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Cronaca

Crimine minorile in crescita: +150% di omicidi da parte di under 18 in un anno. Che succede ai nostri ragazzi?

Nel 2024 quasi il 12% degli omicidi è stato compiuto da under 18: un dato senza precedenti che racconta un disagio giovanile sempre più violento. Al Congresso SIPPF di Alghero si parla di psichiatria, trauma e risposte mancate

Allarme omicidi tra minorenni

Crimine minorile in crescita: +150% di omicidi da parte di under 18 in un anno. Che succede ai nostri ragazzi?

C'è un nuovo volto nella criminalità italiana, ed è quello giovane, smarrito e spesso invisibile di chi ha meno di 18 anni. Un volto che uccide. Secondo i dati diffusi dalla Criminalpol, nel 2024 l’11,8% degli omicidi commessi in Italia è stato attribuito a minorenni: un balzo inquietante rispetto al 4% registrato solo dodici mesi prima. In numeri assoluti, si è passati da 14 a 35 omicidi minorili su un totale di 319 episodi. Mentre gli omicidi nel Paese calano, quelli commessi da ragazzi aumentano. E il dato, pur nudo, grida vendetta.

Il fenomeno è stato al centro del secondo congresso nazionale della Società Italiana di Psichiatria e Psicopatologia Forense (SIPPF) in corso ad Alghero. Gli esperti lo dicono con chiarezza: non siamo davanti a semplici casi isolati, ma a un’emergenza strutturale, multifattoriale, trasversale. Dietro ogni delitto c’è un mondo che non funziona. Ragazzi che crescono senza contenitori educativi, che vivono disagi psicologici non intercettati, che sviluppano rabbia, confusione, impulsi autodistruttivi. E che a volte esplodono.

Tra le cause principali, la SIPPF segnala tre nodi ricorrenti: l’abuso di sostanze, l’esordio di disturbi psichiatrici non trattati e il trauma migratorio. Non a caso, molti giovani coinvolti hanno alle spalle storie di sradicamento, marginalità, assenza di reti affettive. E spesso vivono in territori dove la scuola ha smesso di essere presidio, dove la sanità mentale infantile è sottofinanziata, dove le famiglie sono lasciate sole.

Lo dimostra il caso di Napoli, dove una storia d’amore tra due adolescenti è degenerata in tentato omicidio e suicidio. Una tragedia che racchiude in sé tutti i segnali d’allarme: fragilità emotiva, possesso, solitudine, incapacità di gestire il rifiuto. E una pistola. Come troppo spesso accade, un amore malato si è trasformato in morte. Un copione che si ripete. A Palermo, a Roma, nei sobborghi di Milano.

Aumentano i casi di omicidi tra minori

La SIPPF lancia un appello che sa di SOS: servono fondi, strutture, specialisti. “Non possiamo più permetterci di affrontare il tema della violenza minorile con strumenti vecchi”, spiegano i relatori. “Occorre investire nella prevenzione precoce, nella psichiatria infantile, nelle comunità educative. E creare un patto tra scuola, sanità, giustizia e territorio.” Ma quello che manca, denunciano gli esperti, è proprio una progettualità sistemica. Il rischio, se nulla cambia, è che la curva continui a salire. Con vittime giovanissime, da una parte e dall’altra.

A dare voce al dolore, anche le parole di una madre, quella di Alberto Stasi, che ha definito “uno schifo” le conclusioni delle ultime inchieste sul caso del figlio. Una reazione che, al di là della vicenda specifica, riassume lo smarrimento delle famiglie di fronte a una giustizia spesso lenta, distante, incapace di comprendere la profondità della sofferenza. Quando un figlio muore, o uccide, il mondo si spezza. E la società intera dovrebbe sentirsi chiamata in causa.

Il vero problema, sottolineano i professionisti riuniti ad Alghero, è la cronicità della disattenzione. Oggi in Italia una diagnosi psichiatrica precoce può arrivare anche con due anni di ritardo. Nel frattempo, il disagio cresce, si cronicizza, esplode. Gli atti violenti diventano linguaggio. E lo Stato risponde solo dopo il fatto, quando è troppo tardi.

In un contesto nazionale già segnato da sfide culturali, tensioni sociali e disuguaglianze crescenti, l’impennata degli omicidi minorili è il sintomo acuto di un malessere che si è fatto sistema. Servono centri di ascolto, educatori di strada, psicologi nelle scuole, famiglie sostenute, giustizia minorile riformata. E serve, soprattutto, uno sguardo che veda il dolore prima che diventi violenza.

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