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Cronaca

Corpo decapitato: dopo 17 anni è stata ritrovata la testa

Mustafa fu strangolato e decapitato: verità riemerge dopo 17 anni di silenzio

Corpo decapitato

Corpo decapitato: dopo 17 anni è stata ritrovata la testa

C’erano voluti nove giorni perché il corpo di Mustafa Sahin fosse ritrovato. Ma ci sono voluti diciassette anni perché qualcuno ne pronunciasse il nome. Era il marzo del 2008 quando, sul passo del Brennero, venne scoperto un sacco della spazzatura con dentro un cadavere senza testa. Il corpo, maschile, era in avanzato stato di decomposizione. Nessun documento, nessun volto. Un mistero muto, incastrato tra neve, silenzio e indifferenza. Nessuno, all’epoca, riuscì a risalire all’identità della vittima. Il fascicolo rimase aperto per anni, classificato come omicidio, ma senza imputato e senza nome.

La svolta arriva nel 2024, quando Alfonso Porpora, sessantenne già in carcere in Germania per due omicidi commessi nel 2014 e nel 2018, confessa spontaneamente l’omicidio di un uomo avvenuto nel garage di casa a Sontheim an der Brenz, piccolo paese tedesco del Baden-Württemberg. Quell’uomo era il marito della figlia, Mustafa Sahin, ucciso per strangolamento e poi decapitato. La polizia tedesca collega la sua confessione al cadavere trovato nel 2008 in Alto Adige, e si mette in contatto con la Procura di Bolzano. Gli inquirenti italiani riaprono il caso e riesaminano i reperti. Grazie al confronto del DNA, e alla testimonianza della moglie di Mustafa, oggi ex moglie e figlia dello stesso Porpora, l’identità viene confermata: quel corpo senza testa era proprio il suo.

Le motivazioni del delitto restano in gran parte oscure, anche perché Porpora non ha mai chiarito i dettagli della decapitazione né il reale movente. L’unico fatto certo è che quell’omicidio fu l’inizio di una catena di sangue. La figlia ha raccontato che il padre costrinse Mustafa a sposarla, minacciandolo con una pistola e obbligandolo a firmare i documenti di matrimonio. Un'unione nata sotto ricatto e violenza, che in breve tempo si trasformerà in trappola. Dopo averlo ucciso, Porpora decise di disfarsi del corpo. Interrogato, aveva affermato di averlo abbandonato tra Roma e Napoli, cercando di depistare le indagini. Invece lo aveva lasciato tra le montagne innevate del confine, a quasi mille chilometri di distanza. Nessuno si accorse di nulla. Nessuno lo collegò a lui.

Ma quella di Mustafa non fu l’unica vittima. Porpora, infatti, nel 2014 strangolò anche Marco, il secondo compagno della figlia. Un omicidio studiato e realizzato in famiglia. A partecipare furono anche i due figli maschi, Giovanni e Giacomo, che dopo una cena trattennero la vittima e lo soffocarono insieme al padre. Poi, con metodo agghiacciante, conservarono il corpo in un congelatore domestico, per disfarsene solo giorni dopo in un bosco della provincia di Enna, in Sicilia. Il delitto, emerso nel tempo grazie a intercettazioni e confessioni, portò alla condanna anche dei figli: 15 anni per Giovanni, 9 per Giacomo. Il padre, ancora una volta, sfiorava l’ergastolo.

Nel 2018 Porpora tornò a uccidere. La vittima fu un uomo di 59 anni, legato alla famiglia tramite un contratto di affitto. Nessun legame affettivo, solo interessi economici. Anche in questo caso il delitto fu violento e freddo, indice di una personalità capace di ricorrere alla violenza per regolare questioni familiari, sentimentali o materiali, senza alcun limite morale.

Con la confessione del 2024 e il riconoscimento del corpo, il caso Sahin si chiude, almeno sul piano giudiziario. Ma lascia dietro di sé una scia di domande irrisolte: perché la decapitazione? Che ruolo aveva la figlia in tutto questo? Come ha potuto una famiglia trasformarsi in una cellula di morte organizzata? Oggi Porpora è in carcere in Germania, dove sta scontando l’ergastolo per i due omicidi successivi. Non verrà estradato in Italia, ma il procedimento legato alla morte di Mustafa resta comunque un tassello fondamentale per ricostruire la sua storia criminale e familiare.

La testa di Mustafa non è mai stata trovata. Ma il nome, finalmente, è stato restituito. Dopo 17 anni di anonimato, la verità ha un volto, anche se mutilato. E la giustizia ha finalmente un colpevole, che già da tempo aveva rivelato di essere un serial killer sotto le sembianze di un padre di famiglia.

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