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Emergenza alluvione, ogni giorno Alessandra sale la collina e attraversa la frana: "Torno solo per sfamare i miei gatti" (VIDEO)

Borgata isolata, accesso impraticabile e nessuna risposta concreta

“Torno solo per sfamare i gatti”

“Torno solo per sfamare i gatti”: la frana, il silenzio e la resistenza quotidiana di Alessandra (foto di repertorio)

“Le mie auto sono bloccate, la strada è franata, la mia casa non è più un posto sicuro. Vengo solo per sfamare i gatti. Poi me ne vado".

Così comincia il racconto di Alessandra Leale, e non è l’inizio di un romanzo, ma il diario quotidiano di chi è rimasta sola in una borgata fantasma, dopo che la collina ha ceduto e il paese, intorno, si è ritratto in un silenzio che fa più rumore del fango.

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Siamo a San Sebastiano da Po, in borgata Brico Cavallo, via Nobiei 27, proprio sotto l’Oasi degli Animali, anch’essa danneggiata dal maltempo. Oggi, quelle quattro case sono tutte vuote. Anche quella di Alessandra. Perché lei non ci abita più“Non mi sento al sicuro. Di notte resto da un’amica. Vengo solo di giorno, per dare da mangiare ai gatti".

La collina davanti casa si è abbassata di almeno trenta centimetri, la strada è impraticabile, le sue due auto ferme, bloccate. “Per andare a lavorare, uso una macchina che mi ha prestato un’amica. Ma è più avanti, oltre la frana. Ogni giorno la raggiungo a piedi. Nel fango. Sperando che regga".

Le altre famiglie hanno già lasciato la borgata: un’anziana portata in RSA, un altro residente spostato altrove. Resta una zona vuota, apparentemente dimenticata, invisibile alle mappe dell’urgenza, ma dove il rischio è reale, e la solitudine pesa ogni giorno di più.

Nel frattempo – racconta Alessandra – gli operai della SMAT lavorano, sì, ma dove interessa a loro. Dove c’è da sistemare l’acquedotto, dove il servizio ha un vincolo. “Davanti a casa mia nessuno si è visto. Il pezzo di strada dove cammino ogni giorno non interessa a nessuno".

E poi ci sono stati i sopralluoghi delle istituzioni. “Il sindaco e il vicesindaco sono venuti. Hanno guardato. Mi hanno ascoltata. Poi mi hanno detto che dobbiamo aspettare. Che faranno la lista dei danni. Che tocca alla Regione". Tutto rinviato. Tutto in sospeso. Nel frattempo, una donna si muove a piedi in una zona a rischio, per poter semplicemente lavorare. Per poter entrare, almeno per qualche ora, nella sua casa.

Capisco che ci siano procedure, ma chiedo che qualcuno venga davvero a vedere. Che non ci si limiti a un sopralluogo formale. Voglio che si comprenda cosa vuol dire vivere senza poter usare la propria strada, senza sapere quando – o se – qualcuno interverrà. Perché qui non è solo franato il terreno. È franato un pezzo di vita normale. E nessuno, finora, ci ha rimesso le mani".

Ogni giorno Alessandra torna a piedi in quella borgata. Non per ostinazione, ma per amore e per dovere. E ogni giorno fa un passo indietro nel tempo: senza mezzi, senza sicurezza, senza risposte.
Se il Comune ha guardato, ascoltato e promesso, quello che ancora manca è l’azione. Il passo in avanti. La presa in carico. Perché aspettare, quando le case sono isolate e le persone bloccate, non è mai una risposta. È solo un modo più educato per dire: non ora. Forse più avanti. O forse mai.

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