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Cronaca
06 Maggio 2025 - 15:18
Notte di violenza al pronto soccorso di Moncalieri: paziente aggredisce OSS, infermiere e vigilante
Ancora violenza nei pronto soccorso piemontesi, ancora una notte in cui chi cura si ritrova a dover difendere sé stesso. Questa volta è toccato al personale del Santa Croce di Moncalieri, dove tra lunedì 5 e martedì 6 maggio 2025 un uomo in evidente stato di alterazione psico-fisica ha seminato il panico nel reparto d’emergenza. Prima gli insulti a un OSS (operatore socio sanitario), poi lo scontro fisico con un infermiere e una guardia giurata, accorsi per calmarlo. Tutti e due sono rimasti feriti, seppur in modo lieve.
La scena è quella ormai sempre più frequente nei reparti d’urgenza: un paziente agitato, probabilmente sotto effetto di sostanze o in crisi psichiatrica, alza la voce, poi le mani. Gli operatori fanno da scudo umano, cercano di contenere, attutire, impedire che il peggio accada. Ma spesso finiscono col subire colpi e umiliazioni. A Moncalieri, solo il tempestivo intervento dei carabinieri, chiamati dal personale in servizio, ha evitato che l’episodio degenerasse ulteriormente. L’uomo è stato fermato e portato via per essere identificato.
L’Asl To5 ha commentato l’accaduto con una nota ufficiale. Parole che suonano come un déjà-vu, perché solo poche settimane fa, a Chieri, un medico era stato vittima di un tentato omicidio in circostanze analoghe. “Esprimiamo piena solidarietà al personale aggredito – scrive la direzione – e ribadiamo il nostro impegno per garantire la sicurezza di tutti. I nostri operatori sono in prima linea ogni giorno e ogni notte, con dedizione e professionalità”. Ma il contesto parla chiaro: non bastano più parole di circostanza.
Pronto soccorso
La questione della sicurezza nei pronto soccorso è da mesi sul tavolo della Regione e del Ministero. I dati parlano di una crescita esponenziale degli episodi di violenza verbale e fisica, spesso da parte di pazienti esasperati, confusi o in stato di alterazione. In molte strutture, soprattutto nelle ore notturne, i pronto soccorso si trasformano in polveriere, dove basta una scintilla a far esplodere l’aggressività. A pagarne il prezzo sono infermieri, medici, OSS, guardie giurate.
A Moncalieri, come ricorda l’Asl, è presente vigilanza privata 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Ma non è così in tutte le strutture della To5. A Carmagnola, per esempio, la sicurezza privata è garantita solo dalle 20 alle 23, una fascia oraria che lascia scoperte le ore cruciali della notte. A Chieri, la copertura va dalle 20 alle 24 nei giorni feriali e fino alle 6 del mattino nei weekend, ma l’aggressione al medico è avvenuta proprio lì, a dimostrazione che neppure la vigilanza può bastare, se mancano risorse, protocolli chiari, formazione specifica per affrontare situazioni ad alto rischio.
Non è una questione solo sanitaria, ma profondamente politica e sociale. Il personale ospedaliero si trova spesso a svolgere ruoli che vanno ben oltre la cura: gestire il disagio psichico, affrontare l’aggressività, contenere il panico, e a volte anche difendersi da vere e proprie minacce fisiche. Il tutto con turni massacranti, carichi di lavoro aumentati e una cronica carenza di personale.
Secondo l’ultimo report dell’Inail, il comparto sanitario registra più del doppio degli infortuni per aggressione rispetto ad altri settori. Una tendenza che non accenna a calare, e che colpisce in modo trasversale grandi ospedali, presidi periferici e ambulatori. Per questo, da mesi i sindacati del comparto chiedono piani straordinari di prevenzione, con più formazione, più personale, più strumenti per tutelare chi lavora.
Le reazioni all’episodio di Moncalieri non si sono fatte attendere. La Cisl Funzione Pubblica Piemonte chiede “interventi immediati e concreti, non solo solidarietà postuma”, mentre la Nursing Up parla di “una strage silenziosa che colpisce gli operatori in corsia e che le istituzioni sembrano non voler vedere”.
L’episodio ha scosso anche i cittadini di Moncalieri, molti dei quali esprimono preoccupazione per il degrado in cui versano alcuni reparti, dove a volte si aspetta ore prima di essere visitati, e dove tensione e frustrazione covano sotto la superficie. “Il pronto soccorso non è un ring – scrive su Facebook un’infermiera del Santa Croce – ma ogni giorno dobbiamo indossare non solo il camice, ma anche un’armatura invisibile”.
Intanto, la direzione dell’ospedale assicura che l’infermiere e la guardia giurata sono stati medicati e stanno bene. Ma è chiaro che il problema è ben più profondo, e che non si risolverà con due cerotti. Servono scelte politiche coraggiose, investimenti strutturali, e una svolta culturale che restituisca dignità, rispetto e sicurezza a chi ogni giorno salva vite, rischiando la propria.
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