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Odio transfobico ad Asti: la tiktoker Cara Villan insultata sul bus e inseguita per strada

L’influencer da 2,7 milioni di follower aggredita verbalmente su un autobus e poi pedinata in strada. Il silenzio degli adulti, la denuncia pubblica, e la rabbia della comunità: “Serve una risposta politica netta”

Odio transfobico ad Asti

Odio transfobico ad Asti: la tiktoker Cara Villan insultata sul bus e inseguita per strada

Un autobus di linea, un pomeriggio qualunque ad Asti, e un episodio che riporta sotto i riflettori l’escalation dell’odio transfobico in Italia. Vittima: Cara Villan, nota tiktoker astigiana, seguita da oltre 2,7 milioni di follower, volto pubblico e voce costante su tematiche di identità di genere e inclusione. Ieri pomeriggio, come raccontato da lei stessa in una serie di video pubblicati sui social, è stata oggetto di insulti violenti e umiliazioni pubbliche da parte di un gruppo di minorenni, mentre viaggiava su un bus urbano. Nessuno, né tra i passeggeri né tra il personale dell’autobus, è intervenuto.

Ma non è finita lì. Una volta scesa, i ragazzi l’hanno pedinata per strada, fino a costringerla a rifugiarsi all’interno di un negozio. Lì, sola e scossa, ha atteso l’arrivo delle forze dell’ordine. Il tutto documentato, come accade sempre più spesso, con la potenza cruda e immediata dei social, che hanno trasformato la denuncia personale in un atto politico e collettivo.

I dettagli emersi dai video sono allarmanti. Secondo la ricostruzione, l’aggressione sarebbe avvenuta senza provocazioni, e in un clima di totale impunità. Commenti violenti, insulti legati alla sua identità di persona non binaria, risatine di scherno. “Nessuno ha detto una parola, nemmeno l’autista”, dice Cara nel video, con voce spezzata. Un silenzio che pesa quanto gli insulti, perché racconta una cultura dell’indifferenza che legittima e alimenta la violenza. Non solo quella fisica, ma anche quella quotidiana, subdola, normalizzata.

L’episodio ha subito fatto scattare la reazione dell’associazione Astipride, punto di riferimento della comunità LGBTQIA+ sul territorio. “La situazione è fuori controllosi legge in una nota – e assume contorni sempre più pericolosi. Non si tratta di un fatto isolato, ma del sintomo di un clima avvelenato, di una cultura dell’odio che viene fomentata e tollerata, anche da chi siede nelle istituzioni”. Il riferimento, neppure troppo velato, è all’attuale contesto politico, accusato di strumentalizzare il tema dei diritti per dividere, spaventare e marginalizzare.

E in effetti, i numeri parlano chiaro. Secondo i dati dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), i crimini d’odio legati all’identità di genere sono in crescita. Ma ancora più preoccupante è ciò che non si denuncia: le microaggressioni, le umiliazioni pubbliche, il bullismo a sfondo sessuale e identitario che dilaga tra i giovanissimi, spesso fuori dal radar delle istituzioni scolastiche e familiari. Cara Villan, in questo senso, non è solo un’influencer: è una testimone diretta di quanto sia difficile essere sé stessi, in un’Italia che non ha ancora una legge contro l’omolesbobitransfobia, dopo l’affossamento del DDL Zan nel 2021.

Cara Villan

La tiktoker ha scelto di raccontare tutto, come fa ogni giorno sul suo profilo, dove l’attivismo si mescola alla narrazione personale. Ma questa volta, la voce è rotta dalla paura. “Non è la prima volta che accade, ma oggi ho avuto realmente paura. Ho pensato che potesse succedere qualcosa di grave. E la cosa peggiore è che i ragazzini ridevano. Erano minorenni. Nessuno ha detto nulla. Come se io non valessi niente”.

Un commento che brucia. Perché dietro le sue parole c’è la denuncia di una società adulta in silenzio, che lascia soli i più fragili, che si gira dall’altra parte. Ed è proprio questo che fa più male: l’idea che l’anormalità sia essere sé stessi, e che la normalità sia insultare, ridere, rincorrere qualcuno in strada, solo perché “diverso”.

In città, il caso ha sollevato un polverone. Diverse realtà stanno preparando una manifestazione pubblica di solidarietà nei confronti di Cara. Al momento, però, dalla politica nessuna dichiarazione ufficiale. Un silenzio che – ancora una volta – pesa come un macigno. Astipride chiede prese di posizione nette, provvedimenti educativi, interventi nelle scuole. “Servono parole chiare, non mezze frasi – si legge ancora nel comunicato – serve una difesa esplicita e senza riserve della libertà e della dignità di ogni persona, a partire da chi oggi viene più colpito dalla violenza”.

Perché la domanda che ora tutti si pongono è una sola: chi protegge chi è vulnerabile? Chi si fa carico, nel concreto, di dire ai ragazzi che insultare qualcuno non è uno scherzo, non è libertà d’espressione, ma è violenza vera, che lascia il segno?

Intanto Cara, che ieri si è chiusa nel silenzio per qualche ora, ha ringraziato sui social chi le ha mostrato vicinanza. Ma il suo messaggio finale è un pugno nello stomaco: “Non voglio diventare un’altra storia che finisce male. Ma sto iniziando a pensare che potrei esserlo”.

Un grido che non può essere ignorato. Non solo per lei. Ma per tutti quelli che ogni giorno salgono su un autobus e si chiedono se sarà l’ultima volta in cui si sentiranno al sicuro.

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