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Cronaca
03 Maggio 2025 - 14:42
Luigi Di Gianni, ucciso nel 2013
Non ci sarà alcuna riapertura del processo sull’omicidio di Luigi Di Gianni, il titolare di un night club freddato a colpi di fucile da caccia il 12 gennaio 2013 a Isola d’Asti. La Corte di Cassazione ha infatti respinto l’istanza di revisione presentata da Ivan Commisso, uno dei condannati in via definitiva, chiudendo la porta all’ultima speranza dell’imputato.
Commisso, riconosciuto colpevole nel 2021 dalla Corte d’Assise d’Appello di Torino con una sentenza divenuta irrevocabile l’anno seguente, aveva tentato la strada della revisione chiedendo alla Corte d’Appello di Milano – competente per materia – di rimettere in discussione il verdetto. Al centro della richiesta una testimonianza raccolta nel 2023, nell’ambito di investigazioni difensive: una donna, sposata all’epoca dei fatti, aveva dichiarato di aver trascorso la notte tra il 12 e il 13 gennaio 2013 con Commisso, di cui era amante. Un alibi, secondo la difesa, che avrebbe potuto ribaltare l’intero impianto accusatorio.
Ma per i giudici milanesi prima, e per quelli della Suprema Corte ora, quell’alibi non basta. Troppo tardi, troppo fragile. In particolare, la Corte ha definito “inverosimile” che Commisso, pur a fronte di gravi indizi a suo carico, abbia taciuto per dieci anni un’informazione così cruciale. L’uomo si era giustificato sostenendo di essere venuto a conoscenza delle accuse solo nel 2021, al momento dell’arresto a Borgia, in Calabria, ma i giudici non hanno ritenuto credibile questa spiegazione.
Il Tribunale di Milano
Secondo gli Ermellini, la difesa ha presentato “una nuova prova”, ma non ha dimostrato in modo convincente perché questa sarebbe stata sufficiente, da sola o in combinazione con altri elementi, a “incrinare il quadro probatorio” a carico dell’imputato.
Il delitto di Di Gianni, imprenditore notturno noto nel basso Piemonte, aveva scosso profondamente l’opinione pubblica. Una morte violenta, in una zona tranquilla, dietro cui la giustizia aveva intravisto contorni torbidi e interessi oscuri. L’inchiesta e i processi successivi hanno ricostruito un mosaico complesso, nel quale Commisso è stato individuato come uno dei responsabili principali. Oggi, con la decisione della Cassazione, quel mosaico resta intatto.
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