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Cronaca
13 Maggio 2025 - 09:47
“Satana mi ha detto di ucciderla”: quando la giustizia inciampa tra il male assoluto e i disturbi mentali ignorati
"Ero posseduto da Satana". Con queste parole Giovanni Salamone, 61 anni, ha tentato di spiegare alla Corte d’Assise di Alessandria il motivo per cui, il 16 ottobre 2024, ha tolto la vita alla moglie, Patrizia Russo, 53 anni, nella loro abitazione di Solero, in provincia di Alessandria. Una tragedia che ha scosso la comunità locale e che oggi si trova al vaglio della giustizia, nel difficile equilibrio tra confessione, disagio mentale e rigore processuale.
Secondo quanto ricostruito, Salamone avrebbe vissuto giorni difficili prima dell’omicidio: un periodo di forte stress emotivo, legato a preoccupazioni economiche, a problemi di salute mentale, notti di insonnia, e un processo in corso per ricettazione, da cui poi è stato assolto. È in questo contesto che avrebbe maturato il gesto estremo. Ai carabinieri, intervenuti quel giorno nell’abitazione, ha raccontato: "Mi volevano fregare i soldi. Non so spiegare chi e come, perché ero posseduto".
Durante l’udienza, Salamone ha confermato la versione, parlando esplicitamente di una forza malvagia che avrebbe preso il controllo della sua volontà. Davanti ai giudici sono stati ascoltati anche i due figli, Giuliana e Francesco, oltre ai familiari della coppia e all’amica più vicina a Patrizia, che ha riferito di frequenti confidenze da parte della donna riguardo alle difficoltà psicologiche del marito.
La difesa, rappresentata dagli avvocati Elisabetta Angeleri e Gianfranco Foglino, ha chiesto l’ammissione di una perizia psichiatrica, ritenendo necessaria una valutazione clinica per comprendere lo stato mentale dell’imputato al momento dei fatti. Tuttavia, la richiesta è stata respinta, in quanto già presente agli atti una consulenza di parte dell’accusa, ritenuta sufficiente per il giudizio.
Salamone si trova attualmente detenuto nel carcere di Marassi a Genova. Nei giorni successivi all’arresto, mentre era ancora nella casa circondariale di Alessandria, avrebbe tentato di togliersi la vita, segno ulteriore di un profondo stato di sofferenza interiore.
Il processo riprenderà il 9 giugno, e potrebbe essere l’occasione per chiarire ulteriormente le condizioni psicologiche dell’imputato e le dinamiche relazionali che hanno portato al tragico epilogo. In un’aula che deve tenere insieme verità, responsabilità e umanità, la figura di Giovanni Salamone resta sospesa tra il peso della colpa e il bisogno di comprensione. Una vicenda che interpella non solo la legge, ma anche le competenze in ambito psichiatrico e sociale.
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