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Cronaca

Torino, studentessa di 14 anni cade in una buca a scuola

Attratta dai gesti di un operaio, apre una porta antipanico e precipita nel cortile: cinque giorni di prognosi, ma l’incidente riapre la ferita aperta della sicurezza scolastica. La famiglia pronta a denunciare

Torino, studentessa di 14 anni

Torino, studentessa di 14 anni cade in una buca a scuola

Un normale lunedì mattina si è trasformato in una scena da brivido all’istituto alberghiero Colombatto di Torino. Era il 12 maggio 2025 e la campanella era suonata da poco quando una studentessa di 14 anni, nel pieno di un’attività nel laboratorio di cucina, ha aperto una porta antipanico che dava sul cortile. Di là, però, non c’era un’uscita sicura, ma una buca aperta nel terreno, parte di un cantiere in corso da settimane. La ragazza è precipitata, sotto gli occhi sbigottiti dei compagni. Un volo di pochi metri, ma sufficiente a causare contusioni e ferite, per fortuna giudicate lievi dai medici dell’ospedale Mauriziano, dove è stata trasportata in ambulanza.

La scena ha dell’assurdo: la giovane avrebbe aperto la porta in seguito ai gesti di un operaio che, dall’altra parte, sembrava aver bisogno d’aiuto. Un riflesso umano, solidale, che però l’ha esposta a un pericolo evitabilissimo. Perché quella porta era accessibile? Perché non c’era nessun cartello, nessuna barriera, nessun segnale di pericolo visibile? Sono queste le domande che ora, giustamente, i genitori si pongono. E non solo loro.

La direzione dell’istituto ha attivato un’indagine interna, mentre si attende anche un possibile intervento dell’ufficio scolastico regionale. La famiglia della ragazza è intenzionata a presentare denuncia formale: secondo i genitori, la scuola non ha garantito un livello minimo di sicurezza in un contesto in cui si sapeva che erano in corso lavori strutturali. La porta, sostengono, doveva essere chiusa, sbarrata o vigilata. Non lasciata lì, ad aprirsi sul vuoto.

Sicurezza nelle scuole italiane

Ma l’episodio del Colombatto non è un caso isolato. La sicurezza nelle scuole italiane è un nervo scoperto da anni, puntualmente dimenticato fino al prossimo incidente. Ogni volta si riaccende il dibattito, ogni volta si promettono ispezioni, verifiche, protocolli. Ma il punto è che mentre si parla, i cantieri restano aperti e gli studenti continuano a essere esposti a rischi concreti. E se stavolta è andata “bene”, con una prognosi di cinque giorni, la prossima caduta potrebbe non essere così clemente.

Le scuole dovrebbero essere luoghi di crescita, non di pericolo. Ma come si può parlare di “ambiente educativo sicuro” quando una semplice porta di emergenza può diventare un varco verso un incidente? È evidente che serve molto di più: cartellonistica chiara, accessi interdetti, personale formato e presente. E soprattutto, una gestione dei cantieri scolastici che non scarichi la responsabilità sulla fatalità.

Al Colombatto ora si conta il danno e si cerca di capire cosa non ha funzionato. Ma per i compagni di classe, per i docenti, per il personale e per la ragazza stessa, resta un trauma vissuto in prima persona, che ha minato la percezione di sicurezza in uno dei luoghi che più dovrebbero proteggerli.

La scuola – tutte le scuole – deve imparare da questo episodio. Non si può lavorare sull’educazione se si trascurano le fondamenta, letteralmente. E se è vero che nessun sistema è infallibile, è altrettanto vero che lasciare aperta una porta su una buca è qualcosa che non si può giustificare. Mai.

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