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Monteu ferita: viaggio nel fango, nel dolore e nella speranza di chi ha perso tutto

La comunità si rimbocca le maniche: ragazzi, operai, vicini uniti nel fango

Giovanni davanti alla casa distrutta del figlio

Giovanni davanti alla casa distrutta del figlio

Il cielo oggi a Monteu da Po è azzurro, limpido, beffardo. Sotto, lungo le strade è rimasto solo fango.
Oggi, venerdì 18 aprile, il paese si è svegliato con un silenzio irreale. Ventiquattr’ore fa, alla stessa ora, un’onda di piena ha travolto case, cortili, vite. Ha sfondato muri, ha fatto crollare pavimenti, ha trascinato via auto, animali e un uomo: Giuseppe Bracco, 92 anni, il falegname del paese, il volto buono di una comunità che ora si ritrova a scavare tra le macerie.

L’alluvione di giovedì 17 aprile ha colpito come un fulmine senza preavviso. Pioveva da ore, ma nessuno poteva immaginare cosa stesse per accadere. Alle 13 il Rio della Valle ha rotto gli argini con una violenza mai vista. In pochi minuti ha inondato corso Industria, trasformando una zona residenziale in una trappola d’acqua. Bracco, che stava pranzando, non è riuscito a salvarsi.

Giuseppe è il simbolo, la ferita più profonda di questa tragedia. Aveva appena festeggiato il compleanno il 6 aprile con figli, nipoti, tre bisnipoti, i vicini, gli amici di sempre. “Era in formissima, lucido, faceva ancora dei lavoretti in laboratorio”, racconta la figlia Carla con voce tremante. Viveva da solo in una casa lungo corso Industria, lì dove il Rio della Valle ha infierito con più violenza.

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“All’ora di pranzo
– racconta la sindaca Elisa Ghiontra le 12.45 e le 13 è venuto giù il finimondo”. Il rio, gonfio per ore di pioggia insistente, ha tracimato in un punto critico, dove piega a esse sotto la strada. Da lì, l’esplosione. L’acqua è entrata nelle case, ha sollevato cancelli, sfondato portoni, trascinato ogni cosa. Giuseppe era a tavola. Ha fatto in tempo a chiamare la nipote: “L’acqua sta entrando in casa”, ha detto. Poi più nulla.

Credo, o forse spero con tutto il cuore, che gli abbia ceduto il cuore prima che l’acqua lo travolgesse”, dice Carla, in lacrime. “Gli avevo proposto di venire a stare da me, a Torino, per l’inverno. Ma lui non ha mai voluto. ‘Mi vuoi morto?’, mi rispondeva ridendo. La sua vita era qui. Il laboratorio, gli amici. Ma non è così che doveva andare…”

Marco Ferrero, vicino di casa, non riesce a perdonarsi: “Il giorno del compleanno ero lì con lui. Ma ieri no. Quando la nipote mi ha chiamato per dirmi che chiedeva aiuto, ho fatto di tutto per tornare subito. Ma era troppo tardi. Se fossi stato lì… l’avrei preso in braccio, l’avrei portato via… Non me lo perdonerò mai”.

Non è solo il lutto a straziare Monteu. È lo spaesamento, lo shock, la sensazione che una furia impossibile da immaginare abbia stravolto ogni equilibrio. Marisa, mentre preparava i dolci di Pasqua, ha visto entrare un filo d’acqua sotto la porta. In pochi secondi, quel filo è diventato un muro. “Spingevo la porta per non farmi travolgere, vedevo il mio cane Ben che annaspava fuori. Non sapevo se salvare lui o cercare di bloccare l’acqua. Non ce l’ha fatta. L’ha portato via...”.

La loro casa, una delle più colpite, ha visto crollare il pavimento del soggiorno. “È crollato tutto per la forza dell’acqua entrata in cantina e per il peso che premeva da sopra. La soletta non ha retto. Sono salita di corsa al piano di sopra. Quando siamo tornati giù, un’ora dopo, il pavimento non c’era più”.

Senza corrente, senza riscaldamento, senza sapere se la casa sarà ancora abitabile. “Stanotte non abbiamo dormito qui. Aspettiamo l’ispezione dei vigili del fuoco. Ma sopra, per ora, sembra tutto a posto”.

In quella curva maledetta di corso Industria, il rio ha sfondato tutto. “Un muro d’acqua alto cinque metri si è abbattuto sulle case”, racconta Vittorio, della Protezione civile di Lauriano. Al numero 56 l’acqua ha sfondato una finestra e invaso l’abitazione: “Eravamo tutti a tavola, in un attimo l’acqua era dentro. La mia macchina galleggiava. Ho temuto che finisse nel rio”.

Monteu non ha aspettato aiuti esterni. Il sindaco ha radunato i volontari e li ha divisi per zone. Tra loro c’è anche Aurora Castellino, arrivata da Verrua Savoia con i mezzi messi a disposizione dall’impresa del padre, escavatori e camion: “Abbiamo iniziato a spalare con altri. C’erano anche ragazzi di 12 e 14 anni, tutti con le pale in mano. Un paese intero in ginocchio, ma unito”. C’è chi offre piatti di pasta, chi caffè caldo, chi una parola buona.

Aurora Castellino su uno dei mezzi messi a disposizione dall'impresa edile del padre

Giovanni, intanto, guarda sconvolto le macerie della casa appena finita per suo figlio: “Era tutto nuovo. La porta blindata è stata spazzata via. Ora è tutto da buttare. Tutto. Non è rimasto nulla”.

Due uomini arrivati da Caluso hanno lasciato il lavoro per aiutare: “Uno di noi fa il serramentista, l’altro lavora nell’edilizia. Ma quando abbiamo visto le immagini, siamo saliti subito in auto. Non si poteva restare fermi”.

E così Monteu, pur distrutta, si muove. Con le mani nel fango, gli occhi lucidi, la voce rotta ma la dignità dritta in piedi. Il dolore è ovunque. Ma anche la forza, la caparbietà, la voglia di ricostruire. Oggi il cielo è limpido, sereno. Ma nessuno, qui, riesce a guardarlo con pace.

Il disastro di ieri ha spazzato via anche quel cielo dagli occhi di chi ha perso tutto. E chi ha perso Giuseppe, oggi non riesce nemmeno a respirare l’aria fresca della primavera. Perché quell’acqua, quel fango, quel silenzio improvviso dopo la sua telefonata... hanno lasciato un vuoto che il sole non può asciugare.

La piena del rio della Valle ha sfondato il pavimento della casa di Marisa

La sindaca Elisa Ghion e l'assessore Beppe Deluca

I volontari all'opera

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