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Cronaca
09 Giugno 2025 - 12:06
Crollo della gru di via Genova, al processo spunta un modellino per ricostruire la tragedia
Una gru che si piega su se stessa, tre operai che non hanno il tempo di fuggire, un cantiere trasformato in trappola. Oggi, 9 giugno 2025, quel dramma torna prepotentemente a galla, nelle aule del Palazzo di Giustizia di Torino, dove si è aperta una nuova udienza del processo sul crollo della gru di via Genova, avvenuto il 18 dicembre 2021. Una tragedia che ha segnato a fondo la città, lasciando un vuoto tra colleghi, famiglie e cittadini. Sul banco degli imputati, cinque persone, accusate a vario titolo di cooperazione in disastro colposo e omicidio colposo.
A colpire l’uditorio oggi non sono solo le carte e le testimonianze, ma un modellino in scala, portato in aula da un consulente tecnico della pubblica accusa, incaricato di spiegare nei minimi dettagli la dinamica del crollo. Un piccolo plastico, fedele alle proporzioni originali, che raffigura la gru in montaggio e l’autogru impegnata nelle manovre. Con questo strumento visivo si cerca di chiarire cosa sia accaduto, come e perché, offrendo al giudice una rappresentazione concreta dei movimenti, delle forze in gioco e degli errori che avrebbero causato il cedimento.
Secondo la procura, non si tratta di una fatalità. Il crollo, sostengono gli inquirenti, non è stato un evento imprevedibile ma l’esito tragico di una catena di omissioni in materia di sicurezza e prevenzione. Mancati controlli, verifiche superficiali, procedure frettolose. Tutto questo avrebbe contribuito a indebolire la struttura della gru, che durante il montaggio ha perso equilibrio e si è abbattuta a terra, colpendo tre operai: Filippo Falotico, 20 anni, Bruno Mastroianni, 29 anni, e Roberto Peretto, 52 anni. Morti sul colpo, senza alcuna possibilità di salvarsi.
Tribunale di Torino
L’udienza di oggi è stata densa di tensione. Il consulente ha illustrato, passo dopo passo, i movimenti dei macchinari coinvolti, le pressioni esercitate, la posizione dei lavoratori. “Un errore di calcolo e un’esecuzione non conforme alla normativa di sicurezza potrebbero aver provocato l’instabilità”, ha affermato. I legali degli imputati hanno ascoltato in silenzio, pronti a contestare nel merito ogni dettaglio, ma l’impatto della ricostruzione – anche solo visivamente – è stato forte.
La presenza del modellino ha reso vivo e tangibile ciò che per molti resta solo un titolo nei giornali. In aula si percepisce il peso della responsabilità, la rabbia composta dei familiari, il senso di impotenza di fronte a un disastro che forse poteva essere evitato. La procura punta il dito su una gestione superficiale del cantiere, su una filiera di decisioni sbagliate, su una cultura del lavoro che ancora oggi, in troppi casi, pone il profitto davanti alla vita.
Il processo è ancora alle fasi centrali, ma le accuse sono pesanti. I cinque imputati – tra cui figurano responsabili tecnici e dirigenti delle aziende coinvolte – dovranno rispondere della morte di tre lavoratori, della mancata osservanza delle norme di sicurezza e delle conseguenze devastanti del crollo. Nessuno si è ancora dichiarato colpevole. Le difese parlano di errore imprevedibile, di circostanze eccezionali, di un evento fuori controllo. Ma le famiglie delle vittime chiedono chiarezza, giustizia, verità.
Quel sabato mattina di dicembre, via Genova si trasformò in uno scenario di guerra. La gru crollò tra i palazzi e i marciapiedi, sfiorando le auto, bloccando il traffico, generando panico e incredulità. I soccorritori trovarono un muro di ferro e polvere, tra cui emersero i corpi senza vita degli operai. Un dolore ancora aperto, che oggi si ripresenta nei corridoi del tribunale.
Il processo proseguirà nelle prossime settimane con altre testimonianze tecniche, perizie e l’eventuale ascolto di testimoni oculari. Ma una cosa è già chiara: questo non è solo un procedimento penale. È un banco di prova per la credibilità delle norme sulla sicurezza nei cantieri, un’occasione per chiedere conto a chi ha il dovere di proteggere la vita di chi lavora.
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