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24 Giugno 2025 - 21:55
Elisabetta Piccoli
Di cosa si parlerà — e anche a lungo — nel corso del Consiglio comunale convocato per il 30 giugno a Ivrea?
Del nuovo supermercato Tigros in costruzione in corso Vercelli, proprio lì dove un tempo sorgeva la palazzina dell’ex Enel. Le opposizioni arriveranno agguerrite, pronte a sollevare una questione che, a loro dire, non è solo urbanistica o commerciale, ma politica, etica e profondamente simbolica.
L’interpellanza generale già depositata — prima firmataria la consigliera Elisabetta Piccoli, a ruota Paolo Noascone e Tony Cuomo della Lista Civica Sertoli Sindaco, Massimiliano De Stefano di Azione Italia Viva e Andrea Cantoni e Marzia Alessandra Vinciguerra di Fratelli d’Italia — si trasformerà con ogni probabilità in una resa dei conti pubblica.
Perché nel progetto che ha permesso la costruzione di un Tigros a pochi passi dall’Anfiteatro romano, nel cuore di un quartiere popolare come San Lorenzo, l’opposizione vede l’esempio perfetto di una politica che ha scelto di agire nel buio, senza confronto e senza trasparenza.
Ad aprire il fuoco sarà Elisabetta Piccoli, con parole durissime: “Il vecchio PRG non prevedeva la parte commerciale. Il PRG nuovo non poteva non prevedere il commercio e la Regione ci avrebbe bocciato il PRG. Gli strumenti per bloccare c’erano….”.
Ma la consigliera non si limiterà a mettere in discussione la legittimità dell’intervento: ne contesterà anche il senso, l’estetica, il metodo e la visione.
E sarà un’accusa non solo all’amministrazione guidata dal sindaco Matteo Chiantore, ma anche a una certa idea di potere, che in campagna elettorale predicava apertura e partecipazione e oggi — secondo le minoranze — si chiude in un silenzio che diventa imposizione.
La verità dell’Opposizione è che mentre i lavori per la costruzione del supermercato proseguono spediti, le carte raccontano un’altra storia: quella di un iter approvato contro il parere dell’Ufficio tecnico comunale, che ben due volte aveva espresso la propria contrarietà al progetto. I funzionari evidenziavano la totale mancanza di inserimento del manufatto nel contesto urbano e storico, rilevando come l’opera fosse non solo inadatta dal punto di vista paesaggistico, ma anche incoerente con gli obiettivi del Piano Regolatore, specie in un ambito — quello del recupero dell’area ex Enel — che avrebbe richiesto una rigenerazione sostenibile e integrata.
“Il rendering allegato alla domanda di costruzione - sottolinea Elisabetta Piccoli - mostrava già con chiarezza l’impatto devastante dell’intervento: un muro di cemento rosso alto 10 metri e lungo 50 affacciato su via De Gasperi, definito da molti residenti come “il muro della vergogna”. Una struttura che, per il suo aspetto, è stata paragonata a un carcere. Un edificio percepito come ostile e intrusivo, che invece di migliorare l’estetica del quartiere l’ha ulteriormente impoverita, sostituendo un fabbricato pubblico — per quanto fatiscente — con un’architettura che molti definiscono brutalista e fuori scala. Non si tratta solo di una questione di gusto….”.
Ma il problema, stando all’interpellanza, è più profondo perchè si sarebbe operato senza consultare nessuno, né i cittadini, né il Consiglio, né le commissioni competenti.
Il PEC (Piano Esecutivo Convenzionato) - commenta Piccoli - unico strumento urbanistico a disposizione per procedere in un’area come quella dell’ex Enel, avrebbe dovuto essere pubblicato per legge e reso accessibile a chiunque volesse presentare osservazioni. Ma questo passaggio, fondamentale per garantire la partecipazione democratica, secondo i firmatari dell’interpellanza non è mai avvenuto…”
Eppure, tutto questo non ha impedito all’Amministrazione di andare avanti. L’atto è stato approvato direttamente, e il parere negativo dell’Ufficio tecnico è stato superato con una determinazione del Segretario comunale, giustificata — dicono le minoranze — con la motivazione che altrimenti la società proponente, la Flecchia Srl, avrebbe potuto ricorrere al TAR. Una giustificazione che le opposizioni definiscono inaccettabile, anche perché — come spiega ancora Piccoli — “C’era un problema. Valutiamolo. Abbiamo sentito un legale? Fateci vedere il parere legale. Avete fatto una valutazione fatta bene? La possiamo condividere. La verità è che hanno deturpato la città”.
Sullo sfondo rimane una domanda che ormai rimbalza da settimane in città: Ivrea ha davvero bisogno di un altro supermercato? In un raggio di appena tre chilometri, si contano già nove punti vendita della grande distribuzione. Il nuovo Tigros si aggiungerà a questa lista, rischiando di peggiorare ulteriormente le condizioni del piccolo commercio e contribuendo a quella che molti definiscono una “saturazione commerciale” priva di logica. In più, in un momento in cui il Comune lamenta mancanza di risorse, l’Amministrazione ha deciso di permettere che anche la parte di oneri legata al costo di costruzione venga scomputata, con l’impegno — ancora tutto da verificare — che il privato realizzi alcune opere pubbliche. Ma quali siano queste opere, e come verranno controllate, resta un mistero. Anche su questo, le opposizioni promettono battaglia.
Lunedì sera, in consiglio, si parlerà dunque di un supermercato. Ma sarà solo il pretesto per un confronto più ampio: su come si prendono le decisioni in questa città, su chi le prende, e su quanto si ascolta davvero la voce dei cittadini. E mentre i bulldozer scavano e i muri del Tigros crescono, c’è chi si chiede se non fosse stato possibile fare altro. Scegliere meglio. Fermarsi, almeno un momento, a pensare.
“Quel supermercato - insiste Piccoli - Non è adatto a quel che c’è intorno e invece hanno approvato con l’unico strumento possibile… Non hanno mai condiviso questa cosa con l’Opposizione. Altro che Casa di vetro, come diceva l’attuale assessore Francesco Comotto quando sedeva tra i banchi dell’opposizione. Questo non convoca mai nulla”.
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