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Cronaca

Da Villanova d’Asti a una cella in Colombia: “Mio fratello non sa nemmeno cosa sia la droga”

Arrestato a Cartagena con tre chili di cocaina, Oreste Agostinetti attende giustizia mentre la famiglia cerca risposte

Dramma in Colombia

Da Villanova d’Asti a una cella in Colombia: “Mio fratello non sa nemmeno cosa sia la droga”

Un uomo scomparso nel nulla, una famiglia travolta dal silenzio, una valigia piena di cocaina e una prigione a migliaia di chilometri da casa. Oreste Agostinetti, 56 anni, di Villanova d’Asti, è detenuto dal mese di agosto nel carcere La Ternera di Cartagena, in Colombia, accusato di traffico di stupefacenti. Secondo quanto ricostruito dalle autorità locali, sarebbe stato fermato all’aeroporto con tre chili di cocaina nascosti nel bagaglio, mentre si preparava a salire su un volo diretto a Madrid. Ma per chi lo conosce, quella valigia non gli appartiene. Per la sua famiglia, Oreste è un uomo che non ha mai avuto a che fare con la droga e cheè stato sicuramente raggirato”.

La notizia dell’arresto è arrivata dai giornali, non dalle istituzioni. Nessuna telefonata, nessun avviso, nessuna tutela consolare. Solo un titolo e un nome. Abbiamo vissuto mesi senza sapere se fosse vivo o morto”, racconta il fratello Giovanni, che da agosto cerca disperatamente un contatto con le autorità italiane. Ha scritto all’ambasciata italiana a Bogotà, ha chiamato, ha mandato email. Tutto inutile.

Solo un compagno di cella è riuscito, tempo fa, a passargli il telefono per una breve chiamata a casa. Poi più nulla. Solo una flebile speranza, accesa ad aprile: un presunto vizio di forma potrebbe riaprire il caso e permettere il rilascio di Oreste. Ma anche quel barlume rischia di spegnersi tra i muri della burocrazia e le omissioni diplomatiche.

Un uomo scomparso nel nulla

A raccogliere l’appello, anche Fabio Isnardi, ex sindaco di Calamandrana e oggi consigliere regionale del Partito Democratico, che ha provato a far pressione sulla Farnesina, senza ottenere risposte. Qualcuno dovrà occuparsi di questo caso”, denuncia. Nel frattempo, un assistente sociale del carcere colombiano ha promesso alla famiglia una videochiamata, per verificare le condizioni di Oreste e ascoltarlo. Ma anche quella promessa, a oggi, è rimasta lettera morta.

La storia di Oreste Agostinetti è una di quelle che non fanno rumore, ma che parlano a voce altissima. È la storia di un uomo forse usato come corriere inconsapevole, forse caduto nella rete di chi traffica in esseri umani prima ancora che in droga. È la storia di una giustizia straniera che non conosce i volti, e di un’Italia che fatica a proteggere i suoi cittadini oltreconfine. È, soprattutto, la storia di una famiglia che non si rassegna all’idea che un viaggio possa finire in una cella sudamericana, senza processo e senza verità.

E mentre la diplomazia tace, mentre le istituzioni si rimbalzano responsabilità, Villanova d’Asti aspetta. E spera. Perché un uomo, qualunque sia la sua colpa – se colpa c’è – ha diritto a essere ascoltato, difeso, giudicato con equità. E ha diritto a tornare a casa.

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