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Cronaca

Pesce d’oro e soldi fantasma: sequestrati 9 milioni a gruppo ittico sotto inchiesta

Operazione "Big Fish": scoperti 9,2 milioni di frodi fiscali e autoriciclaggio dietro l'impresa di pesce nel Torinese, beni sequestrati e indagini in corso.

 Pesce d’oro e soldi fantasma

Pesce d’oro e soldi fantasma: sequestrati 9 milioni a gruppo ittico sotto inchiesta

La Guardia di Finanza di Torino ha stretto la rete su un’organizzazione che, dietro la facciata di un’impresa per la fornitura di pesce alla ristorazione etnica, avrebbe orchestrato un sistema di frodi fiscali e autoriciclaggio per oltre 9,2 milioni di euro. L’operazione, battezzata “Big Fish”, ha portato al sequestro preventivo di beni e denaro riconducibili a quattro cittadini di nazionalità cinese, tutti attivi nel commercio all’ingrosso di prodotti alimentari, in particolare ittici destinati a ristoranti cinesi e giapponesi del Torinese.

Le indagini, avviate nel 2023 dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Torino, hanno avuto origine da un controllo fiscale su una ditta individuale formalmente intestata a un prestanome. Dietro quella facciata si nascondeva in realtà un meccanismo ben più sofisticato: secondo la Procura di Torino, la società era stata costruita ad arte per far ricadere su un soggetto fittizio gli obblighi tributari legati a un’altra società di capitali, sempre attiva nello stesso comparto e riconducibile agli stessi soggetti.

L’operazione, coordinata dal pubblico ministero e avallata dal GIP del Tribunale di Torino, ha permesso di tracciare i flussi finanziari che, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero garantito agli indagati un ampio margine di evasione fiscale. Al centro del sistema ci sarebbe stato anche un contratto fittizio di affitto d’azienda, utilizzato per mascherare il vero controllo delle attività. L’evasione contestata copre gli anni dal 2019 al 2023 e si concentra soprattutto sull’omessa dichiarazione dei redditi e sull’IVA non versata.

Guardia di Finanza

Oltre alla componente fiscale, le fiamme gialle hanno ricostruito operazioni di autoriciclaggio: i proventi illeciti sarebbero stati reinvestiti in altre attività economiche, anche all’estero, in particolare in Ungheria e Cina. Queste operazioni, secondo gli inquirenti, avrebbero avuto lo scopo di ripulire e occultare il denaro proveniente dall’evasione, rendendolo più difficile da rintracciare.

L’importo sequestrato, pari al risparmio fiscale ottenuto con lo schema fraudolento, è stato bloccato anche per equivalente, includendo quindi non solo le somme direttamente riconducibili ai reati, ma anche altri beni mobili e immobili nella disponibilità degli indagati. Durante le perquisizioni, i militari hanno anche sequestrato documentazione probatoria, utile a consolidare il quadro indiziario e a chiarire ulteriormente il ruolo di ciascun soggetto coinvolto.

Va ricordato che i provvedimenti sono stati assunti in fase di indagini preliminari e che, come stabilito dalla legge, vige la presunzione d’innocenza fino a eventuale condanna definitiva.

Nel frattempo, l’attività investigativa prosegue per accertare la piena estensione del danno erariale e per individuare eventuali complici o reti commerciali coinvolte nel circuito di reinvestimento. Il settore delle forniture per la ristorazione etnica – spesso frammentato e poco regolamentato – si conferma così un terreno fertile per operazioni opache, su cui le autorità torinesi stanno tenendo alta l’attenzione.

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