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Cronaca
06 Luglio 2025 - 11:04
Dalla fuga di gas all’omicidio: ecco la verità sul crollo di via Nizza a Torino. Chi è Giovanni Zippo?
Non era Jacopo Peretti l’obiettivo. Ma è stato lui a pagare. Con la vita. Aveva solo 33 anni e dormiva nel suo letto quando l’esplosione ha sventrato due piani della palazzina al civico 389 di via Nizza, nella notte tra domenica e lunedì. Il bersaglio, hanno accertato gli investigatori, era Madalina Ionela Hagiu, una ragazza trentenne di origine romena. Lei, quella notte, non era in casa. Forse solo per questo è viva.
A cinque giorni dallo scoppio, la Questura e la Procura di Torino hanno arrestato il responsabile: si tratta di Giovanni Zippo, guardia giurata torinese di 39 anni. Una figura già presente nelle prime ipotesi investigative, emersa dalle testimonianze e confermata dalle immagini delle telecamere di sorveglianza.
L’uomo, secondo quanto ricostruito, aveva un legame sentimentale con Madalina. Un rapporto malato, segnato dalla possessività e dalla gelosia, sfociato in un’escalation di pressioni affinché lei lasciasse il fidanzato. Quando il 23 giugno la ragazza è partita per raggiungere il compagno all’isola d’Elba, lui avrebbe iniziato a pianificare la vendetta. Una vendetta lucida, calcolata. Un modo per distruggere tutto ciò che per lei aveva un valore affettivo.
La notte tra domenica e lunedì, alle 3.10, è entrato nell’appartamento al quinto piano dove Madalina vive da sette anni. Aveva una copia delle chiavi. In mano, un sacchetto verde con dentro una bottiglia di liquido infiammabile. Sapeva che Madalina non c’era. Non voleva ucciderla, almeno così sembra emergere. Voleva spaventarla. Intimidirla. Cancellare i segni della sua vita, almeno un pezzo.
Ma qualcosa è andato storto. Dopo aver appiccato l’incendio, è stato investito da una fiammata. È fuggito, ustionato al volto e alle braccia, scendendo le scale in pochi secondi, appena prima che l’esplosione devastasse il palazzo. I residenti lo hanno visto uscire dal portone, con passo svelto, lo sguardo impaurito. Alcuni gli hanno persino chiesto perché non aspettasse i soccorsi. Lui, in silenzio, ha imboccato una traversa di via Nizza ed è scomparso.
Le indagini, condotte a tempo di record, si sono strette subito intorno a lui. Fondamentali sono state le testimonianze dei genitori, dei colleghi, ma anche la collaborazione – forse inattesa – da parte dell’ambiente vicino all’indagato. Le immagini di videosorveglianza, che lo mostrano mentre entra ed esce dal palazzo nei giorni precedenti, hanno chiuso il cerchio.
Nel frattempo, Madalina ha scelto di ritardare il rientro a Torino, previsto proprio per il pomeriggio di lunedì. Era consapevole del pericolo. Ha atteso l’arresto prima di tornare.
Il prezzo di questa storia però lo ha pagato Jacopo Peretti, il vicino di casa. Viveva nell’appartamento accanto a quello di Madalina. Dormiva nel suo letto quando l’onda d’urto l’ha investito. Le fiamme lo hanno colpito in pieno. Non ha avuto il tempo di salvarsi. È morto così, per una vendetta che non lo riguardava.
Il padre Paolo Peretti ha ammesso di essere scioccato, incapace persino di trovare parole. La madre, Marzia, ha dichiarato che la violenza non potrà mai essere amore e che nessun innocente dovrebbe morire per gli errori degli altri.
Il crollo del muro della camera di Jacopo ha travolto anche una bambina di sei anni, che dormiva nell’alloggio accanto. Sopravvissuta, insieme ai fratelli di 17 e 21 anni, per un miracolo.
Mentre la Procura contesta adesso i reati di omicidio e crollo doloso, la tragedia di via Nizza assume contorni ancora più oscuri. L’esplosione non è stata un incidente. È stata la conseguenza di un gesto deliberato, frutto di una violenza privata che ha travolto la vita di un innocente.
Giovanni Zippo
Giovanni Zippo, 40 anni, residente a Torino e di professione guardia giurata, è l’uomo arrestato ieri con l’accusa di aver provocato l’esplosione della palazzina di via Nizza, avvenuta nella notte tra il 29 e il 30 giugno. Ricoverato al CTO nel reparto grandi ustionati, è stato operato a seguito delle gravi ferite riportate nello scoppio. Era stato visto fuggire quella notte, il volto completamente sfigurato e insanguinato, ma senza fermarsi a chiedere aiuto. In quei momenti di panico e confusione, tra urla e detriti, nessuno aveva davvero capito cosa stesse accadendo. Tutti pensavano fosse un incidente. I vigili del fuoco e le forze dell’ordine erano concentrati sui soccorsi, impegnati a estrarre i feriti dalle macerie e a verificare che nessuno fosse rimasto intrappolato.
Ma le indagini erano già iniziate. Col tempo è emerso che Zippo si sarebbe introdotto nel palazzo durante la notte, con un sacchetto in mano, e avrebbe raggiunto un appartamento disabitato, da cui poi si è originato lo scoppio. Un’azione deliberata, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, che hanno chiesto e ottenuto un’ordinanza di custodia cautelare dopo aver raccolto varie testimonianze e analizzato le riprese delle telecamere di sorveglianza. Le immagini e i riscontri hanno mostrato che non era la prima volta che l’uomo entrava in quello stabile nei giorni precedenti l’esplosione. Determinante, per far scattare l’arresto, è stato anche il ritrovamento dell’innesco da parte dei pompieri: un dispositivo in grado di provocare l’esplosione che ha distrutto parte dell’edificio.
A difendere Zippo è l’avvocato Basilio Foti. Secondo le prime indiscrezioni, il gesto avrebbe avuto un movente personale: una vendetta contro una donna che vive nel palazzo, con cui aveva avuto una relazione sentimentale e che, al momento dell’esplosione, non era in casa. Un gesto che però ha avuto conseguenze tragiche. Nell’esplosione ha perso la vita Jacopo Peretti, 33 anni, originario di Mazzé. Proprio oggi, nel suo paese, è stata celebrata una messa in sua memoria, in attesa del nulla osta della Procura per lo svolgimento del funerale.
Cinque i feriti: una bambina di 6 anni, una ragazza di 19, un giovane di 24, una donna di 45 anni che abitava sullo stesso piano e un dodicenne che viveva sotto. A questi si aggiungono 45 persone evacuate, costrette a lasciare le loro case per i danni strutturali subiti dallo stabile.
La vittima, Jacopo Peretti
Un’esplosione nel cuore della notte, una palazzina sventrata, una giovane vita spezzata. Il dolore di una madre, che alla disperazione ha deciso di rispondere con parole lucide e coraggiose. È la storia di Jacopo Peretti, 33 anni, morto nell’incendio scoppiato all’alba di lunedì nel suo appartamento in fondo a via Nizza, a Torino. Ma dietro la tragedia si affaccia una verità che fa ancora più paura: quella della violenza di genere.
La prima ipotesi degli investigatori era stata quella di una fuga di gas, un tragico incidente domestico. Ma le indagini hanno virato in fretta su un’altra pista. Gli inquirenti hanno cominciato a ritenere che l’esplosione non fosse affatto accidentale, bensì il risultato di un gesto deliberato. Un atto violento, rivolto non a Jacopo, ma a una donna. E che ha travolto anche lui. Una vittima collaterale, innocente, come scrive la madre Marzia Grua nella lettera aperta che ha diffuso nella serata di ieri.
Nel suo sfogo, la donna ha raccontato che Jacopo dormiva nel suo letto quando il boato ha squarciato la quiete della notte. Ha precisato che suo figlio non era coinvolto nella vicenda: si trovava nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Ha parlato di una morte legata a un’ossessione, a un rifiuto non accettato, a un tentato femminicidio. Non ha cercato colpevoli, ma ha voluto lanciare un messaggio che andasse oltre la perdita personale. Nessuno, ha sostenuto, ha il diritto di privare un’altra persona della libertà o della vita. La violenza, ha aggiunto, non potrà mai essere chiamata amore. E nessun innocente dovrebbe pagare con la vita le scelte sbagliate degli altri.
Nel suo dolore, Marzia ha trovato la forza di pensare anche alla destinataria di quel gesto. Ha chiesto rispetto, silenzio e soprattutto verità. Per Jacopo. Ma anche per tutte le vittime della violenza. Ha scelto di non lasciarsi travolgere dal rancore, ma di trasformare il lutto in una voce che denuncia, che invita alla riflessione, che pretende giustizia.
Paolo Peretti, padre di Jacopo, ha appreso con sgomento la notizia delle reali cause dell’incendio. Nei giorni precedenti aveva chiesto pubblicamente che venisse fatta luce sulla morte del figlio. Ma dopo l’arresto dell’uomo ritenuto responsabile dell’esplosione, si è chiuso in un silenzio che dice più di mille parole. Non ha trovato la forza per un ulteriore commento.
La comunità di Mazzè, il paese canavesano dove Jacopo era cresciuto, è sconvolta. Il sindaco Marco Formia, gli amici di una vita, i compagni delle estati passate sono increduli. Jacopo non viveva più a Mazzè da anni, ma non aveva mai tagliato i ponti con le sue radici. Dopo aver frequentato il liceo Newton a Chivasso, si era trasferito a Torino per lavorare. Domenica scorsa aveva pranzato con la madre e con il nonno Severino, volto noto in paese per il suo impegno da amministratore pubblico e da presidente dell’Avis. Poi, nel pomeriggio, era rientrato nel suo appartamento all’ultimo piano della palazzina di via Nizza, non lontano da piazza Bengasi. Era appena tornato dalla Toscana per lavoro. Quella è stata la sua ultima notte.
Oggi, la chiesa parrocchiale di Mazzè accoglierà chi vorrà salutarlo. Saranno presenti gli amici di sempre, ma anche i compagni del centro estivo di Villareggia, dove Jacopo aveva prestato servizio nel 2009 come animatore. Una comunità intera si stringerà intorno alla famiglia, nel ricordo di un ragazzo che tutti descrivono come gentile, sorridente, pieno di vita. E che, per un crudele destino, ha trovato la morte nel fuoco di una violenza che non lo riguardava.
L'esplosione in via Nizza
Non è stata una fuga di gas. Non è stato un incidente. Quello che all’alba di lunedì ha distrutto quattro alloggi al quinto piano di via Nizza 389 è stato l’epilogo di una ossessione. Un amore malato, consumato nell’ombra e sfociato nella violenza. Le indagini della Polizia hanno ormai delineato un quadro chiaro: il responsabile della deflagrazione è un uomo di 39 anni, guardia giurata, identificato grazie alla testimonianza di un condomino che lo ha visto uscire insanguinato dal palazzo pochi secondi dopo l’esplosione. Un racconto confermato da altri residenti e supportato dalle immagini delle telecamere di sorveglianza.
L’uomo era legato sentimentalmente a Madalina Ionela Hagiu, 30 anni. Ossessionato dalla relazione ufficiale della donna, che nei giorni precedenti era partita per l’Isola d’Elba per raggiungere il compagno, avrebbe deciso di entrare nel suo appartamento e distruggerlo. Secondo quanto ricostruito, avrebbe cosparso l’abitazione di liquido infiammabile per poi appiccare l’incendio. Ma qualcosa è andato storto. Le fiamme lo hanno investito al volto e pochi istanti dopo l’edificio è esploso.
A pagare il prezzo più alto è stato Jacopo Peretti, 33 anni, residente nell’alloggio accanto. Era completamente estraneo alla vicenda, ma la deflagrazione non gli ha lasciato scampo. Insieme a lui, altri cinque feriti e quarantacinque persone sfollate, le cui vite sono state spazzate via in pochi secondi da un gesto folle e criminale.
Una delle vittime indirette di questa tragedia è la comunità intera che gravitava intorno a quel palazzo. La scuola elementare Umberto I, a pochi passi dallo stabile, è stata trasformata dalla Protezione Civile in un centro di accoglienza per dieci persone appartenenti a quattro famiglie. Gli altri residenti hanno trovato rifugio da amici e parenti. Ma tra chi ha perso la casa non c'è solo sgomento: serpeggia anche la rabbia, la paura, l’inquietudine per il futuro. Molti temono che il rientro nei propri alloggi non avverrà prima di un anno, se tutto andrà bene. Il tetto, completamente distrutto dallo scoppio, è il primo ostacolo. Al primo temporale, l’acqua invaderà scale, androni, e piani alti, rendendo ancora più difficile qualsiasi intervento. E intanto, chi è riuscito a rientrare nelle case meno danneggiate è senza gas: per cucinare, la Protezione Civile distribuisce pasti pronti.
A rendere ancora più pesante l’atmosfera, le parole amare del padre della vittima, Paolo Peretti, che ha appreso il cambio di rotta degli inquirenti — inizialmente si pensava a una fuga di gas — con dolore e sconcerto. I familiari di Jacopo, devastati, hanno affisso dei volantini sulle transenne che delimitano il cantiere, per ringraziare chi ha espresso vicinanza e solidarietà. Alcuni cittadini hanno deposto fiori sulle barriere metalliche, un piccolo gesto in una tragedia che ha travolto tutti.
La famiglia Peretti ha affidato la propria rappresentanza legale all’avvocato Lorenzo Bianco, su iniziativa della madre Marzia Grua e del nonno materno Severino. Una Messa di commemorazione è stata organizzata per le ore 10 di questa mattina, nella chiesa parrocchiale di Mazzè, paese d’origine di Jacopo. La data del funerale resta sospesa in attesa delle decisioni della Procura.
E mentre il palazzo resta sotto sequestro, sfollati, operai e soccorritori continuano a muoversi tra le macerie di una storia di ordinaria follia. Una vicenda che non ha ancora detto tutto e che lascia aperte ferite profonde. Anche perché chi abitava lì, adesso, deve fare i conti con l’incubo di un rientro impossibile e con la consapevolezza che, questa volta, la tragedia non ha bussato alla porta: è entrata con il fuoco.
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