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Cronaca
12 Giugno 2025 - 10:22
Asilo degli orrori in Piemonte: due maestre sospese per maltrattamenti su minori (foto di repertorio)
C’è un asilo degli orrori nel cuore di Asti, e a squarciare il velo su ciò che accadeva quotidianamente tra le mura della scuola dell’infanzia paritaria L’Albero dei Ragazzi sono stati i video delle telecamere nascoste installate dai Carabinieri. Un’inchiesta che getta un’ombra pesante su un luogo che avrebbe dovuto essere rifugio e protezione per bambini dai tre ai sei anni, ma che si è trasformato — secondo gli inquirenti — in un ambiente di violenza, umiliazione e paura. Non si tratta, peraltro, di un caso isolato né di un episodio privo di precedenti.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti ha disposto per due educatrici una misura cautelare di interdizione dall’insegnamento in tutte le scuole di ogni ordine e grado. L'accusa è quella di maltrattamenti in concorso ai danni dei minori loro affidati. Una decisione maturata dopo settimane di indagini discrete ma serrate, durante le quali i militari dell’Arma hanno raccolto materiale audiovisivo inequivocabile: immagini e registrazioni che documentano episodi di violenza fisica, punizioni degradanti, insulti, anche a sfondo razzista.
Le due maestre, Maria Beatrice Massano e Monica Sovena, sono state riprese mentre strattonavano i piccoli, li isolavano in angoli bui come forma di punizione, urlavano loro addosso, li umiliavano con parole offensive. In un episodio, un bambino di origini straniere sarebbe stato chiamato “Zulù”. In un altro, il cibo servito a pranzo — riferiscono gli inquirenti — sarebbe stato recuperato direttamente dalla spazzatura. I pasti che le madri preparavano con cura a casa, per garantire ai figli un pranzo dignitoso, venivano spesso aperti e manipolati dalle maestre a mani nude, sotto gli occhi di altri bambini. E tutto ciò è stato documentato: non servono più soltanto le parole dei genitori o i racconti — frammentari e spesso confusi — dei figli impauriti. Ora ci sono gli audio e i video.
Non è la prima volta che i nomi delle due insegnanti compaiono in un’indagine simile. Già tra il 2012 e il 2013, Massano e Sovena erano finite sotto accusa per comportamenti analoghi all’asilo nido e scuola materna Regina Chiappello di Pratomorone di Tigliole, a pochi chilometri da Asti. All’epoca i genitori denunciarono tirate di capelli, imboccamenti forzati, bambini costretti a raccogliere da terra il cibo caduto, un fischietto assordante usato come strumento di disciplina. Quel procedimento giudiziario si concluse nel 2019: Sovena fu assolta, mentre Massano, allora coordinatrice della struttura, ricevette una condanna a tre mesi per abuso di mezzi di correzione. Le accuse più gravi, comprese quelle di lesioni colpose, furono archiviate o non ritenute provate.
Dopo quella vicenda, le due educatrici hanno fondato L’Albero dei Ragazzi, un progetto educativo autonomo ma paritario, dunque riconosciuto dal sistema scolastico pubblico e destinatario, fino a tempi recenti, di fondi comunali. Secondo quanto dichiarato dall’assessora all’istruzione del Comune di Asti, Loretta Bologna, il contributo pubblico ammontava a circa 10mila euro l’anno per coprire le spese di 15 bambini iscritti e per i centri estivi. “Quest’anno però non abbiamo erogato alcun contributo — ha precisato Bologna — poiché mancava il DURC, il Documento Unico di Regolarità Contributiva”. La stessa assessora si è detta sconvolta dalla gravità dei fatti emersi: “Attendiamo l’esito delle indagini. Se le accuse venissero confermate, la punizione dovrà essere esemplare”.
La vicenda, per la sua eco e la drammaticità delle immagini raccolte, ha già suscitato reazioni indignate nella comunità locale. Diversi genitori stanno valutando azioni legali e chiedono che l’asilo venga immediatamente chiuso. Al momento l’inchiesta è ancora in corso e i Carabinieri proseguono gli accertamenti per stabilire eventuali responsabilità omissive da parte della direzione della scuola e verificare se anche altri membri dello staff fossero a conoscenza di quanto avveniva quotidianamente.
Una storia che scuote, ma che soprattutto solleva interrogativi inquietanti: come è possibile che, dopo una condanna — seppur lieve — e accuse passate così pesanti, si sia permesso a queste persone di avviare un nuovo progetto educativo? Quali controlli sono stati fatti e quali sono mancati? Chi ha vigilato, chi doveva intervenire, e chi ha preferito voltarsi dall’altra parte?
Quel che è certo è che i bambini, ancora una volta, sono stati le vittime silenziose. E che oggi non basta più l’indignazione. Servono risposte, giustizia e una riflessione profonda su come viene garantita — o troppo spesso tradita — la sicurezza nei luoghi destinati alla crescita dei più piccoli.
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