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Cronaca

Detenuto soffocato nel carcere di Torino, inutili i soccorsi

Soffocato in carcere: la morte di un detenuto riaccende il dibattito sulle condizioni nelle prigioni italiane e le carenze del sistema sanitario penitenziario

Detenuto soffocato

Detenuto soffocato nel carcere di Torino, inutili i soccorsi

Una morte improvvisa, silenziosa e drammatica, ha spezzato la vita di un detenuto nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino. L’uomo, 56 anni, italiano, è deceduto soffocato mentre pranzava nella sua cella, nel padiglione A, sotto gli occhi attoniti degli agenti di polizia penitenziaria e del personale sanitario, che hanno provato disperatamente a salvarlo. Ogni tentativo, però, si è rivelato inutile: per l’uomo non c’è stato nulla da fare.

Secondo una prima ricostruzione, ancora in fase di verifica, il detenuto sarebbe stato vittima di una grave ostruzione delle vie respiratorie provocata da un pezzo di cibo ingerito durante il pasto. L’intervento dei soccorsi è stato rapido: appena l’uomo ha mostrato segni di sofferenza, è scattato l’allarme. Gli agenti e poi il personale sanitario sono accorsi nella cella, cercando di liberargli le vie aeree e di rianimarlo, ma il tempo si è rivelato nemico. Quando è arrivato il medico, il decesso era già avvenuto.

La notizia ha fatto il giro del penitenziario, suscitando sgomento tra i detenuti e tra il personale, già provato da una quotidianità spesso sotto pressione. La direzione del carcere ha disposto un'indagine interna per ricostruire con esattezza i fatti. Sarà l’autopsia, disposta dalla Procura, a chiarire se la morte sia stata causata esclusivamente da un soffocamento meccanico o se abbiano concorso anche altre condizioni cliniche pregresse.

Episodi di soffocamento da cibo, purtroppo, non sono così rari nei contesti carcerari, dove lo stress, le patologie psichiatriche, le condizioni di isolamento o semplicemente la solitudine possono incidere anche sulle dinamiche più quotidiane. Alcuni detenuti, specie se affetti da disagi mentali o fragilità psicofisiche, possono presentare difficoltà anche nell’alimentazione. Inoltre, l’assenza di un sistema di sorveglianza sanitaria continua rende più difficile prevenire simili tragedie.

Questo ennesimo dramma solleva ancora una volta interrogativi sulle condizioni di vita nelle carceri italiane, sulla presenza e sull’efficacia del servizio sanitario all’interno degli istituti penitenziari. Il carcere torinese di Lorusso e Cutugno, in particolare, da anni è al centro di un dibattito su sovraffollamento, carenza di personale e pressione costante sugli operatori. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, a inizio 2025 il carcere ospitava circa 1.400 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di poco più di 1.000 posti.

In Piemonte, e in particolare a Torino, la situazione carceraria è più volte finita sotto i riflettori anche per il numero crescente di decessi in cella. Nel solo 2024, tra suicidi e cause naturali, si sono registrati numerosi episodi critici che hanno riacceso il dibattito politico sul tema del diritto alla salute dietro le sbarre. La Garante regionale dei detenuti ha più volte denunciato la mancanza di supporto psicologico e la difficoltà di accesso a cure tempestive per i reclusi più fragili.

La morte del 56enne riapre dunque una ferita mai chiusa. Non solo per la tragicità dell’evento in sé, ma per quello che rappresenta: un sistema che spesso non riesce a garantire i diritti fondamentali anche in situazioni banali come un pasto. Un decesso per soffocamento, in una struttura controllata, con personale presente, dovrebbe essere un evento eccezionale. E invece, per molti, è il segno di una macchina che fatica a rispondere in modo umano ed efficace alle necessità quotidiane.

La famiglia dell’uomo, che verrà avvisata dalle autorità, potrebbe decidere di chiedere accertamenti più approfonditi. Nel frattempo, le associazioni che si occupano dei diritti dei detenuti tornano a chiedere a gran voce un potenziamento dell’assistenza sanitaria carceraria e maggiori tutele per chi vive dietro le sbarre. Perché anche chi sta scontando una pena ha diritto a non morire in silenzio, solo, soffocato da un boccone che nessuno ha potuto aiutarlo a espellere.

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