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Cronaca
05 Luglio 2025 - 17:44
Jacopo, di Mazzè
“Potevamo morire tutti.” Non è un’iperbole, ma il racconto straziato di chi è riuscito a fuggire in ciabatte da via Nizza 389 nella notte tra domenica 29 e lunedì 30 giugno. Alle 3.10 un’esplosione ha squarciato il silenzio e i muri di un condominio al Lingotto, nella periferia sud di Torino. Ora, a meno di una settimana dalla tragedia, arriva la conferma che cambia tutto: non si è trattato di un incidente. La Procura di Torino ha abbandonato la pista della fuga di gas accidentale. Il fascicolo d’indagine passa da colposo a doloso. Qualcuno, insomma, avrebbe innescato volontariamente lo scoppio.
A perdere la vita è stato Jacopo Peretti, 35 anni, originario di Mazzè, tifosissimo del Toro. Il suo corpo carbonizzato è stato trovato nell’alloggio accanto alla mansarda da cui si sospetta possa essere partito tutto. Ma secondo gli investigatori non era lui l’obiettivo dell’azione criminale. Era lì, nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Una vittima collaterale di un gesto folle.
La svolta investigativa è arrivata dopo i primi accertamenti tecnici affidati ai Vigili del Fuoco: sarebbero emerse tracce di un possibile innesco nel punto dell’esplosione. Gli inquirenti mantengono il riserbo, ma il cambio di impostazione è netto. A coordinare l’indagine sono il procuratore capo Giovanni Bombardieri e il sostituto procuratore Chiara Canepa, con le operazioni affidate agli agenti della Squadra Mobile di Torino.
L'esplosione ha provocato il crollo del tetto e devastato almeno quattro appartamenti. Una quarantina di persone sono rimaste senza casa. Cinque i feriti, tra cui due bambini: una bimba di sei anni, dimessa il giorno dopo, e un ragazzo di dodici anni che resta ricoverato al Regina Margherita in condizioni gravi, con ustioni sul 30% del corpo. Tre adulti sono stati dimessi con prognosi variabili dai 7 ai 21 giorni.
L’appartamento sospettato come possibile epicentro dell’esplosione si trova al quinto piano. Lì abita da sette anni Madalina Ionela Hagiu, 30 anni, che al momento dello scoppio si trovava all’Isola d’Elba dal fidanzato. Ha dichiarato agli investigatori che l’impianto era in regola, non usava bombole, e prima di partire aveva chiuso acqua e gas.
Nel frattempo, i Vigili del Fuoco proseguono le operazioni di messa in sicurezza per consentire agli inquilini dei piani inferiori di rientrare nelle abitazioni. Ma le crepe nell’edificio non sono solo materiali: in via Nizza 389 si è sfiorata una strage. Solo per una serie di coincidenze e una fortuna amara non ci sono stati più morti. Le immagini di quella notte parlano da sole: lingue di fuoco, muri sventrati, famiglie in lacrime e bambini in braccio ai soccorritori.
Le indagini vanno avanti in silenzio. La polizia sta raccogliendo testimonianze, analizzando video di sorveglianza e cercando di risalire a chi potrebbe aver voluto colpire. La sensazione, pesante come una colata di cemento, è che qualcuno volesse colpire un bersaglio preciso, senza curarsi dei danni collaterali.
Nel frattempo, la città prova a reagire. Il Comune di Torino ha predisposto un centro di accoglienza presso la scuola Re Umberto I per assistere gli sfollati. La Fondazione Specchio dei Tempi ha avviato una raccolta fondi e ha già superato i 6.000 euro per aiutare chi ha perso tutto. Ma nessun aiuto potrà restituire alla madre di Jacopo suo figlio. Nessun gesto potrà spiegare l’orrore di una notte in cui il cuore del Lingotto è esploso per mano di qualcuno.
Una domanda rimbomba da via Nizza a tutta Torino: chi ha acceso la miccia? E perché?
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