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Ombre su Torino
26 Maggio 2025 - 09:36
In uno speciale di La7 dedicato a Massimo Carminati, un suo sodale della Banda della Magliana, Antonio Mancini, riferendosi al “Cecato” delinea due tipi di criminale. Da una parte quelli che, nelle sue parole, possono accampare delle scuse, che vivono in un palazzone popolare e che mangiano tutte le sere la minestra col dado; dall’altra quelli che sono criminali dentro, che delinquono anche senza reale bisogno.
Certo non era ricco di famiglia, di sicuro non sarà arrivato dalla Sicilia a Torino negli anni ’60 in quanto figlio di un dirigente FIAT o di un industriale, ma una cosa è certa: Calogero Consales è un criminale dentro.
Nato a Palermo nel 1948, inizia la propria “carriera” agli inizi degli anni ’70. Comincia con dei piccoli furti e truffe, ogni tanto piazza qualche assegno a vuoto. Nel 1972 ha già la sua banda e i primi problemi con la giustizia ma è il 1973 è l’anno della “consacrazione”. Tra marzo e luglio dell’anno dopo, insieme ad altri 13, rapina 10 banche tra Torino e provincia che gli fruttano 150 milioni di lire d’allora e una condanna a 6 anni, nel 1976.
Uscito anticipatamente nel 1980, nello stesso anno, lega il suo nome a uno dei fatti di sangue più efferati della storia della criminalità comune piemontese.
Il 24 marzo, la corriera Torino-Barge parte come ogni mattina dal capolinea di corso Marconi. A bordo ci sono solamente tre carabinieri in borghese. Sono lì perché quell’autobus, a parte il servizio passeggeri, viene usato anche per trasportare alcuni valori postali che vengono scaricati nelle varie fermate. Una soffiata ha indicato che quel giorno qualcuno avrebbe progettato di attaccare il mezzo per compiere una rapina, ed è per quello che a seguirlo c’è anche un’auto civetta. L’informatore dei carabinieri aveva ragione e infatti salgono in tre, uno subito e due in Piazza Carlo Felice. Di copertura hanno una 127 che gli va dietro con a bordo altri due complici: uno di loro è Calogero Consales.
La corriera arriva in corso Settembrini quando l’auto civetta si accorge di essere tallonata dalla 127. Controllano la targa e scoprono che è rubata. Rallentano, la fanno passare e quelli intuiscono che qualcosa non va e scappano. I militi la inseguono e lasciano senza scorta il bus. Come se fosse il segnale atteso, scoppia il finimondo. Uno dei tre malviventi si alza e urla che è una rapina e i tre carabinieri tentano di intervenire, ma non riescono a fare nulla. Gli sparano contro dieci colpi di pistola e muoiono all’istante. Si chiamavano Sergio Petruccelli, Paolo Centroni e Giuseppe De Montis. Sotto la minaccia delle armi, l’autista imbocca l’autostrada e, dopo qualche km, si ferma in una piazzola dove, ad attenderli, c’è la 127. I criminali spariscono nel nulla e Consales diventa un latitante.
Un latitante con una moglie che non ne può più di fare quella vita.
Ha 28 anni ed è una bella ragazza, si chiama Rosa D’Avino. Sta con Calogero da più di dieci anni e gli ha dato due figli che però ha dovuto crescere praticamente da sola, attendendo di vederlo uscire ogni volta di galera. Vuole divorziare da quell’uomo e, quando se lo trova davanti quel 10 agosto 1980, a Moncalieri, gli conferma che non vuole tornare con lui. Di più, gli nega anche rifugio durante la latitanza. Inizia una discussione feroce che però finisce quasi subito: Rosa D’Avino viene abbattuta da quattro colpi di pistola. Consales scappa di nuovo, ora è anche un assassino a tutti gli effetti.
Viene catturato il 3 dicembre 1980 dopo un colpo in un ufficio di cambio, in piazza Paleocapa. Tra il 1981 e il 1982 prende 10 anni per rapina, 30 per l’omicidio della moglie e l’ergastolo per l’eccidio dei carabinieri.
Il “fine pena mai” si scontra con un Consales che in carcere è un detenuto modello. Inizia a ottenere permessi premio e nel 1995 viene ammesso al lavoro esterno. È in questo periodo che conosce Rosaria Pacifico, una ragazza di 32 anni con problemi di tossicodipendenza che abita in una piccola casa in via Bologna, a Torino. Hanno un rapporto difficile, litigano spesso. La ragazza racconta alla madre di essere stata minacciata di morte dall’uomo. Gli ha fatto vedere un paio di guanti con cui l’avrebbe uccisa e una volta gli ha anche puntato una pistola.
Il 7 giugno 1997 i due vengono visti litigare sulle scale dell’abitazione e, da quel giorno, la ragazza sparisce nel nulla. Delle voci in carcere e il sangue di Rosaria in casa portano gli inquirenti a sospettare nuovamente di Consales. Si pensa che l’abbia uccisa, fatta a pezzi e seppellita da qualche parte: il corpo non verrà mai ritrovato. Viene istruito un processo indiziario e, nel 2001, Consales viene condannato a 26 anni e mezzo.
L’ultimo atto, si spera, di un criminale. Un criminale dentro.
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