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Cronaca
01 Luglio 2025 - 15:42
Assolto, l'omicidio resta senza colpevole: uomo condannato a 12 anni, ora è libero
Un colpo di scena ha chiuso ieri a Torino il processo d’appello sull’omicidio di Zrhaida Mouchine, 32enne di origine marocchina, ucciso a colpi di pistola il 24 luglio 2022 nel cortile del condominio dove viveva a Tronzano Vercellese. La Corte d’Assise d’Appello ha infatti assolto Vincenzo Pasquino, 68 anni, ribaltando la condanna a 12 anni di carcere inflitta in primo grado. A cambiare le sorti del processo è stato un nuovo accertamento tecnico condotto da un esperto del Ris dei carabinieri, che ha ritenuto valide le obiezioni della difesa, smontando uno dei principali elementi d’accusa: la presenza di polvere da sparo sulla maglietta dell’imputato.
Il caso aveva suscitato forte scalpore nel Vercellese. La vittima, secondo la ricostruzione della procura, sarebbe stata uccisa per questioni legate a tensioni tra vicini. Il principale sospettato, Bruno Nicandro, residente nel medesimo stabile e vicino di casa di Mouchine, era stato individuato come esecutore materiale del delitto. Ma Nicandro è deceduto prima della conclusione del processo, lasciando sul banco degli imputati il solo Pasquino, amico di lunga data dell’uomo e accusato di concorso in omicidio per averlo presumibilmente accompagnato sulla scena del crimine e aiutato nella fuga.
Le indagini si erano concentrate fin da subito su Pasquino: la sua maglietta era risultata contaminata da residui di polvere da sparo, e secondo gli inquirenti questo rappresentava una prova schiacciante. Tuttavia, la difesa, affidata all’avvocato Antonio Mencobello, ha saputo minare alle fondamenta questa certezza, sollevando perplessità sulla compatibilità tra i residui sulla maglietta e lo stato del veicolo con cui Pasquino si sarebbe allontanato dal luogo del delitto. L’auto, infatti, era sorprendentemente pulita.
«È evidente – ha sottolineato Mencobello – che la contaminazione della maglietta non può essere avvenuta durante l’omicidio. Quando saranno depositate le motivazioni della sentenza potremo conoscere il ragionamento dei giudici, ma è chiaro che gli elementi scientifici su cui si era fondata l’accusa erano deboli». Lo specialista del Ris chiamato a una nuova consulenza ha confermato la non compatibilità tra i residui e il presunto utilizzo dell’auto, dando peso alla tesi della difesa.
Zrhaida Mouchine era un lavoratore regolare, benvoluto dai vicini e attivo nella piccola comunità di Tronzano. Il suo omicidio aveva colpito profondamente la zona al confine col Canavese, dove la presenza di cittadini marocchini è consistente e ben integrata. La sera dell’omicidio, sei colpi erano stati esplosi nel cortile del condominio, lasciando il trentaduenne esanime sul selciato. Un delitto efferato, avvenuto a pochi metri dagli ingressi delle abitazioni, sotto gli occhi increduli dei residenti.
Con l’assoluzione di Pasquino e la morte del coimputato, il caso sembra destinato a chiudersi senza colpevoli. Resta il peso dell’impunità e il senso di giustizia mancata per i familiari della vittima, che avevano accolto la condanna di primo grado come un primo passo verso la verità. La Corte, tuttavia, ha stabilito che gli elementi a carico di Pasquino non erano sufficienti per confermare la sua responsabilità penale.
In attesa delle motivazioni della sentenza, resta il sospetto che il caso di Tronzano – un’esecuzione a sangue freddo in una tranquilla palazzina di provincia – rimarrà uno dei tanti misteri irrisolti del Piemonte recente. Un contesto, quello dei conflitti di vicinato, che purtroppo continua a rappresentare una miccia per episodi violenti. E che, come in questa vicenda, finisce per lasciare dietro di sé dolore e interrogativi senza risposte.
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