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Cronaca
21 Maggio 2025 - 11:39
Allenatore arrestato per abusi su due atlete minorenni: bufera sulla pallavolo giovanile
Un arresto, due adolescenti coraggiose, un’intera comunità sportiva travolta dallo scandalo. A Modena, città simbolo della pallavolo italiana, un allenatore di una squadra giovanile è stato arrestato il 21 maggio 2025 con l’accusa di abusi sessuali su almeno due atlete minorenni. Gli episodi, che secondo quanto emerso si sarebbero consumati all’interno degli spogliatoi, al termine delle sessioni di allenamento, hanno fatto esplodere un’ondata di indignazione, sgomento e rabbia.
A innescare l’inchiesta è stata la denuncia spontanea delle ragazze, che si sono fatte avanti raccontando con precisione le presunte violenze subite. Parole che hanno trovato riscontri nelle indagini preliminari, al punto da convincere il giudice a disporre gli arresti domiciliari per il tecnico, sorvegliato ora con un braccialetto elettronico. Le accuse sono pesanti. Gli investigatori stanno ora lavorando per verificare se ci siano altre vittime, altre giovanissime atlete coinvolte in un contesto finora silenziato.
Il caso scuote nel profondo lo sport di base, quello fatto di palestre comunali, genitori sugli spalti, partite la domenica mattina. Luoghi che dovrebbero essere sinonimo di fiducia, crescita, sicurezza. Invece, le accuse mettono in discussione l'intero sistema di controllo e tutela degli ambienti sportivi giovanili. In tanti ora si chiedono come sia stato possibile che certi comportamenti siano passati inosservati, come mai nessuno abbia notato segnali di allarme. Le società coinvolte non hanno ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma i genitori delle compagne di squadra parlano già di clima di paura e di sfiducia diffusa.
Abusi nella pallavolo femminile
Le autorità locali stanno fornendo supporto psicologico alle vittime e hanno rilanciato un appello chiaro: denunciare, sempre. Troppe volte, infatti, gli abusi su minori restano sommersi, coperti dalla vergogna, dalla paura di non essere creduti, dal timore di rovinare una “carriera” o un ambiente amato. Eppure, è solo rompendo il silenzio che si può interrompere il ciclo della violenza.
Il caso ha riaperto anche il dibattito sull'adeguatezza dei protocolli di sorveglianza, dei codici etici adottati dalle società sportive e della formazione dei tecnici, spesso lasciata alla buona volontà dei singoli. Ma la responsabilità, ora più che mai, non può essere personale: dev’essere collettiva, sistemica, condivisa. Lo sport ha un compito educativo, e non può diventare lo spazio oscuro dove si consumano soprusi impuniti.
La magistratura procederà ora con le verifiche del caso, garantendo all’indagato il diritto alla difesa e alle ragazze la tutela necessaria. Ma la frattura nella fiducia tra famiglie e istituzioni sportive è già profonda, e servirà tempo, trasparenza e determinazione per ricucirla.
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