltare chi lavora nel sociale, finanziare chi ogni giorno cerca di tirare fuori ragazzi dalla strada. Serve parlare di droga, di nuovo, senza moralismi ma con urgenza. Perché finché nel 2025 un ragazzo può morire in ciabatte, senza documenti, in fondo a una rampa, non è morto solo lui. Abbiamo perso tutti.
LA VOCE DEL CANAVESE
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