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Cronaca
27 Giugno 2025 - 10:06
Soldi per Oxford, finiti in cripto: condannato lo studente che truffò la sua benefattrice
Avrebbe dovuto studiare a Oxford. O forse a Yale. Forse Cambridge. Di certo, nessuna di queste strade è mai stata davvero percorsa. I 120mila euro donati da una medico in pensione torinese, settantenne, sono finiti invece nelle criptovalute. E con loro si è consumata una vicenda di fiducia spezzata, minacce, accuse e dolore, culminata ieri con una condanna a un anno e otto mesi per truffa e stalking. Pena sospesa, ma con strascichi emotivi pesanti.
L’imputato è un 26enne di origine africana, descritto dalla parte offesa come un ragazzo in cui aveva creduto profondamente. Lo considerava «come un figlio», tanto da aprirgli le porte di casa e del proprio conto bancario. I 120mila euro, affidati senza vincoli rigidi ma con un’intesa chiara, dovevano servire a garantirgli un futuro accademico in una delle università più prestigiose del mondo. Invece, come ha poi scoperto la Guardia di Finanza, il denaro fu immediatamente trasferito dal suo conto e convertito in cripto-attività di cui oggi non si ha alcuna tracciabilità.
Quando la relazione tra i due ha iniziato a deteriorarsi, il quadro è precipitato. Minacce, aggressioni verbali, offese continue. Tanto da rendere necessaria una misura di divieto di avvicinamento, che però è decaduta con la sentenza, trattandosi di una condanna non definitiva e con pena sospesa. E proprio questo passaggio ha turbato profondamente la pensionata, che all’uscita dall’aula ha dichiarato, con voce rotta: «Ho paura, è così che poi vengono uccise le donne».
La donna, parte civile nel processo con l’avvocato Claudio Strata, è apparsa visibilmente scossa. Nonostante la vicenda non sia degenerata in violenza fisica, il timore psicologico rimane. L’uomo ha mostrato, anche in tribunale, un atteggiamento giudicato esuberante e poco rispettoso, tanto da essere stato invitato ad allontanarsi durante una delle udienze per l’eccessiva irruenza verbale.
L’abitazione al centro di Torino, anch’essa messa a disposizione dal medico, era diventata un altro nodo del conflitto. Il giovane non voleva più lasciare l’appartamento, tanto da rendere necessario l’intervento delle forze dell’ordine. L’ultimo scivolone è avvenuto proprio in aula, quando ha tentato di capovolgere il racconto, insinuando che la donna gli avrebbe chiesto «momenti di intimità» a cui lui, fidanzato e credente, non avrebbe potuto acconsentire. Un’affermazione che ha provocato sgomento tra le presenti e che il legale di parte civile ha definito «totalmente falsa», spiegando che «le lettere scambiate tra i due parlavano esclusivamente dell’uso del denaro».
Nessun documento è stato presentato per dimostrare che l’investimento in criptovalute sia stato reale, produttivo o anche solo esistente. Non un saldo, non una schermata, non un contratto. La somma resta a oggi completamente volatilizzata, mentre l’ex studente dovrà restituirla per intero. Il giudice ha ritenuto che le condotte poste in essere — l’uso distorto del denaro, le pressioni, le offese — integrassero in pieno il reato di truffa aggravata e atti persecutori.
Il processo si è chiuso, ma la storia no. Per la donna, che ha creduto di offrire un’opportunità, resta l’amarezza di un gesto generoso trasformato in paura. Per il giovane, un giudizio che, seppur sospeso, potrebbe segnare un punto fermo nella sua vita. Almeno si spera.
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