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Lutto

Addio a Mario Cuffia: il Canavese piange il suo instancabile custode di memoria e futuro

Aveva insegnato a generazioni di studenti, ma anche agli amministratori, ai produttori di vino e ai volontari: Mario Cuffia è stato il cuore pensante del Canavese

Addio a Mario Cuffia

Addio a Mario Cuffia: il Canavese piange il suo instancabile custode di memoria e futuro

Mario Cuffia non era solo “il professore”. Era un uomo di visione, un intellettuale di provincia nel senso più nobile, un instancabile tessitore di relazioni e progetti. Si è spento a 87 anni nella sua casa di Cuceglio, venerdì scorso, circondato dalla moglie Franca e dal figlio, monsignor Gianmario Cuffia, vicario generale della diocesi di Ivrea. Lunedì 5 maggio, la chiesa parrocchiale dei Santi Pietro ed Eusebio non è riuscita a contenere l’ondata di affetto e riconoscenza di chi è venuto a salutarlo: colleghi, ex alunni, amministratori, produttori, volontari, tutti con una storia da raccontare su di lui. Perché Mario Cuffia non ha mai smesso di essere maestro. Lo è stato nei banchi delle scuole medie di Forno Canavese, Agliè, Foglizzo, Rivarolo. Lo è stato da preside negli stessi paesi. E lo è stato, con piglio da educatore gentile, anche da vicesindaco, da presidente della Cantina sociale del Canavese, da promotore di cultura popolare, da storico locale.

A ricordarlo con voce rotta è stato anche il sindaco Antonino Iuculano, che ha riconosciuto in lui un mentore e una guida. Non solo nella gestione della cosa pubblica – “Fu lui a passarmi il testimone della Cantina nel 2002”, ha detto – ma anche nel metodo, in quella sua capacità rara di mettere a frutto l’identità di un luogo, renderla risorsa collettiva e progetto condiviso. Cuffia ha sempre lottato perché il Canavese non perdesse sé stesso. Ha lavorato per la scuola e per il vino, due pilastri simbolici della civiltà contadina moderna. Sotto la sua presidenza, la Cantina sociale collaborò con l’Università di Torino alla sperimentazione sull’Erbaluce di Caluso DOC, spingendosi in anticipo sui tempi con la crioconservazione delle uve. Una scelta tecnica, certo. Ma soprattutto culturale: credere in ciò che si ha, valorizzarlo, dargli dignità.

Ma non c’è solo vino e scuola nel lungo curriculum sentimentale di Mario Cuffia. C’è l’impegno nella bocciofila locale, l’adesione pionieristica al progetto "Vedremo", fondato nel 2006 da un gruppo di giovani decisi a non lasciar morire il patrimonio storico e architettonico di Cuceglio. Lui ci credeva davvero. E per questo si era dedicato con la solita tenacia alla valorizzazione del Santuario della Beata Vergine Addolorata, mettendosi in prima fila nel comitato raccolta fondi per il restauro dell’edificio sacro. Non si tirava mai indietro. Né per un comitato, né per una lezione, né per una discussione pubblica. Lo guidava una passione civica rara, alimentata da studio, coerenza e senso di responsabilità. Era un uomo che credeva nella comunità, nell’educazione, nella memoria come leva per costruire il domani.

Con la sua morte, Cuceglio e il Canavese perdono uno dei loro ultimi testimoni attivi, uno di quelli che non solo ricordavano ma facevano. Il suo lascito è ovunque: nei volti dei suoi ex alunni, nei vitigni curati con amore, nei libri che parlano di storia locale, nei mattoni del Santuario rimessi a nuovo. Ora tocca a chi resta raccogliere il testimone, come fece il giovane Iuculano anni fa. Perché le eredità come quelle di Mario Cuffia non si custodiscono, si moltiplicano.

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