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Cronaca
10 Maggio 2025 - 10:47
Torino, carabiniere in terapia intensiva: incidente durante un inseguimento
Tre anni fa, un bicchiere lanciato in faccia. Una ferita netta, lunga, profonda. Sul volto e nell’anima. Oggi, quella cicatrice è diventata rabbia. È tornata a bussare alla porta di quell’uomo, con un coltello in mano, e stavolta a colpire è stata lei.
Sono le 21 di sabato scorso, via Garibaldi, Montanaro. La donna – 31 anni, residente nel circondario – si presenta davanti alla casa del 61enne che nel 2022 l’aveva sfregiata al volto. Non è un incontro casuale. È un appuntamento con il passato. Quando lui apre la porta, lei affonda il colpo: una lama al volto, come quella che anni prima le aveva cambiato i lineamenti. «Ti ammazzo», urla mentre lo aggredisce, rievocando la stessa violenza subita.
L’uomo grida, barcolla, richiama l’attenzione dei vicini. Scatta l’allarme. In pochi minuti arrivano i carabinieri della Stazione di Montanaro e le ambulanze del 118. Entrambi vengono trasportati all’ospedale di Chivasso: lui con ferite non gravi, lei in stato di fermo.
Per la donna scattano le manette. L’accusa è pesante: tentato omicidio. Le indagini sono appena iniziate, ma il quadro che emerge è quello di una vendetta meditata, di un dolore mai assorbito. Di una giustizia inseguita fuori dalle aule dei tribunali.
Il fatto risale a tre anni fa, quando il 61enne – secondo quanto risulta agli atti – le aveva lanciato un bicchiere in volto durante una lite, provocandole una lesione evidente alla guancia. Una cicatrice rimasta lì, ogni giorno, ogni sguardo allo specchio. A quanto pare, quella ferita non si è mai chiusa.
Ma su quella vicenda è intervenuta oggi la Procura generale del Piemonte, nella persona della dottoressa Lucia Musti, con una nota che chiarisce due punti fondamentali: non si trattò di un “codice rosso”, perché tra i due non c’era un legame affettivo, sentimentale o familiare, come richiesto dalla legge per attivare quella procedura; e il procedimento penale nei confronti dell’uomo non è stato archiviato, ma è tuttora in corso.
Non si è trattato, insomma, di un caso dimenticato o archiviato in fretta. La magistratura, come sottolinea Musti, sta operando con la consueta professionalità e tempestività. A occuparsi del caso, tanto dell’aggressione del 2022 quanto del coltello di sabato scorso, è la Procura di Ivrea.
Sabato sera, quella donna ha deciso di riaprire la ferita. Ma stavolta, armata e determinata, ha cercato di restituire dolore. Ora toccherà alla magistratura chiarire tutto: cosa è successo davvero tre anni fa, quali siano stati i passaggi investigativi, le misure attuate, e se la giustizia sia arrivata tardi, o se è stata solo travolta dal tempo.
Quel che è certo è che la violenza ha fatto un altro giro, rovesciando i ruoli e consegnando alla cronaca un gesto che scuote per la sua drammatica simmetria. Una cicatrice che non si è mai chiusa. E che adesso, sotto gli occhi della legge, è tornata a sanguinare.
La Procuratrice Generale Lucia Musti
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